img180Oggi 20-6-2017 il pellegrinaggio di Papa Francesco prima alla tomba di Don Primo Mazzolari, a Bozzolo, e poi di Don Lorenzo Milani, a Barbiana. La Chiesa non ignori più pastori come Don Primo Mazzolari, sacerdote “scomodo” perché vicino ai poveri e sempre alla ricerca dei “lontani”, ha affermato Francesco a Bozzolo, nella chiesa parrocchiale di San Pietro di cui fu parroco Don Mazzolari, e dove il Papa ha sostato in preghiera sulla tomba del sacerdote cremonese.
Oggi, ha detto il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, sentiamo qui lo “stesso profumo di Vangelo”, che si respirava con Don Mazzolari. Quindi, il presule ha annunciato l’avvio del processo di Beatificazione di Don Primo, il prossimo 18 settembre. Da Bozzolo, il servizio dell’inviato di Radio Vaticana, Alessandro Gisotti: “Anche io voglio bene al Papa”. E’ lo striscione che campeggia sull’edificio che ospita l’oratorio di Bozzolo. Una frase tratta dal titolo di un’opera di Don Primo Mazzolari, parole che riassumono il significato di questa visita di Papa Francesco tanto breve quanto intensa e che consegna un messaggio vibrante a tutta la Chiesa italiana.
La visita che doveva essere “privata”, diventa una “festa di popolo”, il popolo di Don Mazzolari. Tantissimi i giovani che hanno accolto il Papa che, arrivato alla parrocchia di Bozzolo, si è lungamente soffermato con loro. Cori e applausi, sventolio di bandiere vaticane hanno accompagnato dunque l’ingresso del Papa nella chiesa di San Pietro dove, dopo aver reso omaggio alla statua della Madonna, si è recato alla tomba di Don Mazzolari dove si è soffermato in preghiera. Un gesto semplice e al tempo stesso fortissimo perché ha rappresentato l’abbraccio del Successore di Pietro ad un sacerdote “scomodo”, a volte incompreso, perché profetico.
Papa Francesco ha dunque pronunciato un appassionato discorso su Don Primo Mazzolari, più volte interrotto dagli applausi. Il Pontefice ha subito riconosciuto che la traccia lasciata da sacerdoti come Don Mazzolari è “luminosa”, “per quanto scomoda” ed ha ribadito che “i parroci”, quando “sono i volti di un clero non clericale”, sono “la forza della Chiesa in Italia”.
Don Primo, ha detto, è stato definito il “parroco d’Italia” ed ha così rammentato le parole di Paolo VI che ammise come era difficile “tener dietro” a un profeta come il parroco di Bozzolo. Quindi, ha declinato l’attualità del suo messaggio, muovendo da tre “scenari che ogni giorno riempivano” gli occhi e il cuore di Don Mazzolari: “il fiume, la cascina e la pianura”.
“La sua parola, predicata o scritta – ha detto – attingeva chiarezza di pensiero e forza persuasiva alla fonte della Parola del Dio vivo, nel Vangelo” celebrato “in gesti sacramentali mai ridotti a puro rito”. Don Mazzolari, ha soggiunto il Papa, “non si è tenuto al riparo dal fiume della vita, dalla sofferenza della sua gente”.
Don Mazzolari ha cercato di cambiare il mondo senza rimpianti per il passato. La sua profezia, ha ripreso, consisteva “nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio”: “Don Mazzolari non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata. Nel suo scritto “La parrocchia”, egli propone un esame di coscienza sui metodi dell’apostolato, convinto che le mancanze della parrocchia del suo tempo fossero dovute a un difetto di incarnazione”.
Il Papa ha quindi indicato tre strade che sviano dalla direzione evangelica: innanzitutto il “lasciar fare”, il “non sporcarsi le mani”guardando il mondo dalla finestra. “Questo atteggiamento mette la coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano”.
Il secondo metodo sbagliato, ha osservato, è quello dell’“attivismo separatista”.
“Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche” come banche e cooperative, ma si rischia di ritrovarsi con “una comunità cristiana elitaria” che favorisce “interessi e clientele con un’etichetta cattolica”. Il terzo errore, ha detto ancora, è il “soprannaturalismo disumanizzante”, la tentazione dello spiritualismo che preferisce le devozioni all’apostolato.
Don Mazzolari è stato il “parroco dei lontani” perché li ha sempre cercati con amore. Ha così rivolto il pensiero alla cascina che, ha detto, era al tempo di don Primo, una “famiglia di famiglie. “La cascina, la casa – ha commentato il Papa – ci dicono l’idea di Chiesa che guidava don Mazzolari”.
Anche lui, ha affermato Francesco, “pensava a una Chiesa in uscita”, quando diceva ai sacerdoti che “bisogna uscire di casa e di Chiesa, se il popolo di Dio non ci viene più”: “Don Mazzolari è stato un parroco convinto che “i destini del mondo si maturano in periferia”, e ha fatto della propria umanità uno strumento della misericordia di Dio, alla maniera del padre della parabola evangelica, così ben descritta nel libro “La più bella avventura”. Egli è stato giustamente definito il “parroco dei lontani”, perché li ha sempre amati e cercati, si è preoccupato non di definire a tavolino un metodo di apostolato valido per tutti e per sempre, ma di proporre il discernimento come via per interpretare l’animo di ogni uomo”.
Di qui lo sguardo misericordioso del parroco di Bozzolo nel chiedere di non massacrare “le spalle della povera gente”. Un appello che ha ripetuto con forza, a braccio, offrendolo come esortazione per i sacerdoti italiani e di tutto il mondo. “E se, per queste aperture, veniva richiamato all’obbedienza – ha rilevato – la viveva in piedi, da adulto, e contemporaneamente in ginocchio, baciando la mano del suo Vescovo, che non smetteva di amare”.
La Chiesa diventi povera senza temere di attraversare zone d’ombra. Il terzo scenario, ha detto, “è quello della vostra grande pianura”, dove bisogna inoltrarsi senza paura, perché è in mezzo alla gente che si “incarna la misericordia di Dio”:
“Vi incoraggio, fratelli sacerdoti, ad ascoltare il mondo, chi vive e opera in esso, per farvi carico di ogni domanda di senso e di speranza, senza temere di attraversare deserti e zone d’ombra. Così possiamo diventare Chiesa povera per e con i poveri, la Chiesa di Gesù. Quella dei poveri è definita da don Primo un’“esistenza scomodante”, e la Chiesa ha bisogno di convertirsi al riconoscimento della loro vita per amarli così come sono”.
Francesco ha messo dunque l’accento sulla testimonianza di Don Mazzolari che ha vissuto “da prete povero, non da povero prete”. Ed ha evidenziato che “la credibilità dell’annuncio passa attraverso la semplicità e la povertà della Chiesa”. Solo così si potrà riportare “la povera gente” nella loro Casa e non facendo proselitismo, atteggiamento che “non è cristiano”:
Fare tesoro della lezione di Don Mazzolari, non ignorare più pastori così. “Siate orgogliosi – ha dunque detto rivolgendosi direttamente alla comunità di Bozzolo – di aver generato ‘preti così’, e non stancatevi di diventare anche voi ‘preti e cristiani così, anche se ciò chiede di lottare con sé stessi, chiamando per nome le tentazioni che ci insidiano, lasciandoci guarire dalla tenerezza di Dio”: “Se doveste riconoscere di non aver raccolto la lezione di don Mazzolari, vi invito oggi a farne tesoro. Il Signore, che ha sempre suscitato nella santa Madre Chiesa pastori e profeti secondo il suo cuore, ci aiuti oggi a non ignorarli ancora. Perché essi hanno visto lontano, e seguirli ci avrebbe risparmiato sofferenze e umiliazioni”.
Francesco ha dunque concluso il suo discorso riprendendo una preghiera di Don Mazzolari sulla misericordia di Dio: “Nessuno è fuori della salvezza, o Signore, perché nessuno è fuori del tuo amore, che non si sgomenta né si raccorcia per le nostre opposizioni o i nostri rifiuti”. Dopo il suo lungo e appassionato discorso, Francesco ha visitato la sagrestia della parrocchia, l’umile studio di Don Mazzolari, dove gli sono stati mostrati alcuni ricordi e opere di Don Primo. Quindi, prima di lasciare Bozzolo per Barbiana, ha voluto salutare e benedire i tanti fedeli presenti nella piazza davanti la parrocchia di Don Primo e oggi anche di Papa Francesco.