p. Domenico Dominici, Progetto R.I.P.A.

L’importante riflessione di P. Domenico Domenici ofm, responsabile del Progetto R.I.P.A. a Valmontone, scaturisce da una esperienza di vita fraterna, assunta come modalità fondamentale dell’accoglienza di migranti, rifugiati e persone in difficoltà, provenienti da 15 diverse nazionalità (dai 18 ai 60 anni) che in questo clima famigliare ritrovano la forza per riprendere in mano la loro vita. L’accoglienza diventa così autentico cantiere di speranza e di pace.

 

img195 (1)La nostra testimonianza viene da quanto ci detta il cuore, è il frutto di una vita bella che stiamo vivendo. Bella nel senso profondo, perché profondamente umana ed evangelica.
Mi sorprende sempre l’interesse che si viene a suscitare in quella vita che noi stiamo conducendo a Valmontone e che a me sembra tanto naturale.
Perché tanto interesse di fronte a un vivere semplice e umano che prova ad essere un pochettino evangelico? Un pochettino perché l’oceanicità splendida del Vangelo noi la possiamo accogliere e gustare solo per una piccola parte. La sorpresa attorno a noi mi fa pensare di riflesso a quanto sia così poco umana e fraterna la vita nelle nostre città, nei nostri condomini, nel nostro tessuto sociale quotidiano.
Cosa succede a Valmontone? Valmontone è un piccolo paese di circa 15.000 abitanti alla periferia di Roma sud, dove i Frati Francescani fin dal 1200 sono presenti in quella che allora fu un’abbazia benedettina, poi consegnata ai Frati dopo la morte di S. Francesco. Intorno al Convento in qualche maniera si è sviluppata la realtà sociale, in questo paese che oggi è abbastanza grande.
Qui sette anni fa abbiamo allargato le porte della possibilità di condividere una vita fraterna con dei fratelli e della sorelle che avevano iniziato il loro cammino con noi a S. Francesco a Ripa di Roma.
Quello che nell’ambito delle nostre iniziative francescane si chiama “Progetto Ripa”.
Cosa si fa? È un progetto che ha provocato il Capitolo dei Frati Minori a guardare con un’attenzione fraterna al mondo esterno nel quale viviamo.
Da questo Capitolo uscì una proposta. Io ero appena ritornato dal Congo e stavo preparandomi a ripartire; la decisione del Capitolo mi ha bloccato a rimanere in Italia per l’animazione del progetto. Il Progetto si rivolge a persone in difficoltà, persone che per varie situazioni della vita vivono per strada.
Non offriamo quattro mura che sono senza calore, non offriamo una mensa, non offriamo un vestito, un pacco viveri: il nostro Progetto si fonda sull’accogliere nella nostra vita relazionale, nella nostra vita fraterna, questi fratelli e queste sorelle che in un percorso della loro vita si sono trovati soli e sprovvisti di possibilità. Non si tratta solo di una sopravvivenza fisica ma anche di una difficoltà a rinascere dopo percorsi dolorosi che hanno procurato ferite profonde.
Ora a Valmontone siamo 20 persone che viviamo insieme.img199
Al centro di questa vita insieme c’è un’idea: lo sguardo che Dio ha in questo momento storico su una persona, che è sempre uno sguardo di amore, uno sguardo di speranza, uno sguardo di accoglienza. Alla persona che viene a bussare alla nostra porta noi non chiediamo i documenti, non chiediamo un pezzo di carta, perché vogliamo subito che chi arriva da noi possa capire che lui, in quanto persona umana con la sua storia, con la sua difficoltà, con il suo passato, ha un valore infinito, importante, è una preziosità assoluta.
Questa persona viene dal carcere o dopo aver passato un tempo in un centro di prima accoglienza, arrivato lì dalle barche che noi tutti conosciamo…
Questa persona arriva come neo maggiorenne, come minore accolto in una casa famiglia, e quindi a 18 anni, secondo le nostre organizzazioni giuridiche, non può più stare in quel contesto ma non ha un altro luogo dove continuare il suo percorso; oppure questa persona per esempio è un italiano che ha vissuto una storia di dolore per un divorzio, per aver perduto il lavoro, situazioni che lo hanno di fatto vivere per la strada.
Attualmente noi siamo 20 persone di quindici nazioni. Il più giovane è Mosè (lo chiamiamo noi così); viene dal Benin e ha 18 anni e pochi giorni, proviene da una comunità di accoglienza, ha fatto un percorso dalla Libia con i barconi. Il più grande come età è un profugo politico iraniano che è riuscito a venir via anni fa e ora vive con noi.
Sono uomini e donne accolti, di età differenti, tutti maggiorenni. Questo ci permette di ricostruire la normalità del vivere della famiglia, c’è il piccolo, c’è il più grande, c’è il nonno, c’è il fratello maggiore. Carla (presente qui fra noi per raccontarci la sua storia) funge da mamma. Ĕ la mamma che dà sicurezza alle persone più giovani. Lei si preoccupa di preparare il panino per chi va a lavorare, di svegliare chi deve prendere i mezzi per andare al lavoro.
La nostra vita pone al centro lo sguardo positivo e attento sulla persona, dove chi accoglie (sono io con altri 4 confratelli e un paio di persone più coinvolte nell’animazione) si fonda su questo sguardo positivo e fiducioso. Tu sei una persona che nella vita ha commesso degli errori e ne porti le conseguenze, oppure hai subito delle situazioni che hanno appesantito il tuo percorso, ti trovi oggi in un momento di oscurità e confusione con ferite dentro di te e incapace di prendere in mano la tua esistenza, perché ti mancano delle risorse personali e anche logistiche, perché fuori non hai una casa, un lavoro e non sai dove andare.
Spesso le persone che hanno fatto esperienze di questo tipo, la società nella quale noi viviamo le porta ad identificarsi con ciò che hanno fatto: “io ho rubato quindi sono un ladro” e quella persona che ha commesso l’errore di rubare, dimentica che è una persona … Quando lui dorme per la strada e passa una persona impellicciata e ha il cane in braccio e lo accarezza, e io persona umana dormo fuori su un marciapiede e per me non c’è uno sguardo, nel tempo questa esperienza fa credere alla persona che vale meno di un cane, perché se io valessi più di un cane, la persona che è passata avrebbe avuto un’attenzione anche per me. Si crea quindi la coscienza che in uno stato di degrado io non valgo niente. E la persona come può ritrovare invece gradualmente dentro di sé che lei vale? Solo quando trova uno sguardo di fratello che non la giudica, ma che le dice “ti voglio bene”, una gestualità reale capace di dire “non mi serve la tua carta, condividiamo la mensa, in questa casa c’è un letto per te, tu sei una persona importante”.
Questa esperienza gradualmente porta la persona che arriva a prendere coscienza della ricchezza che è, del valore che ha, del significato profondo della sua dignità e a riscoprire l’essere persona con la sua dignità all’interno di relazioni fraterne. Immessa in questo clima, nella misura in cui questa persona ritrova se stessa, diventa costruttrice e protagonista di questo ambiente familiare e sereno.
Quindi un’aria buona di fiducia, di accoglienza, di speranza, di amore è anche la sua, la mette in circolazione e si crea un ambiente familiare, sereno e rispettoso.
In questo contesto noi abbiamo sperimentato che la diversità (siamo di 15 nazioni con tante storie e tante culture che si esprimono negli odori diversi della cucina, nei linguaggi, nella religione…) è complementarietà e ricchezza quando con fiducia si accoglie e le si dà spazio.
Mi suscita riflessione questo stile di vita che per me è normale; sono un cristiano, sono francescano, Dio è nostro Padre, ogni persona è mio fratello, ho una grande casa e la condivido con chi non ce l’ha.
L’altro è una ricchezza nella sua diversità, arricchisce me. E questo a Valmontone, come anche a Roma a S. Francesco a Ripa, è una testimonianza concreta che in una società come la nostra è possibile arricchirsi e costruire relazioni belle, profonde, umane, significative, quando ci si crede e ci si apre all’altro.
img201 (1)La nostra fraternità, la nostra grande famiglia, è inserita all’interno del paese. Quando sette anni fa iniziammo la prima accoglienza a Valmontone ci fu una fase critica da parte del paese. C’è stata la costruzione di muri difensivi da parte della gente ma gradualmente si è creato un bel rapporto tra gli abitanti di Valmontone e noi, un rapporto profondamente fraterno. C’è tanta gente che si sente di casa, stando con noi, vivendo con noi; chi viene a darci una mano a cucinare, chi viene a organizzare una festa. Molte persone ci chiamano per dei lavori, per pulire una cantina, imbiancare una casa. Si è creato un inserimento, un’integrazione profonda e significativa.
Ora questi fratelli stanno aiutando noi italiani a costruire questa società plurietnica e plurireligiosa dove nel tessuto delle differenze, la differenza è vista non come una paura, come una negatività, come un peso, ma come una risorsa. Noi vivendo in questo ambito rimaniamo sorpresi sempre di chi viene e dice “Come si sta bene qui, che ambiente sereno”. Noi non facciamo niente di particolare per costruire questo ambiente sereno, abbiamo pochi punti di riferimento che ci siamo dati per poter costruire queste belle relazioni. La nostra non è una comunità organizzata, non ha una figura giuridica, non è una casa di accoglienza, non è un centro di accoglienza. Non abbiamo voluto avere etichette di questo tipo perché abbiamo voluto mettere al centro il fatto che delle persone possono volersi bene, possono aiutarsi a divenire migliori, possono aiutarsi a rinascere e a riprendere in mano la propria vita.
RIPA significa “Rinascere Insieme Per Amore”. Se ci si vuole bene, se ci si accoglie, l’esperienza negativa del passato, le ferite, sono risorse. Una volta sanati dentro c’è un bagaglio esperienziale che ci permette poi di avere una marcia in più nel costruire il bene attorno a noi.
L’accoglienza nostra fin dagli inizi è stata basata sulla gratuità. Noi non abbiamo mai chiesto aiuto a Enti, non abbiamo progetti finanziati da nessuno, questo ci permette di sfidare la Provvidenza. Il Signore che è Padre di tutti, non fa mancare non solo un pezzo di pane, ma anche il contorno ai suoi figli.
Questo permette di poter avere uno sguardo attento; noi abbiamo accolto Sila non perché dietro a Sila ci sta qualcuno che finanzia ma perché è nostro fratello.
Io ho avuto la possibilità di arricchire la mia vita con l’esperienza islamica (tanti di loro sono musulmani), l’esperienza della fede islamica, l’esperienza e le storie profondamente dolorose che hanno vissuto questi fratelli.
La nostra comunità ha messo in movimento anche la gente che si sente parte di questa famiglia e che contribuisce creando un contesto culturale di solidarietà, di condivisione che crea poi una mentalità diversa nelle famiglie, un modo diverso di vivere le relazioni.
Dopo i primi periodi che una persona è stata accolta cominciamo gradualmente a vedere che tipo di progettazione individuale si può fare. Noi per i più piccoli, neomaggiorenni, vogliamo nei limiti del possibile fare in modo che possano avere una formazione scolastica e una formazione professionale, per cui vogliamo spendere del tempo perché imparino bene tutti la lingua italiana, prendano la licenza media inferiore e chi può prosegua negli studi, impari un mestiere, e sia aiutato a comprendere quali sono i meandri faticosi o meno del vivere delle nostre città, della nostra cultura.
Un impegno quindi ad aiutarli a rinforzare dentro di loro le motivazioni e la capacità di resistere di fronte ad un urto con certi parametri della nostra società. È un Progetto che mira a dare a ciascuno lo strumento per inserirsi, sia nella comprensione del contesto storico culturale in cui vivono, ma anche un mestiere che permetta loro di ripartire.
Quindi accompagniamo anche nel percorso della richiesta dei documenti, nei vari ambiti, come si fa in una famiglia. Non vogliamo aver all’interno della comunità figure di specialisti (psicologi, assistenti sociali, medici) perché, come in una famiglia, al bisogno ci si rivolge presso la struttura pubblica.
Noi vogliamo salvaguardare l’aspetto che è possibile vivere da fratelli, non inteso solo sul “Volemose bene” ma sul fatto che è possibile costruire relazioni profonde, umane, libere.
Sono queste relazioni la terapia che fa rinascere la persona alla speranza e a un futuro migliore. Lo sappiamo tutti, solo l’amore che è relazione, dà senso al vivere, solo l’amore sana, solo l’amore costruisce e l’amore è “Tu sei mio fratello, ti voglio bene, non ti giudico”.

Trascritto dalla viva voce