La vera pace dello spirito
Secondo Scheler la persona umana differisce dagli altri soggetti viventi nell’avere uno spirito che, come il vento, dà vita al suo operare e alle sue scelte consentendogli di superare i condizionamenti dell’ambiente in cui si trova. E differisce nell’avere un corpo che è il campo espressivo dello spirito.
img160 (4)Nel suo cammino esistenziale indicato nella Lettera ai Fedeli la persona è posta da S. Francesco davanti ad un bivio: o porre se stessa al centro delle proprie scelte, rifiutando di essere condizionata da legami con altri o porre Cristo al centro e farsi così dimora dello Spirito del Signore (cfr. FF 178/1; 200).
La prima strada egocentrica è seguita da coloro che non vogliono fare penitenza per convertirsi, per uscire da sé e perciò sono dominati dalla carne, intesa come realtà di chi si abbandona in balia solo delle proprie forze e delle proprie certezze. Secondo la Lettera coloro che seguono questa strada possiedono la sapienza carnale. “Non hanno la sapienza dello Spirito, poiché non hanno il Figlio di Dio in sé che è la vera sapienza del Padre” (FF 203).
La seconda strada cristocentrica è seguita da coloro che, attraverso la penitenza, desiderano convertirsi e avere la sapienza spirituale, cioè avere il Figlio di Dio in sé.
Per capire il cristocentrismo francescano è fondamentale la V Ammonizione dove il Santo invita l’uomo a considerare il privilegio, rispetto alle altre creature, di essere simbolico dell’infinito in quanto il suo corpo è stato creato a immagine del corpo di Cristo e il suo spirito a similitudine dello spirito di Cristo (cfr. FF 153). Grazie a questa simbolicità l’uomo comprende se stesso nella misura in cui rimanda all’infinito da cui proviene e a cui è unito.
“La grandezza [dello spirito dell’uomo] consiste nell’essere similitudine del Figlio di Dio e la povertà nell’essere solo similitudine del Figlio di Dio…
Essendo solo similitudine del Figlio di Dio, il nostro spirito non è principio e luce di se stesso, e perciò non è neppure fine a se stesso. Pertanto il nostro spirito è essenzialmente debitore: riguardo al suo principio, alla sua luce, al suo fine” (V.C. Bigi, Il lavoro e l’operare negli Scritti di S. Francesco, Ed. Porziuncola, 1994, p. 49).
Esso non può trovare in sé il suo compimento né la vera pace. Quella pace che fa cantare al mondo la letizia di S. Francesco: “Oh come è santo e bello e ammirabile avere in cielo uno Sposo! Oh come è santo, come è caro, piacevole e umile, pacifico e dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello…” (FF 201).
La realizzazione del nostro spirito, e perciò la sua vera pace, non deriva dal compimento del dovere per il dovere, né dall’accrescimento di conoscenze teoriche, ma dal rapporto personale con Cristo che, come ci raccontano i discepoli di Emmaus, fa ardere il cuore di coloro che lo ascoltano camminando con Lui.
Se attraverso l’ascolto comprenderemo l’aridità del nostro cuore potremo ricevere un cuore nuovo e trovare la vera pace dello spirito in un continuo ricominciare per rispondere a Lui che ci ha parlato per primo.

Ascolto e povertà di spirito
L’importanza dell’ascolto è posta in rilievo nella parabola del seminatore. Affinché il seme della Parola dia frutto è necessario che il terreno sia buono, cioè che l’ascolto sia attento. Lo afferma in modo incisivo l’evangelista Marco che, dopo aver esaminato i vari motivi (incomprensione, superficialità, preoccupazioni del mondo, seduzione delle ricchezze, affetti disordinati) per cui il seme non fruttifica, ci dice: “Fate attenzione a quello che ascoltate” (Mc 4,24), poiché a chi ascolta la Parola sarà dato, mentre a chi non l’ascolta sarà tolto anche quello che ha.
S. Francesco riprende la stessa parabola nella Regola non Bollata dove afferma che la Parola è seminata nel “cuore”, perciò la sua comprensione dipende dalla purità di cuore di “coloro che, ascoltando la Parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza” (FF 58).
Il Santo mette in guardia da una religiosità apparente, alimentata dalla “malizia e dall’astuzia di Satana il quale non vuole che l’uomo abbia la mente e il cuore rivolti a Dio; e desidera, circuendo il cuore dell’uomo con il pretesto di ricompensa o di aiuto, togliere e soffocare la Parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell’uomo attraverso le cose e le preoccupazioni di questo mondo e abitarvi” (FF 59).
Per evitare tutto ciò il Santo chiede ai frati di volersi fare poveri di spirito per poter accogliere la Parola: “allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno”, servano, amino, adorino, onorino “il Signore Iddio con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose” (FF 60).
La qualità dell’ascolto è fondamentale per poter comunicare con lo spirito del Signore e per essere santificati, come Gesù pone in rilievo nella preghiera rivolta al Padre: “E le parole che desti a me, le ho date a loro; ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro e non per il mondo. Benedicili e santificali. E per loro io santifico me stesso, affinché siano santificati nell’unità, come lo siamo noi. E voglio, o Padre, che dove io sono ci siano anch’essi con me, affinché vedano la mia gloria nel tuo regno” (FF 201).

Graziella Baldo

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ISSN 1974-2339