Nell’Aula Magna del Municipio di Predazzo, il 21 agosto 2014 Lucia Baldo ha presentato il suo ultimo libro “Caro trenino della Val di Fiemme. Il progresso dal volto umano”. Riportiamo una sintesi dell’incontro coordinato dall’assessore alla cultura Lucio Dellasega che ha curato la Prefazione del libro.

trenjpegNel libro “Gli orti di Predazzo” la terra coltivata è il luogo che favorisce l’incontro tra le persone e che, forse più della piazza del paese, diviene centro di vita comunitaria aperta alla solidarietà e al reciproco scambio di doni.
Nel libro “Caro trenino della Val di Fiemme. Il progresso dal volto umano” il treno assume il ruolo di mediatore degli incontri interpersonali. Dunque l’interesse per i luoghi in cui si coltivano le relazioni costituisce il filo rosso che unisce questi due libri.
Inizialmente il treno fu il simbolo di una tecnologia inumana in quanto fu costruito tra il 1916 e il 1917 dai militari dell’esercito imperiale per rifornire di armi e di viveri il fronte del Lagorai e delle Dolomiti. Poi, passando attraverso i dolorosi eventi della dittatura fascista e della seconda guerra mondiale, nel secondo dopoguerra divenne il simbolo di un progresso dal volto umano, poiché, in un clima di pace, favoriva un ambiente disposto alla cordialità, all’incontro, agli scambi commerciali (le trote del torrente Travignolo in alta montagna venivano portate nella bassa Atesina e la frutta delle colline arrivava in Val di Fiemme).
Il “caro trenino” rendeva possibile ai paesi serviti dalla ferrovia, di rifornirsi di medicinali presso la farmacia di Predazzo, costruendo una rete di solidarietà sanitaria collaudata ed efficiente. Tra i ferrovieri e i passeggeri nacquero amicizie durature o semplici conoscenze che coinvolsero sia persone della valle sia persone provenienti da altre regioni d’Italia (i finanzieri della caserma di Predazzo, i ferrovieri, i medici dell’ospedale di Cavalese…). Il trenino si trasformò così in una comunità d’incontro e in un ambiente che aiutò ad immergersi nel paesaggio circostante colto, grazie ad arditi viadotti, da prospettive altrimenti irraggiungibili o percorso nelle forme ampie e distese delle praterie o penetrato attraverso oscure e misteriose gallerie, divenute, durante la seconda guerra mondiale, rifugi che proteggevano dalle incursioni aeree angloamericane. Il trenino diviene così una metafora della vita ora serena ora difficile, ma sempre dinamica e protesa verso la meta finale, in una ricerca di senso che illumini e orienti la vita in tutte le sue tappe o stazioni. Non a caso l’ultima parola dell’ultima pagina è “vivere”, poiché tutto il libro esprime un attaccamento alla vita da parte dei personaggi e suggerisce itinerari di pace, anche (forse soprattutto) quando parla di guerra. Un esempio è dato dal soldato austriaco Georg che durante la prima guerra mondiale portò sulle spalle il commilitone Leonhard ferito e in questa posizione a forma di croce affrontò, disarmato, un soldato italiano pronto a sparare, che, intimorito e turbato da questa icona della pietas, si allontanò subito dopo senza colpo ferire. In questa circostanza la forza d’animo e la solidarietà ebbero la meglio sulla violenza e sulla terribile logica distruttiva della guerra. E anche quando i personaggi di Lauretta ed Erica mostrano tutta la loro debolezza nel lasciarsi completamente suggestionare dalla retorica del regime fascista, suscitano nel lettore sentimenti di pietà per l’inganno di cui divengono vittime ignare e inconsapevoli.
Durante la seconda guerra mondiale il treno fu fatto segno di bombardamenti soprattutto ad Ora che venne trasformata nell’“inferno della bassa Atesina”. L’ultimo periodo della sua storia (dalla fine della guerra al 10 gennaio 1963) fu il più felice perché era diffusa la fiducia nella possibilità di costruire un mondo migliore, finalmente in pace. Eppure, proprio con i primi sintomi del benessere, alla fine degli anni Cinquanta, si insinuarono quei germi che avrebbero portato alla soppressione del trenino ormai divenuto incapace di reggere la concorrenza delle autocorriere più veloci, anche se più inquinanti.
Dalla storia del trenino si evince che, mentre le tragedie suscitano forti aspirazioni di pace, la pace realizzata spegne piano piano quegli aneliti di bene ed assopisce gli animi, mentre la tecnologia si fa via via sempre più avvolgente.
Questo libro è un invito a cercare in ogni situazione di custodire l’umano e ad assumere il compito di realizzare itinerari di pace in un mondo che sembra sempre più rivolto a negare e a comprimere la dignità della persona umana e ad ammaliarci con un progresso tecnologico pervasivo dal volto inumano perché, anziché favorire le relazioni, rischia di fare delle persone tante isole a sé stanti, chiuse in un mondo artificiale senza alcun legame con il mondo circostante e con la natura.

Lucia Baldo

I libri di Lucia Baldo “Gli orti di Predazzo” e “Caro trenino della Val di Fiemme”, oltre ad essere ispirati ai valori della spiritualità francescana, sono messi a disposizione della Cooperativa Sociale Frate Jacopa per sostenerne le opere. Farne oggetto di un regalo per il prossimo Natale ti permetterà di contribuire alla diffusione di un messaggio fraterno ed al tempo stesso di partecipare al sostegno di Frate Jacopa.