Nella teologia francescana

Lucia Baldo

Il Verbo eterno, presenza di luce
L’evangelista Giovanni dice che è la luce della verità ad illuminare ogni uomo: “In lui [nel Verbo] era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre…” (Gv 1,4-5). Questa chiamata ad essere “luce del mondo” nel nome di Cristo, pone il grande tema della presenza di Cristo nella nostra mente, nella nostra intelligenza.
img145 (1)In genere noi crediamo che la nostra intelligenza sia solo nostra, che nelle progressioni di pensiero non entri altro che la nostra soggettività. Lo sbaglio del laicismo consiste nel ritenere che nessuno possa criteriare o giudicare il nostro pensiero. Invece la tesi fondamentale del francescanesimo è che il nostro pensiero può sì conoscere, ma la luce del conoscere non è nostra. È del Verbo eterno.
S. Bonaventura ricorre all’immagine dell’occhio e dice che la nostra mente è come l’occhio che ha bisogno della luce per vedere.Ma l’occhio in sé non basta, perché questa luce che illumina l’occhio è la luce di Cristo, la luce del Verbo eterno senza il quale gli “occhi della mente” sono ciechi (San Bonaventura, Le Collationes in Hexaëmeron, Collatio I,6).

Un pensiero creaturale
Nel pensiero qual è la modalità dell’essere creatura? Il pensiero francescano accentua l’aspetto creaturale di ogni uomo che è nel mondo. La creatura umana è veramente tale se nell’atto del pensare si pone di fronte alla Parola eterna che illumina il pensiero: “In principio era il Verbo” (Prologo di Giovanni).
La preoccupazione del cristiano deve essere, quindi, quella di mantenere l’occhio pulito per poter vedere la luce di Cristo, guida del nostro agire.   la luce del Verbo eterno che si è incarnato per dare agli uomini la sua presenza in un’immediatezza tangibile, capace di coinvolgere ogni nostra espressione corporea.
Contro ogni soggettivismo ed ogni pragmatismo, che perseguono le proprie comodità, i propri istinti, il proprio tornaconto, i propri vantaggi ed interessi anziché “la gloria di Dio che è amore” (Papa Francesco, Angelus 4 marzo 2018), noi ci dobbiamo porre di fronte alla verità, sapendo che la verità è del Verbo eterno. Se prendiamo coscienza di questo nella meditazione, ci porremo di fronte alla verità, a Cristo. Non c’è possibilità di autenticità cristiana senza meditazione.
La meditazione è l’essenza, la vita quotidiana dei contemplativi il cui agire accompagna questa continua meditazione. Perciò Papa Francesco ci invita a ricuperare urgentemente questo spirito contemplativo per poter vedere il mondo con lo stesso sguardo d’amore di Cristo (cf EG 264).
Qual è il fondamento di possibilità della vita contemplativa?   la presenza di Cristo in noi, della verità eterna che illumina la nostra mente perché possa penetrare sempre più profondamente nel grande mistero della salvezza, della Trinità. Se Dio non ci sostiene istante per istante, cadiamo nel nulla, perché siamo creature. Anche nel pensiero si può cogliere il proprio stato creaturale, perché se Dio non ci sostiene, noi vediamo solo il buio: “…ma le tenebre non l’hanno accolta [la luce del Verbo]” (Gv 1,5).
La grande dignità dell’uomo è poter vedere la luce, mentre la materia non può vederla.
La nostra ricerca della verità è sempre una luce che ci viene data dalla centralità della presenza in noi del Verbo eterno.
Il cristocentrismo francescano non fa riferimento solo a una verità di ordine soprannaturale, poiché Cristo non viene dopo la nostra naturalità, ma sta alla radice di essa, altrimenti non potremmo pensare in nessun modo. Il naturale riguarda la nostra composizione di uomini o donne. Il soprannaturale è un dono divino, è il mondo della Grazia che si esprime per la salvezza eterna ed è lo sviluppo della forza naturale.
Ma il dialogo tra l’uomo e Cristo non è solo sul piano della Grazia, non è qualcosa che si pone sopra il naturale nella preghiera, ma è fondare niente, neanche sul piano naturale: “In principio era la Parola”, dice il Prologo del Vangelo di Giovanni, non dopo l’uomo o dopo il mondo. “E come il sole splendente produce la varietà e multiformità dei colori, così da quel Verbo deriva la varietà delle cose. Onde non è possibile il comprendere, se non mediante il Verbo” (San Bonaventura, Collatio III,9).
Per S. Bonaventura i profeti e i filosofi sono molto vicini tra loro, l’umano è molto vicino al divino, in quanto il Verbo illumina ogni uomo che viene al mondo.   vero, però, che il cammino della spiritualità è fatto a gradi: c’è un grado naturale e uno soprannaturale. In quest’ultimo Cristo agisce in noi in maniera totalizzante. A questo grado arrivano i santi che sono nel dono totale di sé a Cristo e nel cui agire è presente Cristo, come dice S. Paolo: “… non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).