4° Incontro del ciclo “Il tempo della cura”

Prof. Marco Mascia durante il suo intervento

Proponiamo il testo integrale della riflessione del Prof. Marco Mascia (Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova) tenuta domenica 24 gennaio 2021 nel 4° incontro del Ciclo “Il tempo della cura. Vivere con sobrietà, giustizia, fraternità”, promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S.Maria Annunziata di Fossolo in Bologna. La riflessione, con uno specifico focus sui diritti umani, completa l’attenzione data nel mese di gennaio all’importante Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale della Pace, a partire dalla presentazione delle linee guida dello stesso Messaggio ad opera di Mons. Mario Toso “La cultura della cura come percorso di pace”.

Grazie alla Fraternità Francescana Frate Jacopa per questo invito a riflettere sul Messaggio della Giornata Mondiale della Pace, la 54ª Giornata Mondiale della Pace. In questo nuovo Messaggio Papa Francesco riprende temi a lui molto cari a partire dalla Laudato si’ fino all’enciclica “Fratelli tutti” dello scorso ottobre. La nostra riflessione si soffermerà sulla seconda parte del Messaggio, dato che Mons. Mario Toso, nella sua introduzione di alcune settimane fa, si è soffermato in particolare sulla prima parte delMessaggio.
Nella presentazione di questo nostro incontro veniva evidenziato giustamente come la crisi del Covid 19 abbia trovato un terreno fertile nell’aumento della povertà, delle disuguaglianze e delle discriminazioni, nella crisi climatica, nell’aumento di conflitti e più in generale nelle estese violazioni dei diritti umani in ogni parte del mondo.
Possiamo addirittura parlare di una pandemia di disuguaglianze che dobbiamo curare, e per fare questo dobbiamo proteggere i diritti umani, tutti i diritti umani, i diritti economici, sociali e culturali, ma anche i diritti civili e politici. In altre parole in questa epoca così tragica, abbiamo bisogno di un nuovo contratto sociale planetario che sappia promuovere l’eguaglianza e uno sviluppo sostenibile per le persone e per il pianeta. Per questa conversazione abbiamo estratto dal Messaggio del Papa questa frase: “La cura come promozione della dignità e dei diritti della persona”.

1. DIRITTI E RESPONSABILITÀ
In questa prima parte ci soffermiamo sul tema “diritti e responsabilità”. Papa Francesco nel suo Messaggio scrive così: “Ogni persona umana è un fine in se stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità, ed è creata per vivere insieme nella famiglia, nella comunità, nella società, dove tutti i membri sono uguali in dignità. È da tale dignità che derivano i diritti umani come pure i doveri, che richiamano ad esempio la responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati, ogni nostro prossimo, vicino o lontano nel tempo e nello spazio.”
Qui troviamo subito un collegamento tra le parole di Papa Francesco e la Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
L’ articolo 1 della Dichiarazione Universale recita così: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. L’art. 1 della Dichiarazione Universale va letto insieme all’ art. 29, che richiama il tema dei doveri: “Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.” In questi due articoli 1 e 29 ritroviamo un po’ la bussola di cui parla Papa Francesco nel Messaggio. Quindi la dignità, i diritti, l’eguaglianza ma anche la responsabilità. Perché è importante tenere insieme diritti e responsabilità?
La responsabilità è un termine molto più ampio del termine dovere. Il dovere è un obbligo, è una legalità “subita”, mentre la responsabilità è una legalità “agita”. Non implica solo il rispetto delle regole e dei propri doveri, ma anche e soprattutto la volontà di partecipare, la volontà di agire in prima persona per l’attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e nella nostra Costituzione repubblicana. Pensiamo all’art. 2 che riprende questo concetto contenuto nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Ecco la responsabilità.
Oggi non basta rivendicare i diritti, dobbiamo fare i conti con le nostre responsabilità. Queste responsabilità sono personali e collettive. C’è una responsabilità per tutti, dal più piccolo al più grande; c’è una responsabilità delle persone, c’è una responsabilità delle istituzioni.
Diciamo c’è una responsabilità “dal quartiere all’ONU”. Quando parliamo di diritti umani e di responsabilità la questione si collega in maniera significativa al tema della cittadinanza e dei diritti di cittadinanza. Quindi è difficile pretendere l’adempimento di doveri da parte di coloro ai quali non sono riconosciuti i diritti, pensiamo per esempio agli immigrati regolarmente residenti in Italia che lavorano, pagano le tasse, ma non hanno il diritto di elettorato attivo e passivo. Ciò che intendo sottolineare è che i diritti sono innati, come recita l’art. 1 della Dichiarazione Universale dei diritti umani, e dai diritti scaturiscono i doveri, scaturisce una responsabilità individuale e collettiva.
Questa interdipendenza, questa interconnessione tra diritti e responsabilità, è particolarmente evidente, emerge in tutta la sua forza, proprio in questo periodo di pandemia di coronavirus. Essere responsabili vuol dire prendersi cura di se stessi ma anche degli altri, significa prendersi cura della comunità, dell’ambiente in cui siamo inseriti.
Voglio citare a questo proposito una Dichiarazione delle Nazioni Unite che riprende sostanzialmente lo spirito del Messaggio di Papa Francesco ed è la dichiarazione del 9 dicembre 1998 sui difensori dei diritti umani. Il titolo di questa Dichiarazione è “Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società, di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali, universalmente riconosciuti”.
All’art. 1 si afferma il principio che “Tutti hanno il diritto individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani, delle libertà fondamentali a livello nazionale e internazionale”. Questa Dichiarazione è molto importante, sia perché tiene insieme diritti e doveri, diritti e responsabilità, sia perché ci dice che i diritti umani non hanno confine, ci legittima ad agire a livello nazionale ed internazionale per promuovere e proteggere i diritti umani. Ogni individuo collettivamente o singolarmente ha il diritto di tutelare i diritti umani a livello nazionale ed internazionale. I diritti umani non hanno confini, Papa Francesco lo esplicita molto chiaramente nel suo Messaggio.

2. LA BUSSOLA PER UNA ROTTA COMUNE
Altro elemento significativo del Messaggio è il richiamo alla “bussola” per una rotta comune. La grammatica della cura – dice Papa Francesco – ha le sue radici nei diritti umani (la bussola) e nella responsabilità di ciascuno sia come singolo, sia come parte di una comunità. Qui si apre un’ulteriore questione. Papa Francesco invita “i responsabili delle Organizzazioni internazionali e dei governi, del mondo economico e scientifico, della comunicazione sociale, delle istituzioni educative, a prendere in mano la bussola dei principi sociali da cui attingere la grammatica della cura. La promozione della dignità di ogni persona umana, i diritti umani, la solidarietà con i poveri e indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato”. La bussola che ritroviamo nell’art.1 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Continua il Messaggio: “La bussola dei principi sociali, necessaria a promuovere la cultura della cura, è indicativa anche per le relazioni tra le Nazioni, che dovrebbero essere ispirate alla fratellanza, al rispetto reciproco, alla solidarietà e all’osservanza del diritto internazionale. A tale proposito vanno ribadite la tutela e la promozione dei diritti umani fondamentali che sono inalienabili, universali e indivisibili”.
Perché i diritti umani sono inviolabili ed inalienabili? Sono inviolabili ed inalienabili perché sono innati. Noi nasciamo con un corredo di diritti fondamentali. Il legislatore nazionale e internazionale riconosce i diritti fondamentali, ma non li attribuisce. La dignità umana è valore fondativo dell’ordine mondiale e di qualsiasi altro ordinamento, a qualsiasi livello. Questo passaggio, che è rivoluzionario per l’ordine internazionale, lo ritroviamo nel preambolo della Dichiarazione Universale dei diritti umani, dove si afferma che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. È la dignità umana che sta a fondamento dell’ordine mondiale, e non la sovranità dello Stato.

3. LA DIGNITÀ UMANA A FONDAMENTO DELL’ORDINE MONDIALE, E NON LA SOVRANITÀ DEGLI STATI
Questo tema è molto caro a Papa Francesco e lo ritroviamo nell’enciclica “Fratelli tutti” dove si afferma: “Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale.
Bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale.” Sono parole fortissime. La sovranità del diritto deve prevalere in questo mondo, in questa società così violenta e belligena, sulla sovranità dello Stato. La Dichiarazione universale richiama nel Preambolo la centralità del diritto per la costruzione della pace: “Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo”.
Il Messaggio di Papa Francesco riprende ed elucida ulteriormente concetti che ritroviamo nella Laudato si’ e in Fratelli tutti. Nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco, richiamando la Pacem in terris, guarda all’Organizzazione delle Nazione Unite come a quella istituzione che ha il compito di mantenere pace e sicurezza a livello internazionale. L’Organizzazione delle Nazioni Unite, vale a dire l’istituzione e la Dichiarazione Universale dei diritti umani, ovvero la legge, sono segni dei tempi che vengono indicati nella Pacem in Terris. Nell’enciclica Fratelli tutti al n°173 il Papa riprende questo tema e dice: “In questa prospettiva, ricordo che è necessaria una riforma sia dell’organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni. Senza dubbio ciò presuppone limiti giuridici precisi per evitare che si tratti di un’autorità cooptata solo da alcuni paesi, e, nello stesso tempo, impedire imposizioni culturali o una riduzione delle libertà essenziali delle nazioni più deboli a causa di differenze ideologiche”. Infatti, quella internazionale è una comunità giuridica fondata sulla sovranità di ogni Stato membro, senza vincoli di subordinazione che ne neghino o ne limitino l’indipendenza.
Papa Francesco con il Messaggio “La cultura della cura come percorso di pace” pone l’attenzione sulla cura non soltanto di noi stessi, delle persone che ci stanno vicine, degli altri, della nostra comunità, ma anche delle istituzioni democratiche.
Oggi le istituzioni democratiche stanno vivendo una crisi profonda all’interno dei sistemi di più antica tradizione democratica. Anche le istituzioni internazionali multilaterali stanno vivendo una crisi altrettanto profonda; sono state un po’ abbandonate dai governi in un momento in cui, di fronte a sfide globali, si sente sempre più l’esigenza di avere istituzioni globali democratiche, per rispondere al coronavirus, alla crisi migratoria, alla crisi economica, alla crisi climatica. Sono tutte sfide globali e noi abbiamo bisogno di istituzioni che siano in corretto rapporto di scala con l’ordine di grandezza di queste sfide che abbiamo davanti.
Questa consapevolezza ancora non c’è nella classe dirigente a livello mondiale. Sentiamo dire che c’è bisogno di istituzioni globali, ma non si agisce coerentemente per dar seguito questa affermazione.

4. LA PAROLA “FRATELLANZA”
Un’altra parola che ritorna nei Messaggi e nella grammatica di Papa Francesco, e anche in questo bellissimo Messaggio, è la parola fratellanza. Cito questo passaggio: “Gli eventi che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo Messaggio ‘La cultura della cura come percorso di pace’, cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto, dello scontro oggi spesso prevalente”.
Ebbene, il nuovo diritto internazionale dei diritti umani che ha preso forma con la Carta delle Nazioni Unite del 1945 ha aperto la porta all’ingresso della parola fratellanza nella grammatica dell’ordinamento giuridico internazionale e nell’agenda politica a raggio globale. Il riferimento è al secondo paragrafo dell’art. 1 della Dichiarazione Universale dei diritti umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (corsivo aggiunto). Nel contesto del nuovo diritto internazionale dei diritti umani, fratellanza – scrivevaAntonio Papisca – significa amore fraterno. Con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale ha affermato Papisca “la civiltà dei diritti ha incontrato ed abbracciato la civiltà della fratellanza con l’impegno a declinare questa nei termini della cittadinanza inclusiva e della pace positiva”. La civiltà della fratellanza significa, come dice Papa Francesco, cultura dell’accoglienza, cultura dell’inclusione, significa vicinanza, una parola su cui il Papa insiste moltissimo.Vicinanza alle persone, vicinanza anche alle istituzioni senza le quali non ci può essere tutela dei diritti fondamentali.
Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, fa riferimento al Buon Samaritano, un passaggio questo che ritengo particolarmente efficace. Nel §79 dice: “Il samaritano della strada se ne andò senza aspettare riconoscimenti e ringraziamenti, la dedizione al servizio era la grande soddisfazione davanti al suo Dio e alla sua vita, e per questo un dovere. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo e di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano con quell’atteggiamento solidale, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano”.
I difensori dei diritti umani sono tutti coloro che in ogni parte del mondo operano, agiscono per difendere la dignità umana, la eguale dignità di tutti gli esseri umani. E’ bene ricordare che i diritti umani sono sia civili e politici, sia economici, sociali e culturali, e vanno letti alla luce del principio della loro interdipendenza e indivisibilità. In altre parole, stato di diritto e stato sociale sono due facce della stessa medaglia. Là dove sono violati i diritti civili e politici sono violati anche i diritti economici, sociali e culturali e viceversa. Promuovere la cultura della cura significa promuovere la cultura dell’accoglienza, dell’inclusione, della solidarietà, della vicinanza e quindi la cultura dei diritti umani.

5. QUALI SONO GLI OSTACOLI CHE LA CULTURA DELLA CURA INCONTRA PER RADICARSI IN QUESTA SOCIETÀ “MALATA”?
Papa Francesco non soltanto in questo messaggio ma anche in altri messaggi e interventi li ha elencati con forza. Il primo sicuramente è la mondializzazione dell’economia che, oltre ad impoverire il pianeta, genera insicurezza, emarginazione, conflittualità anche violenta, a livello sia locale sia internazionale.
Le conseguenze di questo processo contribuiscono in modo significativo anche ad accentuare la crisi della capacità di governance degli Stati mettendo a rischio sia la pace sociale all’interno degli Stati, sia la pace internazionale. Nell’era dell’interdipendenza e della globalizzazione pace sociale e pace internazionale sono strettamente collegate.
Un altro ostacolo all’affermazione della cultura della cura, è rappresentato dal rilancio della cultura della pace negativa, quindi all’insegna di “se vis pacem para bellum”, che significa anteporre la legge del più forte, alla forza della legge, come diceva Papa Giovanni Paolo II. Significa aumentare le spese militari, questione che Papa Francesco continua a denunciare; significa boicottare il funzionamento delle istituzioni multilaterali, significa subordinare i principi dell’economia di giustizia alle regole del libero mercato selvaggio e alla speculazione finanziaria. Queste miopi politiche degli Stati costituiscono altrettanti ostacoli all’affermazione della cultura della cura, sono illegali ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani.
Nel Messaggio della Giornata Mondiale della Pace Papa Francesco dice: “Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace, dello sviluppo umano integrale, la     lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari, anche per questo messo in luce dai problemi globali dell’attuale pandemia e dei cambiamenti climatici”. Ricordiamo che il 22 gennaio è entrato in vigore con la 50ª ratifica il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, firmato dalla Santa Sede, ma non dall’Italia e dalla maggior parte dei paesi membri dell’UE (gli unici che l’hanno firmato sono Austria e Malta). Naturalmente tutti i paesi nucleari non hanno aderito a questo Trattato.
Così scrive papa Francesco: “Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che si impiegano nelle armi e in altre spese militari, un fondo mondiale per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri.” Il collegamento immediato è agli Obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. I dati che abbiamo, a cinque anni dall’avvio di questo processo, ci dicono che siamo molto lontani ancora dal raggiungere gli obiettivi che i governi si erano dati nel settembre del 2015. E non dimentichiamoci che gli obiettivi di sviluppo sostenibile riprendono gli obiettivi di sviluppo del millennio lanciati nel 2000, che non furono raggiunti dai governi degli Stati membri delleNazioniUnite. Ingenuamente potremmo dire che basterebbe dirottare 2000 miliardi di dollari, che sono le spese militari globali del 2019, sulla sicurezza delle persone, sulla salute, sull’occupazione, sulla sanità per uscire da questa crisi. Abbiamo una classe dirigente a livello globale avulsa dai valori umani universali, poco coraggiosa, spesso corrotta, senza una visione, che non sa guardare al di là della prossima scadenza elettorale.
Però è anche vero che il futuro dei diritti umani, quindi il futuro dell’affermazione di una cultura della cura, non sta tutto nelle mani dei governanti. Sta anche nelle mani dei governati, delle organizzazioni della società civile, dei gruppi di volontariato, delle parrocchie, dei movimenti sociali transnazionali, tutte forze che promuovono, che difendono, che informano, che educano, quindi che agiscono aldilà e al di sopra delle frontiere. Forze che operano al positivo, nel segno della progettualità, della solidarietà, dell’inclusione, nel segno appunto della cura. Qui ritorna il tema forte di Papa Francesco della responsabilità. Noi non possiamo delegare ai nostri governanti: ciascuno di noi singolarmente, in gruppo, in associazione con altri deve, e ha oggi l’obbligo giuridico – oltre che etico morale – di promuovere la cultura della cura; questo deriva anche dal fatto che c’è un diritto internazionale che obbliga a prendersi cura delle persone, dei popoli, delle istituzioni, dell’ambiente.

6. EDUCARE ALLA CULTURA DELLA CURA
Infine Papa Francesco affronta il tema dell’educazione per “educare alla cultura della cura”. Qui il Papa afferma: “La promozione della cultura della cura richiede un processo educativo e la bussola dei principi sociali costituisce a tale scopo uno strumento affidabile per vari contesti tra loro correlati.
L’educazione alla cura nasce dalla famiglia. Altri soggetti preposti all’educazione sono la scuola e l’Università […] Essi sono chiamati a veicolare un sistema di valori fondati sul riconoscimento della dignità di ogni persona, di ogni comunità linguistica, etnica, religiosa di ogni popolo e dei diritti fondamentali che ne derivano. L’educazione costituisce uno dei pilastri di società più giuste e solidali”.
Scuola e Università insieme possono e devono rilanciare lo spirito della Dichiarazione Universale dei diritti umani, forti del mandato che la stessa Dichiarazione affida loro quando nel preambolo afferma che ogni individuo, ogni organo della società, deve sforzarsi di promuovere con l’insegnamento e l’educazione il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, di garantirne l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto. L’insegnamento e l’educazione sono gli strumenti principali per prevenire le violazioni dei diritti umani.
La sentenza di un Tribunale, di una Corte, indispensabile ovviamente, è successiva ad una violazione dei diritti umani. L’educazione e la formazione invece rappresentano la via maestra per prevenire queste violazioni. Antonio Papisca, quando parlava con gli studenti e gli insegnanti, sottolineava spesso che coloro che insegnano, educano e formano per i diritti umani, la pace, la solidarietà, sono ancora più importanti, se possibile, dei Capi di Stato o di governo e dei giudici. A sottolineare l’importanza di questo compito di garanzia primaria dei diritti fondamentali c’è anche una serie di articoli contenuti in Trattati internazionali a partire dall’art.13 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che dice che l’educazione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana, del senso della sua dignità e deve mirare a rafforzare il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali. C’è un mandato che è scritto nei Trattati internazionali, c’è un obbligo giuridico a educare alla pace e ai diritti umani, a educare alla cultura della cura.

7. ESEMPI POSITIVI PER UNA CULTURA DELLA CURA
Concludo con alcuni esempi positivi. Il primo è quello relativo alla diffusione dell’insegnamento dei Diritti umani nelle Università italiane. L’“Annuario italiano dei diritti umani 2020” pubblicato dal. Centro Diriutti Umani dell’Università di Padova censisce 153 insegnamenti sui diritti umani in 43 Università italiane. È un dato particolarmente significativo se si considera che le Università all’inizio erano chiuse rispetto al sapere dei diritti umani. Non è stato semplice introdurre nell’ordinamento universitario italiano l’insegnamento dei diritti umani e far capire che i diritti umani sono un sapere accademico, scientifico al pari di qualsiasi altro sapere. Oggi i 153 insegnamenti lo attestano ed è apertamente riconosciuto. Altro dato positivo è costituito dalla decisione presa dalla Conferenza dei Rettori delle Università italiane di istituire la “Rete delle Università per la Pace”.
Vi hanno aderito finora 50 atenei italiani e l’obiettivo della Rete è proprio quello di promuovere la riflessione sulla responsabilità sociale di tutte le discipline, e quindi l’attenzione alla costruzione e al consolidamento della pace con mezzi pacifici, come vocazione costitutiva dell’Accademia e come perno dell’attività di ricerca, dell’attività didattica e della cosiddetta “terza missione”.
Altro elemento che ci conforta in questo periodo è il ruolo della scuola, degli enti locali e delle organizzazioni della società civile nel nostro paese. Per esempio, la Rete Nazionale delle Scuole per la Pace, il coordinamento nazionale degli Enti locali per la Pace e diritti umani, la Scuola di alta formazione “Educare all’incontro e alla solidarietà della LUMSA di Roma” e il Centro Diritti Umani dell’Università di Padova da alcuni anni hanno lanciato, a seguito della Laudato si’, una serie di programmi formativi sul tema della cura. E il programma “Io ho cura”, lanciato nel 2019 rivolto alle Scuole di ogni ordine e grado, ha avuto veramente una partecipazione straordinaria da parte di insegnanti delle Scuole di ogni ordine e grado. Sono più di 150 le Scuole coinvolte e abbiamo fatto un bellissimo evento insieme il 10 dicembre u.s. in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani.
La cura è essenziale per attuare i diritti umani riconosciuti nella nostra Carta Costituzionale e nel Diritto internazionale dei diritti umani e la scuola è il luogo principale della cura educativa dei nostro giovani. È dalla scuola e dall’università che può partire unmovimento capace di rimettere la cultura della cura al centro dell’attenzione della nostra società.

Prof. Marco Mascia
 Centro di Ateneo per i Diritti Umani
“Antonio Papisca” e Cattedra Unesco
“Diritti umani, Democrazia e pace”,
Università di Padova

 

IO HO CURA

Programma nazionale di educazione civica e di educazione alla cittadinanza digitale per le scuole di ogni ordine e grado. Un programma per educare alla cura di sé, degli altri, della comunità e del pianeta. Per mettere la scuola al servizio della comunità e promuovere la costruzione dei patti educativi territoriali, al tempo del Covid19.
La cura è insieme un modo di “essere” e di “agire”. La cura è prestare attenzione, rispettare, ascoltare, sentire, esserci, dare tempo, sentirsi responsabili, agire con delicatezza, mostrare comprensione, procurare all’altro ciò di cui ha necessità, dare conforto, condividere, avere coraggio.
La cura è essenziale per attuare i diritti umani e la nostra stessa Costituzione. Imparare a prenderci cura di noi stessi ma anche degli altri, della comunità in cui viviamo, dell’ambiente naturale e del pianeta, cambia la vita, trasforma la realtà, realizza i diritti umani, costruisce comunità, rende felici.
Ma come si impara a prendersi cura di sé, degli altri e del mondo in cui viviamo? Come si comincia? Quali esperienze e quali esercizi possono aiutarci a ri-scoprire l’importanza della cura? In che modo la scuola può contribuire a formare persone capaci di prendersi cura della propria vita e di quella degli altri, del piccolo e del grande, del vicino e del lontano? Da quali esperienze positive possiamo prendere esempio?
La scuola è il luogo principe della cura educativa dei nostri giovani sin dall’infanzia. È qui che si deve cercar di rispondere a queste domande. È da qui che deve partire un movimento educativo capace di rimettere la cultura della cura al centro della nostra società.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
pubblicazione riservata