Nell’ambito dell’EcoEvento, promosso dal 4 al 18 ottobre dal Comune di Adrano con l’Assessorato all’Ambiente e l’Assessorato alla Pubblica Istruzione, il 4 ottobre, festa di S. Francesco, la Scuola di Pace “Frate Jacopa” ha partecipato alla manifestazione prevista con la compresenza degli “Orti di Pace” presso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente di Adrano. All’incontro – aperto col saluto dell’Assessore Prof. Chiara Longo e della Preside dell’Istituto Prof. Maria Pia Calanna – sono intervenuti con Lucia Baldo, che ha presentato il suo libro “Gli orti di Predazzo”, il presidente reg. della Fraternità Francescana Nino Lo Monaco e la presidente nazionale Argia Passoni, di cui pubblichiamo nel riquadro l’intervento introduttivo

CopL’edificio scolastico in cui si è tenuto l’EcoEvento si trova al centro di un parco naturale che costituisce una scuola all’aperto per gli alunni dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura che, grazie al quotidiano contatto con la terra coltivata, vivono una situazione privilegiata rispetto a tanti loro coetanei costretti ad abitare in grandi città cementificate e soffocate dal traffico. Gli studenti e i loro professori hanno ascoltato con attenzione la presentazione del libro “Gli orti di Predazzo”, dimostrando che, nonostante la distanza che separa il Trentino dalla Sicilia, il richiamo al valore delle tradizioni locali e alla salvaguardia della propria identità culturale, costituisce un forte elemento di attrazione e di interesse.
Aprirsi all’altro aiuta non solo ad ampliare i propri orizzonti, ma a prendere maggiormente coscienza, attraverso il confronto, delle diversità e peculiarità di ciascuno, dalle quali può scaturire un reciproco arricchimento culturale per una globalizzazione delle differenze, opposta alla globalizzazione dell’indifferenza oggi dilagante.
Ai giorni nostri la natura è diventata straniera. Si acquistano i prodotti della terra nei supermercati in luccicanti confezioni plastificate. Non si sa più quali siano i prodotti di stagione, non c’è più nessun contatto con “madre terra”; si cerca soprattutto di massimizzare i profitti. Ma non è puntando sulla quantità e su una coltura predatrice che la terra ci sarà madre.
Un’agricoltura d’avanguardia oggi dovrà ricuperare le sane tradizioni tramandate da una generazione all’altra, ma non potrà limitarsi a una sorta di ritorno al passato, poiché dovrà avvalersi altresì delle nuove conoscenze scientifiche, avendo cura di esercitare un utilizzo critico di tutte le tecniche agronomiche, vecchie e nuove.
Le consociazioni di piante (come il porro e la carota) consentiranno un processo di crescita favorevole a entrambe, mentre saranno da evitare consociazioni sfavorevoli che potrebbero rallentare questo stesso processo di crescita. Trasformando l’ambiente in modo da renderlo uno spazio abitato (in molte lingue il verbo “abitare” ha la stessa radice del verbo “vivere”) e, perciò, umanizzato, l’orto si impregna di significati collettivamente rilevanti che rendono possibili esperienze di solidarietà paesana in cui gli uni sopperiscano alle carenze degli altri (nel libro il personaggio di Maria si rende disponibile a coltivare gratuitamente un orto non suo, al posto dei proprietari che si sono trasferiti in città). E, anche se i rapporti di vicinato non sono sempre idilliaci, ma possono essere turbati da invidie e pettegolezzi, tuttavia nell’insieme il libro ci presenta l’orto come luogo di educazione al senso del limite oltre che al rispetto della vita propria e altrui, nel contesto di una comunità rasserenata e pacificata.
Il contatto fisico del bambino con la madre (maternage) è necessario fin dai primi giorni di vita perché il bambino sviluppi atteggiamenti biofili, ovvero positivi, costruttivi e non necrofili o distruttivi (bullismo, vandalismi…).
Anche il contatto fisico con la terra sentita come madre, produce comportamenti biofili. L’ortolano è così allo stesso tempo figlio e madre della terra, perché oltre a trarre da essa alimento e sostentamento, matura un atteggiamento di cura e di difesa della vita che pulsa in essa.
Nel libro l’orto è presentato come il luogo privilegiato di intervento dell’uomo sulla natura che non deve essere considerata un feticcio intoccabile. Un certo modo di coltivare l’orto è indice di un uso rispettoso della terra, mirante a salvaguardare il suo benessere che coincide con la salute di chi fruisce dei suoi prodotti. Anche la gestione dei boschi deve mirare al benessere delle piante e dell’intero territorio (fauna, suolo…), piuttosto che a intenti speculativi volti unicamente al profitto.
Quando la pianta sarà “matura”, dovrà essere tagliata, a conclusione del suo ciclo vitale, non prima. Tuttavia per compiere questa operazione si dovranno seguire criteri che non alterino l’equilibrio ambientale complessivo. Il taglio dovrà essere tanto grande quanto necessario e tanto piccolo quanto è possibile.
Tutti i personaggi del libro sono animati dal rispetto per la terra, che è loro connaturale. Ed è proprio questo a conferire al libro un’atmosfera di serenità, improntata ad atteggiamenti di fattiva collaborazione, di fiducia e di voglia di vivere. Il tempo è vissuto con intensità: dalla semina al raccolto si vive in pienezza l’attesa che non coincide con la noia insopportabile del vuoto, ma corrisponde a un tempo in cui si espletano pratiche di coltura volte a rendere la festa del raccolto più gioiosa e ricca di soddisfazioni. Il presente viene vissuto come risultato di una preziosa eredità fatta di saperi antichi che vanno perpetuati, ma è anche proteso verso un futuro carico di prospettive che saranno più o meno appagate, ma diverranno comunque sempre una vera palestra di vita. In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, penso sia urgente restituire a tutti, ma soprattutto ai più giovani, un po’ di speranza e di fiducia in un mondo migliore.
È stato significativo e non da imputare al caso che l’incontro sia avvenuto nel giorno della festa di S. Francesco, poiché il patrono degli ecologisti è un valido punto di riferimento per imparare a custodire la terra e non a considerarla come un “mucchio di rifiuti sparsi a caso” (Eraclito di Efeso, 535 a. C. ca. – 475 a. C. ca.) o come una materia inerte fatta di cose morte di cui poter abusare, noncuranti di produrre degrado e inquinamento di ogni tipo nonostante siano già palesi i segni di ribellione che la terra ha incominciato a riversare contro di noi, restituendoci amplificati i danni che le abbiamo arrecato.
Per S. Francesco la terra è “madre” e “sorella”, cioè nostra consanguinea, come tutte le creature, in quanto proviene, come noi, dal Creatore. Se ci rivolgeremo a lei come a un organismo vivente e nostro pari, saremo sicuri non solo di non danneggiarla, ma soprattutto di aiutarla a produrre il meglio di sé, a livello qualitativo, e con bellezza: “Laudato sie, mi Signore,/ per sora nostra matre terra,/la quale ne sustenta et governa,/ et produce diversi fructi/con coloriti fiori et herba” (Cantico di frate sole).
Al termine dell’incontro, dopo un breve dibattito, gli organizzatori hanno offerto un assaggio dei prodotti locali della terra, contribuendo ad allestire uno spazio di prossimità, di incontro, di ospitalità, in spirito di gratuità. Ci auguriamo che questa iniziativa sia foriera di nuovi sviluppi che aprano soprattutto le nuove generazioni a un futuro di speranza e di pace.

Lucia Baldo