La Fraternità Francescana Frate Jacopa, con la collaborazione della parrocchia S. Maria Goretti in Bologna, in occasione della Decennale Eucaristica ha organizzato degli incontri di riflessione. Riportiamo la sintesi della relazione presentata, nell’ottobre 2012, da Sr. Lorella Mattioli… (Suore Terziarie della Beata Angelina).

La mensa è il luogo dove la famiglia cresce. È scuola di relazioni. Se viviamo bene lo stare insieme a tavola, possiamo vivere bene anche l’Eucaristia. Gesù ha scelto il banchetto eucaristico, proprio perché ha trovato in esso l’occasione migliore per rimanere con noi. Per questo bisogna spegnere la televisione quando si è a tavola. C’è un altro protagonista che esprime le implicanze umane e affettive proprie della condivisione della mensa!
In questa relazione presenterò uno spaccato di vita familiare che ci aiuterà a comprendere in modo plastico e suggestivo il cammino di approfondimento che va dalla famiglia al mistero della famiglia, per non vivere in modo banale e superficiale, ma per addentrarsi profondamente nelle cose alla ricerca del senso, con l’aiuto di Gesù, lo “scavatore” che ci aiuta ad andare in profondità.
famiglia-eucaristiaIl mistero è qualcosa di molto profondo, perché entra nell’orbita di Dio. In quello che noi viviamo, c’è anche una dimensione divina. Perciò si tratta di passare dalla famiglia al mistero della famiglia, per entrare alla Cena del Signore. In questo modo la tavola si trasfigura e diventa la mensa del Signore.
Quando ci sediamo a tavola, celebriamo e compiamo il mistero della comunione familiare. La famiglia è amore, comunione, unità (o almeno dovrebbe esserlo). Tutto quello che si fa in famiglia non segue la logica del profitto, del guadagno. Il pasto in famiglia è un dono che non si paga. La legge che governa la famiglia è la gratuità. Purtroppo, però, il mondo cerca di sfasciarla, perché segue una logica completamente diversa, quella dell’utile individuale, del profitto.
La famiglia pone al centro il bene della persona, legato alla qualità delle relazioni che noi viviamo. A tavola la famiglia celebra e compie la propria comunione. Se non si è in comunione, non si riesce a stare insieme a tavola. Allora la televisione serve per distrarsi.
L’Eucaristia è una tavola che dovrebbe celebrare la comunione di famiglie in parrocchia. A tavola ci si nutre di comunione e di amore, più che di pane.
Il pasto è, prima di tutto, presenza. Quest’affermazione potrebbe apparire scontata, ma non lo è in un mondo virtuale, come quello in cui viviamo.
Inoltre è nella natura del pasto l’essere destinato a tutti. Esso racchiude un messaggio di uguaglianza. Anche l’Eucaristia è per tutti, perché tutti devono essere nutriti nella vita, anche quelli che momentaneamente sono assenti.
Quando manca qualcuno alla mensa, gli si mette il piatto in caldo in attesa del suo ritorno. Nelle Marche c’è l’usanza di benedire la mensa prima del pasto, ricordando i defunti che hanno fatto parte della famiglia, per i quali si recita insieme la preghiera dell’“Eterno riposo”.
L’invito a pranzo, comunque lo si dia, è rivolto a tutti i componenti della famiglia, così come le campane della chiesa invitano tutti alla S. Messa. La famiglia nel momento del pranzo è la tavola. Non dovrebbe essere la stessa cosa nell’Eucaristia? Inoltre il pasto è un sacrificio sia del mondo animale sia di quello vegetale. Ma c’è anche il sacrificio della persona che dona il suo tempo, il suo lavoro. Come poteva Gesù meglio che con il pasto eucaristico esprimere il sacrificio della sua persona?
Gesù ha portato a compimento quello che a livello umano c’era già, perché il pasto di per sé è sacrificio. Dopo la morte di mia madre, mangiare i cibi che lei aveva preparato, per me è stato difficile, perché questi cibi non erano solo cose, ma esprimevano la sua tenerezza, il suo amore, la sua sollecitudine per me.
I genitori nutrono i figli con la loro vita. Un amore maturo dà generosamente, si prende cura con responsabilità dell’altro. Proprio perché il pasto è un dono di me stesso, è un nutrimento della mia vita relazionale, affettiva; proprio perché è sacrificio, nutre la mia vita in senso fisico e affettivo. Quando si è soli si mangia di meno.
Il dialogo che avviene a tavola ci nutre. Quando invochiamo la benedizione del Signore sulla mensa, dovremmo chiedere non solo la benedizione del cibo, ma anche del nostro stare a tavola, cioè del dialogo, della conversazione perché ci nutra.
Se sentiamo che i nostri genitori non stanno nutrendo la nostra vita, rifiutiamo il cibo (da qui problemi quali: l’anoressia, l’abulimia…). In colui che viene nutrito si richiede fiducia in colui che nutre. Se non c’è amore, il cibo diventa indigesto. In ultima analisi, nutrirsi è accettare che la vita, l’amore ci venga da qualcun altro. Pensiamo all’Eucaristia: in essa accettiamo che tutta la nostra vita provenga da Dio. Questo non è un atto di autosufficienza, ma di fede, perché sappiamo di ricevere tutto da un Altro (da Dio), ma anche dagli altri (dai nostri genitori). A tavola ci si nutre sempre d’amore.
Il pasto è convivialità, gioia di gustare la vicinanza di tutti. Ma perché questo accada occorre che nei rapporti ci sia una riconciliazione. Non si può stare a tavola, se non si è riconciliati. Nella prima parte della Messa si dice: “Confesso a Dio onnipotente”. Non si può partecipare all’Eucaristia se non c’è almeno il desiderio di riconciliarsi.
Gli unici privilegiati a tavola sono i deboli, gli ammalati, gli anziani. La tavola è una grande scuola di vita, di umanità, mentre noi, solitamente, emarginiamo queste persone.
Se c’è tutto questo, allora il pasto diventa crescita d’amore, di comunione. Dopo un pasto ci si sente più uniti. A tavola cadono le barriere, si parla con più facilità, si sciolgono le tensioni.
La tavola è una terapia: se vogliamo parlare ai nostri figli, dobbiamo farlo a tavola. Gesù ha fatto i suoi discorsi più belli a tavola. Qui le cose si trasformano in essere, in affettività, in comunione di spiriti. Non è questo che avviene nell’Eucaristia? In essa Gesù trasforma il pane e il vino in se stesso.
La famiglia seduta a tavola per mangiare è una metafora dello stare insieme delle persone. A tavola si impara a rapportarsi con gli altri, perché abbiamo imparato il sacrificio, la presenza, il dono (da accogliere e da offrire), l’uguaglianza, il perdono, la convivialità. E siamo più pronti a vivere con gli altri questi valori.
Per la famiglia cristiana la mensa ha sempre un riferimento all’Eucaristia. Essa è una sorta di Eucaristia implicita. Ma lo stare insieme a tavola attende di raggiungere la pienezza nella Cena eucaristica in parrocchia.
(a cura di Lucia Baldo)