p. Lorenzo Di Giuseppe

img72Le opere di Dio sono apportatrici di gioia, di letizia, di pace profonda. Quello che viene dal mondo genera vuoto e tristezza; a volte anche una gioia fragorosa, superficiale che poi alla fine si riduce in vuoto e amaro in bocca. La gioia che viene da Dio invece gene- ra in noi generosità, ottimismo, vita nuova.
L’Incarnazione e la Nascita del Messia tra noi è la grande opera di Dio che noi celebriamo in questo tempo del Natale: il Figlio di Dio, per la potenza dello Spirito Santo, prende da Maria natura umana e diventa un uomo come noi. Solo Dio poteva fare una meraviglia così grande e noi possiamo esclamare: niente è impossibile a Dio!
Fin dal primo momento dell’Incarnazione l’ angelo invita “Rallegrati Maria!” Gioisci Maria: cose grandi il Signore ha fatto in Te, in Te è iniziato ad esistere il Figlio di Dio in una natura umana. Il Padre ha deciso di dare inizio al grande mistero della Incarnazione. La presenza di Gesù ancora piccolo feto in Maria fa gioire e sobbalzare di gioia Giovanni Battista, anche lui ancora nell’utero di Elisabetta.
E quando Gesù nasce a Betlemme i pastori, uomini rudi ed incolti, sono incaricati di accogliere e di far esplodere la gioia di tutta l’umanità. “Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. E subito i pastori si dissero: Andiamo fino a Betlemme! E trovarono il bambino con Maria e Giuseppe. Dopo averlo visto “i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto!”.
La nascita di Gesù come un piccolo bambino del tutto identico a noi ci fa toccare con mano l’amore del Signore che viene per condividere la nostra vita: non solo viene ad aiutarci e a perdonarci ma viene per essere in pienezza l’Emmanuele, il Dio totalmente con noi, che cammina con noi, che condivide la fatica dell’esistenza, che è sempre accanto a noi e noi possiamo guardare al suo volto e riscoprire in lui le ragioni della speranza. Come ai pastori di Betlemme anche a noi è presentato un bambino come altri bambini, e l’incontro con lui ci riempie di gioia.

Il Natale dall’inizio fu sempre un giorno di letizia. Il nostro padre S. Francesco ha portato un accento nuovo alla gioia del Natale. Le Fonti Francescane ci dicono: Era imminente il giorno del S. Natale. Quell’anno cadeva di venerdì e i  frati discutevano insieme di non mangiare carne. Francesco prese la parola e disse a frate Morico: “Tu pecchi, fratello, a chiamare venerdì il giorno in cui è nato per noi il Bambino. Voglio che in un giorno come questo anche i muri mangino carne, e se questo non è possibile, almeno ne siano spalmati all’esterno”. Voleva che in questo giorno i poveri e i medicanti fossero saziati dai ricchi, e che i buoi e gli asini ricevessero una razione di cibo e di fieno più abbondante del solito. Voleva anche che per le vie si spargesse frumento e granaglie affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne avessero in quantità (cf FF 787 s.). E nel Natale del 1223 decise di organizzare una ‘rappresentazione viva’ della nascita di Gesù, convinto che, potendo ‘vedere’ con i suoi occhi, avrebbe avuto modo di comprendere ancora più a fondo questo mistero.
Quando giunse il giorno della festa così viene descritta: ”e giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza” (FF 469). E la notte della festa: “Il santo di Dio è lì estatico di fronte alla mangiatoia, lo spirito vibrante pieno di devota compunzione e pervaso di gaudio ineffabile”.
La festa del S. Natale riempiva di gioia incontenibile il padre S. Francesco e “al disopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano” (ibidem). A Greccio, nella notte del S. Natale l’immagine del Bambino Gesù tenuta in braccio dal diacono Francesco a qualche persona apparve come se prendesse vita.
L’esperienza di S. Francesco pose stabilmente le fondamenta di un legame perenne tra Natale e gioia e letizia.

La storia sarebbe andata avanti sempre uguale se non fosse intervenuto Dio a “fare una cosa impossibile”, addirittura a venire incontro a noi, abbassandosi, discendendo fino ad “assumere la carne della nostra fragile umanità” per diventare nostro fratello. E questo nessun uomo poteva neppure immaginarlo. Questo ha fatto la misericordia e la creatività amorosa di Dio nell’evento del Santo Natale.
La nascita di Gesù che celebriamo a Natale è per tutti noi la certezza che Dio ci ama ed ha cura della nostra vita e vuole seminare in noi la sua speranza e la sua gioia.
Come non rivolgerci in atteggiamento di lode e di rendimento di grazie al Signore?Dio ha accolto, in Te (Gesù, anche noi,uomini e donne del terzo millennio. Non ha guardato alle nostre contraddizioni, alle nostre infedeltà, ai nostri squilibri. Anzi ha mandato Te, suo Verbo, per guarircene. Ti accolga il mondo e nel cuore di tutta l’umanità nasca il rifiuto di ogni barriera di razza, di ideologia, di intolleranza e sorga la speranza di un vivere fraterno e veramente umano”
(Giovanni Paolo II).
Buon Natale

IL PRESEPE DI GRECCIO

È degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore… Il beato Francesco lo chiamò a sé e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, prece- dimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occa- sione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti, portando ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introdu- cono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero… Il Santo è lì estatico di fronte al prese- pio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio… Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali e canta con voce sonora il santo Vangelo.. Poi parla al popolo e con parole dolcissi- me rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme… Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visio- ne prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria… (FF cap. XXX).