“Chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro. Tutto assorbito nell’amore di Dio, Francesco scorgeva perfettamente la bontà di Dio non solo nell’anima splendente di ogni perfezione di virtù, ma anche in ogni creatura. E per questo si volgeva con singolare e caldo affetto alle creature, particolarmente a quelle in cui vedeva la traccia di una qualità di Dio…” (FF 46; 1813).

creatujpegFrancesco d’Assisi celebra l’universo in quanto luogo della presenza del sacro in cui tutto ciò che esiste viene nobilitato e trova il suo senso. Nell’accettazione della propria creaturalità e nella celebrazione della dignità dell’essere creatura non si accontenta di lodare Dio per le sue creature ma nel cuore stesso della realtà materiale scopre un cammino di luce verso l’Altissimo, una nuova sapienza per abitare la terra.
L’imparare ad abitare la terra investe il problema dell’esistere dell’uomo, riguarda tutto l’uomo perché il rapporto con il creato non è qualcosa di esterno a lui. Non si può rinnovare la visione del mondo e utilizzarne le risorse in modo fraterno e responsabile, se non si rinnova la visione dell’uomo. Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un problema antropologico.
L’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della originaria donazione delle cose da parte di Dio, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione per rendere la terra una casa bella e gioiosa per tutti.
Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire.

Percorsi “In cammino per la custodia del creato” – Stili di vita per un nuovo vivere insieme –
Frate Jacopa, Assisi 10 nov. 2013.
A cura di Maria Rosaria Restivo