La conversione di S. Francesco: un messaggio per la nostra vita

Nella vita di S. Francesco a un certo punto avviene un cambiamento radicale: la vita vissuta fin lì non ha più sapore, le allegre compagnie non lo attraggono più, le feste, i canti di prima, non gli dicono più niente… È evidente che in lui è avvenuto qualcosa di nuovo che noi chiamiamo conversione. Lui stesso nel Testamento dice: “uscii dal secolo” (FF 110).
Chiama la vita di prima “essere nei peccati” e la caratteristica di questa vita era che la vista e l’incontro con i lebbrosi era “troppo amara”. Ma la misericordia di Dio volge lo sguardo su di lui, lo incontra proprio in questa sua debolezza e trasforma l’amarezza in dolcezza: da questo incontro riceve una novità che lo cambia profondamente e lo fa uscire dal “secolo”, dal mondo, da una vita mondana.
Ci domandiamo che cosa abbandona Francesco in questo svincolo fondamentale della sua vita. Come ci dicono i suoi biografi non sembra che Francesco facesse una vita peccaminosa, che fosse schiavo del vizio.
Solo nella “Vita Prima” Tommaso da Celano lo descrive “fu allevato fin dall’infanzia in modo dissoluto secondo la vanità del mondo” (FF 317). È giusto supporre che qui il Celano, più che seguire i fatti, stia seguendo lo schema di chi narrava la vita dei Santi che tendevano a descrivere con tinte oscure la vita prima della conversione. Difatti lo stesso Celano nella Vita Seconda parla di “generosità d’animo e integrità morale” del giovane Francesco. (FF 583). Più o meno tutti i biografi concordano con la Vita Seconda, mettendo in risalto soprattutto la sua generosa compassione verso i poveri (cf. FF 589. 1027. 1330. 1397).
Quando il Padre, Dio onnipotente e bon Signore, interviene nella vita di Francesco, porta in lui una novità, cambia il centro della sua vita: Gesù Cristo diventa il centro, la cosa più importante. L’amicizia con Lui è così cercata che diventa il tesoro prezioso della sua vita. Per aprirsi una strada in lui la misericordia di Dio passa attraverso i suoi stessi desideri, nei suoi sogni di grandezza: lì Dio si rende presente, lo incontra nei suoi progetti. Ecco dunque il sogno di Spoleto, una scena cavalleresca, piena di luci e di abiti scintillanti. Ma lì Francesco incontra una persona che lo ama e la sua vita inizia a cambiare.
Quando nel suo Testamento afferma “e dopo uscii dal secolo” cosa intendeva dire? Cosa era il secolo o il mondo, la vita e la mentalità mondana da cui usciva?
Francesco da che cosa si liberava? I biografi concordano che fosse amante delle feste, nella quali amava primeggiare, che avesse progetti di gloria, in particolare che sognava un successo nella carriera militare, che si vestisse con abiti sfarzosi… In altre parole, Francesco guardava solo se stesso e riferiva tutto al suo io. I suoi progetti erano tutti orientati ad edificare il suo ego, il suo successo, la sua gloria. Era malato di autocentrismo. E questo – effetto del peccato in noi – lo teneva prigioniero, non lo faceva essere se stesso, non faceva fiorire la sua vita secondo il progetto di Dio Creatore.
L’incontro con il lebbroso segnò la sua uscita verso i fratelli: abbracciando questo fratello, il più scartato dalla società, spezzò la barriera che gli impediva di andare verso gli altri, imparò l’amore agli altri. La grazia dello Spirito Santo fece sperimentare a lui una dolcezza particolare e da quel momento amò tutti specialmente i più poveri e i più scartati e abbandonati.
Un altro incontro incise profondamente nella sua vita: l’incontro con il Crocifisso che lo chiamò per nome e diede una risposta alla frequente invocazione che usciva dalle sue labbra soprattutto quando era solo in qualche grotta o nel folto di una foresta a pensare e pregare: “Chi sei tu, Signore mio e chi sono io?”. Gesù crocifisso a S. Damiano parlò con lui, lo incontrò, gli fece sperimentare tutto il suo amore e tutta la sua vicinanza.
Francesco esce così da sé stesso: il centro della sua vita è ormai Gesù Cristo e tutto fa non per se stesso ma per i fratelli.
Nella sua vita aveva iniziato il cammino di conversione che durerà tutta la sua esistenza: a diciotto anni di questo cammino ricevette il sigillo delle Stimmate e a venti anni, alla Porziuncola, sciolto da tutto, l’uomo beato si addormentò nel Signore (cf. FF 1386.1387).

p. Lorenzo Di Giuseppe

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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