Sintesi dei lavori del Capitolo – Assisi, – 7-9 novembre 2014

Il dramma della fame e della dignità negata a tanta parte dell’umanità ci interpella più che mai a ritrovare le vie del farsi prossimo in questa nostra società globalizzata e indifferente al grido degli impoveriti della terra.
Nel ritorno ad Assisi, che riporta al cuore la luminosa esperienza di fraternità vissuta da S. Francesco, abbiamo invocato nuovamente la grazia di saper accogliere il messaggio dell’“altissima povertà” da lui testimoniata per rendere ragione in questo nostro tempo dell’originaria fraternità umana. Custodire l’umano, oggi deturpato dai mille volti dell’idolatria del denaro, passa dalla presa di coscienza della nostra povertà creaturale e dall’assunzione di quell’economia del dono che il Padre ha costitutivamente voluto per tutti i suoi figli.
Assieme a tutta la Chiesa, guidati dal Magistero di Papa Francesco, ci mettiamo in cammino per imparare ad opporre alla logica dell’accaparramento, dell’esclusione e dell’indifferenza complice, la prospettiva piena del convivere e del condividere.
“Condividere vuol dire farsi prossimo di tutti gli esseri umani, riconoscerne la comune dignità, capirne le necessità e sostenerli nel porvi rimedio, con lo stesso spirito di amore che si vive in famiglia. Questo stesso amore ci porta a preservare il creato come il bene comune più prezioso da cui dipende non un astratto futuro del pianeta ma la vita della famiglia umana a cui è stato affidato…
Per sconfiggere la fame non basta superare le carenze di chi è più sfortunato o assistere con aiuti e donativi coloro che vivono situazioni di emergenza. Bisogna piuttosto cambiare il paradigma delle politiche di aiuto e di sviluppo… Fino a quando si continuerà a difendere sistemi di produzione e di consumo che escludono la maggior parte della popolazione mondiale anche dalle briciole che cadono dalle mense dei ricchi?
È arrivato il tempo di pensare e decidere partendo da ogni persona e comunità e non dall’andamento dei mercati… per costruire un autentico futuro di pace…” (Papa Francesco, Giornata dell’Alimentazione 2014). Ognuno di noi è chiamato in causa, chiamato a restituire, “mettendo in pratica il progetto di Dio sulla famiglia umana e sul mondo attraverso quella profonda e reale fraternità che non è esclusiva dei cristiani, ma include tutti i popoli” (ib.).

La Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa aderisce alla Campagna della Caritas Internationalis “Una sola famiglia, cibo per tutti” www.cibopertutti.it

immagine capLa Fraternità Francescana Frate Jacopa ha tenuto ad Assisi il suo 5° Capitolo delle Fonti, che si è fatto ancora una volta per noi memoria della necessità di ritornare sempre e nuovamente alle fonti dello spirito per riprendere con rinnovato fervore il cammino.
Abbiamo iniziato il Capitolo nella preghiera per volgere lo sguardo alla situazione del mondo attuale con gli occhi della fede e per invocare la misericordia del Signore affinché apra il nostro cuore al grido di tanti fratelli deprivati di tutto e perché, di fronte al dramma di una umanità sempre più disorientata ed immiserita, possa rinnovare i nostri propositi di conversione, mobilitando ogni nostra capacità di restituzione, di riparazione. Questo il senso della Veglia che venerdì sera 7 novembre ha introdotto i partecipanti all’importante e impegnativo tema del Capitolo “Custodire l’umano. Una sola famiglia, cibo per tutti”, a cui ha fatto seguito sabato mattina 8 novembre la Celebrazione Eucaristica, presieduta da P. Lorenzo Di Giuseppe presso la Tomba di S. Francesco, per essere aiutati ad accogliere nel nostro oggi la sua preziosa eredità evangelica.

Argia Passoni ha aperto i lavori del Capitolo evidenziando come lo scandalo della fame e della dignità negata a tanta parte dell’umanità ci parli inequivocabilmente del volto deturpato dell’umano che non sa convivere, né condividere; un umano devastato dall’idolatria del denaro e dell’utile e sempre più anestetizzato da un consumismo divorante; un umano dimentico ormai della sua origine.
Tutto questo richiama alla vocazione fondamentale del custodire perché ognuno possa riconoscersi e vivere secondo il dato d’essere proprio dell’uomo e del creato, il dato costitutivo del dono. Il problema della fame – ha proseguito – mette a nudo la drammaticità della condizione attuale dell’umanità che, vivendo nella logica dell’appropriazione, sottrae possibilità di vita e di futuro, scartando interi popoli e portando il creato ad una soglia di non ritorno. Il cibo a disposizione nel mondo basterebbe a sfamare tutti, ma non si esita a devastare, a sprecare, a speculare in modo sempre più sistematico, assecondando una libertà indifferente alla verità e al bisogno dell’altro, che alimenta uno stato di guerra permanente violando i diritti più sacri assieme ai principi della convivenza umana.
Alla base del problema del cibo c’è soprattutto un processo di deprivazione, un impoverimento indotto e programmato che intacca inesorabilmente le risorse del pianeta e della vita. È un processo collegato a molteplici fattori che comunque ci riguardano: dall’indifferenza alla dissipazione, alla comoda rassegnazione, fino alla condizione di sfruttamento dei grandi potentati economici che mettono al centro il profitto, non l’uomo, e che in questa globalizzazione selvaggia hanno la meglio sulle stesse strutture istituzionali, con la conseguente erosione di democrazia.Tomba s
I problemi sono complessi ed investono la sostenibilità stessa del pianeta. Ma nessuno può rimanere estraneo alla battaglia per la dignità umana! Per la nostra parte noi siamo chiamati a affrontare il problema come cristiani che sanno che è parte integrante della loro fede offrire le risorse per una cittadinanza a misura della famiglia umana. Da un lato siamo tenuti a sondare nella nostra spiritualità ciò che può essere costruttivo, orientativo dell’umano oggi. Rispetto ad un uomo che si fa Dio di se stesso, custodire l’umano passa dalla presa di coscienza della nostra povertà creaturale e dall’assunzione di quella economia del dono che il Padre ha voluto per tutti i suoi figli. Si tratta di ritrovare le vie del farsi prossimo in questa nostra società sempre più globalizzata ma sempre più anonima. L’economia del dono è economia di salvezza. È  per S. Francesco la sola economia capace di edificare la fraternità.
E siamo chiamati a portare avanti la custodia dell’umano camminando insieme a tutta la Chiesa. Simbolo di questo camminare insieme alla Chiesa a favore di tutta l’umanità è la nostra adesione alla Campagna della Caritas Internationalis “Una sola famiglia, cibo per tutti”, che ci ricorda anche nel titolo come senza questo appello al senso profondo di una comune origine non sia possibile fare nulla.
Significativamente la Campagna, ora attiva anche in Italia, ha aggiunto “È compito nostro”. Essa costituisce una grande possibilità di sensibilizzazione, di educazione, di formazione per riorientare alla responsabilità della tutela della dignità umana e per individuare percorsi di risanamento, crescendo in una corresponsabilità ecclesiale capace di una interazione feconda con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
argia e lorenzoL’intento del Capitolo – ha aggiunto la presidente – è di offrire luci e stimoli per questo indispensabile cammino di assunzione di responsabilità: un cammino di conversione dalla rassegnazione, dall’indifferenza, dallo spreco; un cammino che riguarda i nostri stili di vita perché siano sempre più volti al convivere e al condividere.
Rispetto ad una cultura che misconosce l’altro, il Santo Padre ci ricorda con forza l’ampiezza, la profondità del condividere. In una parola si tratta di lavorare per un nuovo paradigma di vita svincolato dall’utilitarismo, dal pessimismo, dal cinismo, dove al centro sia la persona, l’uomo, non il mercato, per costruire un futuro di pace.

A P. Martin Carbajo Núñez, docente di teologia morale presso la Pontificia Università Antonianum, è stato affidato il compito di immettere la riflessione del Capitolo nell’orizzonte della spiritualità francescana con la relazione “Custodia dell’umano ed etica del dono”.
Il relatore ha osservato che Benedetto XVI, nell’enciclica “Caritas in Veritate”, afferma: “Nulla di materiale o formale può assicurare l’essenziale di cui l’uomo sofferente – ogni uomo – ha bisogno: l’amorevole dedizione personale”. Custodire l’umano, infatti, significa prendersi cura della persona concreta.
L’economia nel suo significato etimologico ha lo scopo di rendere il mondo una casa abitabile e accogliente dove tutti possano vivere come in famiglia. Pertanto occorre privilegiare i beni relazionali sui beni economici, il capitale sociale sul capitale economico, il ben-essere sul benestare, la felicità sull’efficienza.
Invece la principale caratteristica del capitalismo è il non-tuismo, cioè il non vedere l’altro come un tu. Per giustificare questo atteggiamento si parla di una “mano invisibile” che sistema tutto.
Il mercato globale favorisce un tipo di relazione economica puramente strumentale, perché è più facile trarre profitto quando l’altro è anonimo, senza volto. Anzi esso funzionerà meglio quanto più deboli e funzionali saranno i legami affettivi.
In opposizione a questa visione il francescanesimo vuole costruire la fraternità umana. Non basta aumentare il prodotto lordo, ma bisogna anche promuovere l’incontro personale, il perdono, i rapporti di fiducia, cioè bisogna che i beni materiali siano sempre accompagnati dai beni relazionali.
Per il pensiero francescano il prossimo non è un avversario da sconfiggere o ingannare per salvaguardare i propri interessi, ma un fratello di cui mi sento responsabile. In ogni scambio con lui sono più importanti i beni relazionali.
Così quando si trova in difficoltà gli tendo la mano invece di abbandonarlo alla “mano invisibile” del mercato.
Il non-tuismo, l’egoità sono stati superati dall’interesse per l’alterità. Per esempio Lévinas ha formulato una nuova filosofia che metta le fondamenta di una società più fraterna dando la priorità all’io etico sull’io pensante di cartesiana memoria.
Il comportamento morale, secondo Lévinas, deriva dalla semplice presenza del “volto” che mi interpella serenamente, senza farmi pressione con minacce o controprestazioni. La debolezza di quel volto mi fa uscire dall’indifferenza e provoca in me una risposta positiva, accogliente. In questo modo il volto dell’altro mi costituisce come individuo etico che si oppone all’individualismo.
Quando il volto dell’altro viene riconosciuto e rispettato come quello di un fratello aumenta anche la produttività. Abbiamo bisogno di potenziare questo tipo di economia dal volto umano, che mette la persona al centro.

Il Dott. Fabrizio Cavalletti (Caritas Italiana) ha aperto i lavori del pomeriggio con la relazione sulla Campagna “Una sola famiglia, cibo per tutti”.
Ha ricordato che la prima Campagna della Caritas – “Contro la fame cambia la vita” – fu condotta negli anni ’90 che rappresentarono un decennio di speranza per contrastare lo scandalo della fame a partire da una revisione degli stili di vita.cibo per tutti
Tale Campagna accompagnò un’imponente mobilitazione della società civile mondiale per chiedere la cancellazione dei debiti dei paesi più impoveriti: a seguito di questa mobilitazione in Italia fu approvata una legge innovativa, che permetteva la cancellazione del debito dei paesi più poveri e maggiormente indebitati. A livello internazionale furono avviate alcune importanti iniziative (tra cui quella della CEI) che permisero di ridurre significativamente il fardello debitorio dei paesi poveri e più indebitati, coinvolgendo gruppi, parrocchie, associazioni in un’esperienza di azione ecclesiale significativa ed efficace.
Il nuovo millennio era carico di aspettative. Nel 2000 la comunità internazionale decise, in occasione del vertice dell’ONU, di lanciare otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM), da realizzare in 15 anni. Gli OSM spaziano in settori quali l’eliminazione della povertà, la parità di genere, la mortalità infantile, la salute maternoinfantile, l’HIV, la sostenibilità ambientale e lo sviluppo, la partnership globale. Anche su questo fu lanciata una Campagna di informazione a cui anche Caritas ed altre realtà della Chiesa e della società civile parteciparono attivamente.
Ormai giunti alle soglie del 2015 occorre stabilire i nuovi obiettivi in cui la fame sia sentita come una questione di giustizia, di cattiva distribuzione e non di scarsità di cibo. Infatti produciamo cibo per dodici miliardi di persone!
Inoltre ci deve essere convergenza tra l’agenda sociale e l’agenda ambientale. L’attuale gravissima crisi economico- finanziaria ci conferma purtroppo che le cause strutturali, che avevano portato all’esplosione del problema del debito negli anni ‘80 e ‘90, sono ben lontane dall’essere risolte. La crisi che scuote il pianeta non è infatti più problema soltanto dei paesi cosiddetti ‘poveri’, ma mette duramente alla prova le stesse società ricche del nord del mondo.
La privazione del più elementare dei diritti, quello ad un’alimentazione appropriata, è purtroppo ormai una realtà diffusa anche nelle nostre città. Fenomeni legati allo spreco e alla dissipazione si presentano stridenti accanto ai segni della povertà e della deprivazione.
Pertanto dobbiamo cercare soluzioni più ampie, perseguendo un modello di sviluppo in grado di offrire risposta agli squilibri esistenti. Superare lo scandalo della fame è la sfida che abbiamo di fronte per dare sostanza al nostro impegno in favore della dignità della persona umana.
cavalettiEcco allora la proposta di una mobilitazione globale su queste urgenze lanciata il 10 dicembre 2013, in coincidenza con la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, dalla Caritas Internationalis con la Campagna “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti”, che ha trovato il sostegno nella voce autorevole di Papa Francesco.
Il documento base della Campagna riconosce l’importanza di un fondamentale legame tra gli uomini che costituiscono una sola famiglia; è questa l’unica alternativa a un crescente individualismo fondato sull’idolatria del denaro e del potere. Il nostro mondo è frutto di relazioni che possono essere di sfruttamento o di valorizzazione dell’altro, di conflitto o di pace. Oltrepassare l’attuale crisi è possibile ricostruendo relazioni, strutture, comunità e comportamenti responsabili per il buon vivere a livello locale e globale.
L’obiettivo centrale della Campagna è dunque educativo in quanto vuole accendere i riflettori delle coscienze sugli squilibri del modello di sviluppo globale causa delle disuguaglianze e della fame, proponendo un cambio dei modelli culturali che plasmano le relazioni umane. La Campagna diventa propositiva su tre filoni: diritto al cibo, lavoro per una finanza al servizio dell’uomo, costruzione di relazione di pace con tutto ciò che implica di “disarmo” culturale e militare.

Il Prof. Luca Falasconi, docente di politica agraria e sviluppo rurale presso l’Università di Bologna, con la relazione “Vivere a spreco zero: cibo, ambiente, stile di vita” ha proposto un’analisi documentata, dettagliata e aggiornata sul problema degli sprechi alimentari, per fare chiarezza e spronarci a cambiare stili di vita e di consumo.falasconi
Per quanto riguarda l’acqua, ogni giorno ne utilizziamo grandi quantità per bere, cucinare e lavare, ma quella che impieghiamo, in modo indiretto, per produrre il cibo di cui ci nutriamo è molta di più.
Dietro ai pasti che consumiamo quotidianamente ci sono enormi quantità d’acqua: circa 3600 litri per un’alimentazione a base di carne e 2300 litri per una dieta vegetariana.
Fino a quando il cibo che produciamo serve per sfamarci, tutto – o quasi – può trovare una giustificazione, ma non possiamo dire la stessa cosa quando utilizziamo acqua per produrre cibo di cui, per ragioni commerciali, una parte dovrà essere buttata e un’altra parte finisce nella spazzatura delle nostre case! Un vero spreco nello spreco.
Dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50%. Il 40% del cibo prodotto negli Stati Uniti viene gettato. In Svezia in media ogni famiglia butta via il 25% del cibo acquistato.
E in Italia, prima che il cibo giunga nei nostri piatti, se ne perde una quantità che potrebbe soddisfare i fabbisogni alimentari di tre quarti della popolazione italiana.
Lo spreco è stato per troppo tempo sottostimato, poco indagato e poco documentato. Solo negli ultimi anni, complici la persistente crisi economica globale e il crescente allarme per il cambiamento climatico, si è acuita l’attenzione per questo problema.
L’analisi degli sprechi e delle conseguenze economiche, ambientali, nutrizionali e sociali generate dalla gestione delle eccedenze ci ha portato alla conclusione che consumare meno, ma soprattutto meglio, è possibile, basta volerlo.

Domenica mattina 9 novembre al Dott. Rosario Lembo, presidente CICMA, è stata affidata la relazione conclusiva dell’incontro sul tema “Per una cittadinanza a difesa della famiglia umana”. In una società come la nostra in cui assistiamo alla crisi dei tradizionali modelli formativi, secondo Lembo, occorre mettere al centro della famiglia il rispetto dei beni comuni. Papa Francesco in molti suoi discorsi ha lanciato un appello ad approfondire la finanza, l’ambiente, la politica per trasformare in prassi la Dottrina Sociale della Chiesa e favorire politiche volte a uno sviluppo integrale, sociale, sostenibile. Compito dei laici è saper conciliare l’evangelizzazione con nuove politiche sociali. L’incontro del Papa con i Movimenti sociali costituisce il vademecum della sfida in cui siamo chiamati a impegnarci per la difesa della terra, della casa e del lavoro.
lemboL’idolatria del denaro, del profitto ha sconvolto il progetto originario del Creatore di affidare all’uomo la custodia del creato. Ma il creato non è proprietà di pochi, bensì il dono di una casa comune. Pertanto è da condannare l’accaparramento della terra in tutto il mondo, attraverso atti di violenza, di intimidazioni e di torture. Lembo ha denunciato anche l’accaparramento dell’acqua (vedi Dichiarazione di Dakar).
La terra e l’acqua sono risorse sempre più scarse, ma questa scarsità non è dovuta a un evento naturale, bensì è frutto di scelte politiche, geostrategiche e finanziarie. Per contrastare questi attacchi a danno dei più deboli, occorre ribadire che la terra e l’acqua non sono merce, ma appartengono al nostro patrimonio comune, tanto più il diritto all’acqua è stato riconosciuto dalla risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite 69/2010.
Nel 2015 sarà stabilita l’agenda di chi avrà accesso al cibo e all’acqua nei prossimi vent’anni. Cerchiamo allora di porre in atto percorsi di cittadinanza attiva e piattaforme di mobilitazione della società civile per contrastare gli iniqui processi di accaparramento dei beni comuni e agire per la salvaguardia della dignità di ogni uomo.

Il nostro Convegno è stato un percorso di presa di coscienza di ciò che sta dietro allo scandalo della fame e della dignità calpestata – ha sottolineato nelle conclusioni Argia Passoni. Abbiamo visto cause molteplici, cause che ci riguardano direttamente in primo luogo per la dissipazione, per l’indifferenza. Abbiamo sentito che tanto si può fare sotto questo profilo per contribuire a diminuire un impatto devastante sulla vita e sull’ambiente, con il nostro stile di vita più sobrio, più attento alle ripercussioni del nostro modo di vivere, di alimentarci.
Possiamo fare molto sensibilizzando ai fattori che determinano questa situazione drammatica a partire dal nostro ambito ecclesiale, ma abbiamo bisogno di crescere nella capacità di opporci concretamente in questa nostra società alla logica dell’accaparramento dissennato e fratricida. E’ venuto in assoluta evidenza che, a partire dal nostro quotidiano, deve divenire stile di vita prenderci cura del bene comune perché non possiamo disattendere il farci carico della dignità negata a tanta parte dell’umanità.
Alla base del problema del cibo per tutti c’è soprattutto un problema di ingiustizie strutturali. Occorre cambiare paradigma alle politiche dello sviluppo perché lo sviluppo possa essere più inclusivo e sostenibile; è necessario cambiare le regole della produzione e del commercio e tutelare diritti proclamati ma assolutamente disattesi. Siamo nella necessità di crescere nella capacità di incarnare il nostro essere cristiani in una cittadinanza responsabile per l’unica e intera famiglia umana – ha affermato Argia Passoni.
È risuonato nel nostro cuore l’appello ad essere lievito, lievito nell’ambito ecclesiale, imparando ad esserlo di più anche nell’ambito sociale. Come muoverci all’interno di questa complessità? La priorità è mettere al centro i diritti della persona e la cura del meraviglioso dono di una casa comune, facendoci voce per chi non ha voce, per coloro che soffrono le conseguenze più drammatiche di questa situazione che l’uomo ha creato.partecp Cap
Questo richiede lo sforzo di elaborare percorsi di cittadinanza, uno sforzo ineludibile se vogliamo rispondere della nostra fede. Abbiamo sentito forte il monito a “non delegare”. C’è una cura che va incarnata, a partire dai nostri territori, dalle nostre città per allargarci all’Italia, all’Europa, al mondo.
Ed avvalendoci dell’esperienza e del lavoro che anche nella società civile sta venendo avanti. Come ci hanno testimoniato i relatori, solo il coraggio, la perseveranza, il crederci, e l’amore per la dignità di ogni uomo, alla fine possono riuscire a provocare il cambiamento. Senza questa speranza, senza questo impegno, senza questa fatica di amore non si può creare nulla. D’altra parte ci è stato ricordato “a voi come francescani compete”: è una responsabilità vocazionale.
All’inizio del Capitolo P. Martin ci ha ricordato come punto chiave il rimettere al centro la persona e S. Francesco l’ha fatto assumendo la dimensione della povertà evangelica, ma l’assumere la povertà per amore non riguardava soltanto l’immediata prossimità al povero. Lo stare accanto al povero deve mettere in movimento tutte le risorse e tutte le energie per cambiare lo stato delle cose, per far sì che ognuno possa esprimersi in piena dignità. Non siamo di fronte ad un ascetismo individualistico, la povertà per amore è finalizzata a prendersi cura del mondo col cuore di Cristo.
Quella povertà assunta per amore ha creato un mondo diverso: una nuova economia, un nuovo rapporto tra gli uomini, un nuovo modo di esercitare il potere come servizio, contribuendo alla edificazione di una polis più conforme al disegno del Creatore.
Se tanti frati e frati santi si sono dedicati allo studio dei meccanismi della ricchezza per incarnare il Vangelo della dignità di ogni uomo, ancora più noi come laici, e tanto più nella complessa situazione attuale, dobbiamo rinnovare la nostra scelta precisa di campo e farlo attraverso la fatica amorosa dell’individuare come possiamo portare il nostro contributo che, piccolo o grande che sia, nell’orizzonte della speranza cristiana è importante.
SIl Capitolo si è concluso nella Basilica di S. Maria degli Angeli con la Celebrazione Eucaristica, presieduta da p. Vittorio Viola ofm, neo eletto Vescovo di Tortona, chiedendo al Signore la grazia, la forza, il coraggio di intensificare il cammino.
Le parole di accoglienza presso la Porziuncola ci hanno fatto sentire il tempo del Capitolo come un ritorno a casa che sempre conforta il nostro andare per il mondo. Siamo ripartiti da Assisi conservando nel cuore il tesoro della Parola spezzata durante l’Omelia. Metterci dentro l’offerta di Gesù permette di fare della nostra vita un’offerta – ci ha detto p. Viola –, perché questo è l’amore che siamo chiamati a vivere tra di noi nelle relazioni trasformate dal dono che è l’offerta di Gesù.
Ed è talmente vero che riuniti attorno al suo altare siamo il suo corpo, che il luogo che contiene la Chiesa prende il nome di chiesa. Se noi ci lasciamo sempre più innestare in profondità dentro il corpo di Gesù, ed è questo che lo Spirito vuol fare dal giorno del Battesimo, sempre di più il mondo verrà riempito del suo corpo, che è la Chiesa. L’omelia si è conclusa con una preghiera al Signore affinché egli ci trasformi sempre più in lui e possiamo essere nel mondo la Chiesa di lui, il suo corpo, la presenza di lui che è il Vivente.

A cura di Graziella Baldo