Intervento al Convegno “Custodia del creato come stile di vita”

boscojpegDovendo relazionare brevemente nell’ambito dei questo convegno, lo spunto di riflessione che primo si presenta all’attenzione di uno che per professione si occupa di gestione di ecosistemi, in particolare dell’ecosistema forestale, parte proprio dalla prima parte del titolo, “Custodia del Creato”.
Un aggancio immediato si pone, nel contesto del convegno, con la Preghiera del Forestale, che ne richiama in più parti il titolo. Di questa preghiera vorrei sottolineare in particolare le tre azioni che si accompagnano in relazione al Creato: Conservazione, Cura e Difesa. Tutte e tre sono in diretta connessione con la Custodia, esplicitandone i vari modi in cui si attua.
La parola Custodia è però in sé piuttosto indeterminata se avulsa dal contesto in cui viene usata. Custodia può richiamare la conservazione di un gioiello, di un quadro, di denaro per difenderli dal degrado o dal furto. Ma si tratta di cose inanimate. Custodia può richiamare la limitazione della libertà di una persona in un carcere, per evitare che scappi o per punizione, ma se non accompagnata da un’opera di riabilitazione diventa inutile strumento di tortura.
Custodia infine può essere cura dell’ambiente che ci viene affidato, che è vivo, e non può essere messo sotto una campana di vetro, passivo, ma richiede un’azione attiva e attenta, un’interazione con l’attività umana affinché possa dispiegare i suoi processi e le sue potenzialità ed essere nel contempo di perenne utilità per la vita umana.
L’attività dell’uomo in relazione alla Natura (di cui spesso si dimentica di far parte) richiama pertanto proprio le qualità del Custode, cui un bene viene affidato perché si conservi nel tempo, con Conoscenza ed Equilibrio.
Spesso nel rapporto con la Natura queste qualità mancano. Si evidenziano alcune situazioni dove la mancanza dell’uno e dell’altra difettano, e altre dove Conoscenza ed Equilibrio sono invece punti fondamentali dell’azione umana a contatto con l’elemento naturale.
La prima immagine, di immediata comprensione, si riferisce ai tagli di bosco come vengono effettuati in molte parti del mondo. In nome dell’esuberanza tecnologica, utilizzando grossi macchinari, si è massimizzata l’efficienza della raccolta senza curarsi minimamente delle conseguenze sul territorio. Come risultato, a fronte di immediati alti profitti dalla vendita di enormi quantità di legname, si sono innescati processi di erosione che minano la possibilità di ricrescita del bosco e comportano grossi problemi di alluvioni a valle. Con ottica miope si riesce quindi a fare nel modo più efficiente la cosa sbagliata. Qui non manca la Conoscenza, ma l’Equilibrio per dare al futuro almeno lo stesso peso che al profitto.
Sull’altra faccia della medaglia rispetto al disprezzo per la Natura in nome del profitto sta la sua idealizzazione, la scarsa conoscenza e considerazione per i suoi reali meccanismi. Questo aspetto risulta spesso evidente nel rapporto che si ha con la componente animale della Natura.
Ormai più di metà della popolazione della Terra vive nelle città, cioè in un’ambiente in gran parte artificiale, costruito ponendo l’uomo al centro, dove poco spazio rimane per i processi naturali. E così spesso la conoscenza della Natura e delle sue leggi avviene solo attraverso la mediazione delle rappresentazioni che ne vengono date, che lasciano spazio più all’abilità di comunicazione che alla concretezza della conoscenza. La Natura diviene così spesso un mito, un’icona immobile nella mente. Di questo travisamento sono eloquenti indizi alcuni aggettivi che spesso vi si associano: un ambiente è naturale se è “incontaminato”, se viene “difeso”, se viene “conservato”, aggettivi questi ultimi con una forte connotazione negativa ove solo la Natura è “buona” e l’uomo può solo essere “corruttore”, a meno che non sia un “buon selvaggio”. Anche questa visione porta con sé conseguenze negative e ostacola un buon rapporto “attivo” dell’uomo con l’elemento naturale.
Le immagini sul secondo poster vogliono darne un’esempio: la prima riporta un’orsa con il suo piccolo in un ambiente montano. E’ un’immagine neutra, che fotografa semplicemante un momento di normale vita di un animale.
Ben diversa dalla rappresentazione (l’orso Yoghi) con la quale si trasmette ai bambini la conoscenza dell’animale. Niente male in sé per far trascorrere qualche tempo piacevole ai bambini, se non fosse che spesso è l’unica conoscenza, mediata e accattivante, che viene fornita loro. L’”umanizzazione” dell’animale fornisce una conoscenza distorta della sua realtà ed è la base per la formazione di opinioni e posizioni bizzarre che formano poi spesso l’opinione pubblica e condizionano fortemente la politica.orsojpeg
Ma gli effetti di questa umanizzazione sono emotivi: viene sancita l’intoccabilità dell’animale iconico, come nel caso della gestione dell’orso recentemente reintrodotto in Trentino e che si sta moltiplicando abbondantemente. Per la legge italiana e soprattutto sotto il ricatto morale della sacralità ambientalista dell’icona orso la sua popolazione non può essere regolata, gestita, (come si fa negli altri paesi europei dove è presente) ma è intoccabile. Anche nel caso in cui possa creare problemi consistenti ci si deve limitare a misure puramente difensive, passive, spesso poco efficaci. Ne sono testimonianza i casi di stragi di animali domenstici (verso la sorte dei quali i puristi della difesa dell’icona orso non mostrano alcuna sensibilità, liquidando la loro sorte come sufficientemente compensata dal risarcimento monetario al proprietario). Esse avvengono quando, rinchiusi in un recinto da cui non possono fuggire ed in cui l’orso sia riuscito ad entrare, vengono sterminati senza nemmeno essere mangiati. E’ un fenomeno che ricorre spesso nei predatori: in presenza di molte prede inermi vengono presi da una frenesia di uccidere che non ha più nulla a che vedere con la necessità di alimentarsi.
E’ nozione elementare che nessuna popolazione (né di orsi né di umani) può crescere indefinitamente in un ambiente reale (quindi limitato). Prima o poi un limite si impone, che venga posto con ragione o secondo Natura, la quale non è sempre così amica e sorridente come le sue rappresentazioni edulcorate vogliono spesso indurci a credere. Da ultimo l’immagine di come si possa agire nella Natura per il vantaggio dell’uomo e nel contempo custodirla. E’ l’immagini della normale attività forestale come viene condotta in Trentino e in tante altre zone dove il concetto di “sostenibilità ambientale” dell’azione umana è attuato da ben prima che la parola venisse coniata.
La marcatura delle piante mature da tagliare, con la puntuale presenza del forestale, dà spazio alla nuova generazione di alberi. Le piante mature sono state tagliate, ma l’esiguità della superficie di taglio elementare fa si che il bosco circostante protegga il terreno da possibili erosioni in attesa delle nuove piantine che nasceranno spontaneamente dal seme di quelle circostanti.
Anche l’impiego della tecnologia, come nel caso delle moderne teleferiche, può in buona sostanza accompagnare la sostituzione del bosco vecchio con quello nuovo che preme.
Conoscenza ed Equilibrio quindi possono aiutare anche nel rapporto diretto, pratico con la Natura, per far sì che essa non venga solo conservata o utilizzata, ma anche custodita attivamente.

Bruno Crosignani,
Direttore Uff. Distrettuale Forestale di Cavalese