La custodia del creato va assunta come tema centrale per la vita credente e per l’esistenza delle nostre comunità: lo ha sottolineato più volte papa Francesco, a partire dalla grande omelia programmatica del 19 marzo, fino al messaggio per la Giornata mondiale della pace del gennaio 2014. In tale direzione va il percorso di ricerca avviato fin dal 2009 dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e dal Servizio nazionale per il Progetto culturale, assieme alle due associazioni teologiche, ATI (Associazione teologica italiana) e ATISM (Associazione teologica per lo studio della morale), coordinato da S. Morandini. Esso mira all’approfondimento etico e teologico del tema, ma anche a ricercare prospettive per la formazione pastorale in quest’ambito.
Come notava don Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale, è in quest’ultima direzione che guardava il seminario svoltosi il 31 gennaio 2014 presso la sede CEI di via Aurelia, su Liturgia e catechesi per una pastorale del creato: a comprendere quale contributo possano offrire tali ambiti della vita credente ad un’educazione dei fedeli alla cura della terra. Negli interventi dei relatori e nel ricco dibattito da essi suscitato, sono sono emerse prospettive importanti in tal senso.

LA LITURGIA: LA RICCHEZZA DEI TESTI. Dedicata alla liturgia, la mattinata, aperta dall’intervento del professor Loris Della Pietra, dell’Ufficio liturgico della diocesi di Udine su Creato/creazione nei testi liturgici. Una ricchezza da valorizzare. «Se un’influente tradizione spirituale – ha egli osservato – ha condotto alla disistima delle realtà corporee e naturali, la sapienza liturgica ha sempre saputo coinvolgere gli elementi della natura». Nelle «azioni del bagnare/essere bagnati, dell’ungere/ essere unti, del bruciare e dell’illuminare, del mangiare e del bere», essi divengono «simbolo, e dunque rimando significativo, via di accesso, al mistero e al suo dono di grazia ».
eucarestiajpegI testi liturgici (dal Messale alla Liturgia delle ore, fino ai preziosi testi del Benedizionale) evidenziano nella logica celebrativa il riferimento ad una creazione buona, pur in attesa del compimento della redenzione realizzata nel mistero pasquale.
Lo vediamo nella veglia pasquale, con la dialettica luce-buio, con il cero (e la cera, frutto del lavoro dell’ape), con l’acqua: elementi del creato coinvolti nella celebrazione di un rinnovamento in Cristo, che ha una portata cosmica. «Tutta la creazione assurge a simbolo di realtà grandiose e gli elementi naturali vengono accolti e risignificati»: è «la notte in cui ciò che è invecchiato viene riportato alla sua bellezza originaria». La stessa logica nella celebrazione dell’eucaristia: «elementi naturali coltivati dall’uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue (…), in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo». Il pane e vino – dono di Dio e opera delle mani dell’uomo – segnalano quella «sinergia tra creazione e lavoro, natura e cultura», che trova la sua massima espressione nell’offerta al Creatore, perché divengano corpo e sangue del Signore.
Meno praticato dalle comunità, ma anche più ricco di potenzialità, il Benedizionale: la pratica del benedire dice di «un rapporto attivo e contemplativo con la realtà ambientale e cosmica», di «un’ecologia illuminata dalla sapienza che viene dall’alto». I testi presenti in esso cantano di un Creatore operante in tutto il cosmo: «Sii benedetto, Dio onnipotente, creatore del cielo e della terra: noi riconosciamo la tua gloria negli immensi spazi stellari e nel più piccolo germe di vita che prorompe dal grembo della terra madre. Nelle vicende e nei ritmi della natura tu continui l’opera della creazione. La tua provvidenza senza limiti si estende alle grandi ere cosmiche e al breve volgere dei giorni, dei mesi e degli anni. Ai figli dell’uomo, fatti a tua immagine e rigenerati in Cristo a vita nuova, tu affidi le meraviglie dell’universo e doni loro il tuo Spirito, perché, fedeli interpreti del tuo disegno di amore, ne rivelino le potenzialità nascoste e ne custodiscano la sapiente armonia per il bene di tutti».
Un testo paradigmatico nell’indicare come, in una società ormai lontana da un rapporto diretto con la natura, la liturgia possa orientare ad una «conversione sincera di ritorno all’uomo nel creato». Una mistagogia che recuperi la capacità del linguaggio creaturale di parlare del Creatore fa anche crescere un cuore rinnovato, capace di vivere la custodia della terra nella luce della fede.

LITURGIA: TRA ORIENTE ED OCCIDENTE. Un approfondimento nello stimolante intervento del professor Luigi Girardi, preside dell’Istituto di liturgia pastorale S. Giustina di Padova e presidente dell’Associazione professori e cultori di liturgia (APL), su Il linguaggio della creazione nell’orizzonte sacramentale della liturgia. iTra Oriente e occidente. Anche qui la riflessione prendeva le mosse dalla resistenza offerta dalla liturgia al rischio di «svalorizzazione della materia» e di «spiritualizzazione della salvezza», in un’esperienza della relazione con Dio che è sempre «tramite il corpo e il creato». È un’esperienza che non proviene dal creato, ma da Dio; nell’incarnazione del Figlio e nella forza dello Spirito, però, è proprio esso che viene a noi come creato rinnovato, con nuova potenzialità donata ad esso.
La relazione ha esplorato le differenti modalità con cui tale spiritualità liturgica è stata vissuta nella Chiesa orientale e in quella occidentale.
L’approccio “sacramentale” dell’Occidente ha sottolineato sì la dimensione materiale del creato, ma l’ha interpretata in una prospettiva un po’ razionalista, esponendosi al rischio di «una certa riduzione del creato a “segno esterno”», di «un rapporto più “rarefatto” con gli elementi del creato», di «un loro utilizzo in termini didascalici». L’Oriente, al contrario, ha decisamente inserito il creato in una prospettiva escatologica ed eucaristica: lo stesso «mondo delle creature è chiamato a divenire il ricettacolo della divinità, a divenire parte di una liturgia cosmica»; nella celebrazione «l’energia divina scende dal cielo per operare la divinizzazione dell’uomo», facendolo partecipare – con tutto il cosmo – alla vita di Dio. Il rischio qui è piuttosto quello di una sottovalutazione della dimensione storica, quasi smarrita dinanzi all’irrompere dell’eterno.
Due sensibilità che non vanno pensate come contrapposte, ma colte piuttosto – in prospettiva ecumenica – nelle reciproche potenzialità di arricchimento, per una più ricca esperienza liturgica del dono del creato, per un’efficace formazione alla cura della terra.

CATECHESI ED EDUCAZIONE. Complementare, al pomeriggio, l’ampio intervento del prof. Flavio Pajer, docente presso la Pontificia università Salesiana, centrato sulla dimensione educativa e sull’esigenza di passare da una generica sensibilità ecologica ad una formazione a consapevoli assunzioni di responsabilità. Il problema si pone in modo particolarmente acuto per «una secolare tradizione “catechistica” abituata a tradurre in categorie ascetico-morali soggettive» questioni strutturali. Ma la stessa sfida interessa anche l’insegnamento scolastico (con la varietà delle discipline coinvolte) e in specie l’Irc.
Pajer ha indicato alcune polarità che possono orientare a tale passaggio: globalità e località, doveri e diritti, ecologia ed ecosofia, prevenzione e restaurazione. La metodologia del vedere-giudicare-agire può d’altra parte essere fruttuosamente rimodulata in quest’ambito come conoscere-valutare-scegliereverificare. Si tratta di istanze che attendono ancora di essere applicate in modo esteso, ma non mancano neppure esperienze pilota già in atto. Significativo in tal senso il modello di itinerario catechistico del Québec; strutturato su cinque “racconti fondamentali”, vede i primi due decisamente centrati sul mistero del creato: il racconto di una terra amata, visitata e abitata da Dio; il racconto della genesi della vita e del destino dell’universo. Abbiamo bisogno di tentativi come questo – “post-moderno”, benché “ancora fragile” – per introdurre alla fede in forme nuove, suscitandola «in connessione con gli interrogativi che la condizione umana si pone di fronte all’universo, riconoscendolo come dono che gratifica ma, insieme, come compito che responsabilizza».
Il seminario ha concluso efficacemente questa fase dell’elaborazione congiunta che ha visto cooperare soggetti teologici e pastorali e che sarà ripresa nel convegno che si terrà il 12-13 settembre 2014 a Torino.

Simone Morandini

1 Cf. Proporre la fede ai giovani oggi. Una forza per vivere, a cura dell’Assemblea dei vescovi del Québec, Elledici 2001 (ed. or., Fides, Montréal 2000).

creatojpegSIMONE MORANDINI
“QUALE CASA ACCOGLIENTE” – VIVERE IL MONDO COME CREAZIONE – EMP, 2014

Residuo di un’epoca premoderna? Espressione puramente mitica, priva di significato reale? Ad uno sguardo più attento parlare di creazione – come fanno i cristiani – si rivela invece una potente chiave interpretativa, che illumina il senso del mondo in cui viviamo, casa accogliente da abitare con saggezza e responsabilità. Per scoprire tale densità occorre certo ascoltare testi complessi e confrontarsi col portato della riflessione scientifica contemporanea (dalla cosmologia alla biologia evolutiva). Occorre soprattutto, però, assumere una prospettiva autenticamente teologica, che sappia raccordare il discorso sulla creazione con quello sulla cristologia e la Trinità. Questo saggio disegna un percorso articolato in tal senso, con un fitto dialogo tra i contributi delle diverse chiese cristiane e un’attenzione viva e partecipe alla cultura contemporanea