Incontro con S.E. Card. Matteo Zuppi

La Domenica delle Palme ha visto rinnovarsi l’ormai tradizionale incontro di S.Em. il Card.Matteo Zuppi con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo e la Fraternità Francescana Frate Jacopa per il 7° Incontro del Ciclo “Dall’io al noi” sul tema della pace.
Il dramma enorme dei fatti di guerra in atto, ha sottolineato il Parroco Don Culiersi nel suo saluto, ci ha risvegliato dalla nostra sostanziale indifferenza rispetto ai tanti drammi che si vivono nel mondo e ci ha posto davanti a un fatto sconvolgente che riguarda le radici cristiane dei popoli che sono in guerra. Ne è emersa una ferita non solo culturale, storica, ma anche religiosa, che sembra mettere a dura prova la fraternità espressa anche dal punto di vista religioso del dialogo ecumenico e interreligioso. Siamo dunque particolarmente grati per questa bella possibilità di confronto.
Argia Passoni, unendosi al saluto di Don Stefano, ha ricordato come “la pace non può essere l’equilibrio della paura” e ha posto alcuni interrogativi. Se l’unica vera soluzione è il dialogo, come poterlo mettere in atto di fronte ad un persistente dilagare di atti sempre più disumanizzanti? Come non sentirci chiamati in causa nella comunione ecclesiale, ecumenica e nel rapporto interreligioso ad alimentare la speranza della pace? Tutto questo ci interpella in modo straordinario: abbiamo bisogno di agire insieme nella storia perché tutti gli uomini possano sentirsi fratelli!. Tutto sembra richiamarci con forza al fatto che la costruzione della pace non può essere episodica, esige l’educarci alla pace, esige una cura costante, personale e comunitaria. E’ questo un tempo per guarire dalla nostra ignavia, dalla nostra incapacità di mettere a frutto nella preghiera e nella convocazione ecclesiale, ciò che il Signore ci ha donato. Siamo desiderosi – ha proseguito Passoni – di essere aiutati a comprendere quali i passi da compiere per dire il nostro sì al farsi della pace, alle istanze della pace poste anche nelle nostre mani. Ancor più di fronte al cambiamento epocale in atto dove si tratta di rigenerare la scelta perseverante della pace! Come suffragare istituzioni di pace che possano seriamente rispondere a questo cambiamento epocale e rendere possibile un futuro di pace?
L’intensa riflessione che ne è seguita da parte dell’Arcivescovo – di cui proponiamo una sintesi nelle pagine a seguire – si è conclusa con un ricco dialogo a cui ha fatto seguito un sentito corale grazie a S. Eminenza, ben sottolineato dalle parole conclusive del Parroco e Assistente della Fraternità. “Ringrazio per questo pomeriggio consolante di conversazione sulla pace dopo tanti discorsi di guerra. Molto interessante tener presente di non motivarci contro qualcosa ma motivarci a favore di qualcosa e avere ben chiaro che la Chiesa non è neutrale: la Chiesa è per la pace! Ringrazio in particolare di un pensiero che senz’altro sarà prezioso anche per questa Settimana Santa nel passaggio dall’io al noi come una vocazione. Il Signore ci chiama a questo esodo, a questa uscita da noi stessi, perché il pensiero molto concentrato su di sé, intimorito, giustificato da tante cose, è in realtà una tomba della nostra vita. E noi risorgiamo nel momento in cui ci apriamo con un esodo di liberazione da questa tomba e cominciamo ad entrare davvero nel Regno di Dio che ci fa guardare agli altri e al mondo con occhi di fraternità. Sarà senz’altro un’importante comprensione della Pasqua in questi giorni che vogliono rinchiuderci nella paura e nell’avidità di pensare a se stessi”.

Nell’ambito del Ciclo “Dall’io al noi” promosso la Domenica delle Palme dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo S.Em. il Card. Matteo Zuppi con grande amabilità ha proposto una intensa riflessione sul tema della pace e della dimensione ecumenica e interreligiosa, di drammatica attualità in questo tempo dove siamo di fronte alla guerra in atto in Ucraina.
L’importante riflessione, attraverso il filo conduttore del “ricordare” nel suo profondo senso etimologico “riportare al cuore” ci ha riportato alle radici della nostra umanità e della nostra vocazione. S. Eminenza ci ha chiamato innanzitutto a guardare il volto della guerra: tutte le guerre sono fratricide!
Sono sempre tra fratelli, figli dell’unico Dio che ha donato la vita per tutti. Un invito a guardare la tragicità della guerra attraverso immagini che esprimono le sofferenze dell’umanità, quali icone dolorose assunte dalla croce di Cristo. E a riportare al cuore l’incommensurabile dono della sua Pasqua e la consapevolezza che Gesù ha assunto la nostra condizione e combatte con noi quei mali che affliggono l’umanità.
Un riportare al cuore che riguarda il passaggio “dall’io al noi” come nostra vocazione. La nostra vocazione infatti è in quella realizzazione del “noi”, non un noi singolare (massificante) ma un noi plurale, dalle molte voci, dai molti volti, dalle molte mani.
Siamo fatti per la relazione, per l’amore, se non c’è questo passaggio dall’io al noi, c’è un impoverimento dell’umano perché la persona è costitutivamente relazione.
“Che cosa possiamo fare dinanzi al dramma della guerra?” si è chiesto il Card. Zuppi. Innanzitutto “pregare tanto”: riportare al cuore l’importanza della preghiera, che è la prima cosa, non l’ultima.
La preghiera che nella com-passione – perché l’altro è qualcuno che mi riguarda – può generare un bene enorme. La preghiera che diventa fonte dell’operare, così come è fonte del discernimento nello Spirito che tutto questo richiede per individuare le strade della pace. Dalla preghiera sgorgano le opere: ospitalità, accoglienza, la promozione della dignità dell’altro che abbraccia ogni livello.
Papa Francesco – ha proseguito l’Arcivescovo – ci ha posto davanti alle prospettive della fede con la proposta della tregua pasquale fondata sul “nulla è impossibile a Dio” e con la bellissima Consacrazione a Maria, poichè abbiamo smarrito le vie della pace, dimenticato le tragedie del secolo scorso, disatteso l’impegno come comunità delle nazioni. Ci siamo ammalati di avidità, rinchiusi in interessi nazionalistici; ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza, paralizzare dall’egoismo, dimenticando che siamo custodi del nostro prossimo e della casa comune.
Occorre ricordare che la pace è di tutti e le ragioni della pace devono rinnovarsi. Quelle ragioni della pace messe magistralmente nelle nostre mani dalla Pacem in terris (1963) nella consapevolezza dell’impegno comune per la pace, riproposte all’Onu il 4 ottobre 1965 da Paolo VI, portatore di un messaggio di pace per tutta l’umanità (“mai più gli uni contro gli altri”) da cui sorsero le Nazioni Unite. Ragioni della pace riprese con lo straordinario incontro delle molte fedi promosso il 26 ottobre 1986 ad Assisi da Giovanni Paolo II, per attestare che nel grande impegno per la pace l’umanità deve attingere alle sue più profonde risorse in cui si forma la propria coscienza, in cui si fonda l’azione di ogni popolo. E il 4 ottobre 2020 sempre ad Assisi “Fratelli tutti”, l’Enciclica che ci aiuta a guardare con speranza al futuro. Nasce dalla parola di S. Francesco “Fratelli tutti, sia che siamo vicini, sia che siamo lontani”, questo documento che ci consegna l’impegno sia personale sia attraverso le religioni di essere una cosa sola (“Voglia il cielo che alla fine non ci siano più “gli altri,” ma solo un “noi”).
Riportarci alla disumanità della guerra ci chiama sempre più ad inoltrarci sulla strada della custodia della pace, a porre solide basi per la pace, a rigenerare in modo perseverante le vie della pace.
Le parole del Cardinal Zuppi hanno lasciato in noi un appello profondo alla nostra responsabilità, ad essere più radicati in ciò che è essenziale, a rispondere dei doni ricevuti da veri “cattolici”, chiamati a vivere tutto questo nella dimensione ecumenica e interreligiosa, ancora troppo flebile.
Si tratta di vivere questo tempo per guarire sulle strade della fraternità e della pace, interessandoci del farsi della pace nella cura spirituale e nell’essere dentro la vita sociale e civile per apprendere a divenire ponte, contribuendo a promuovere “nuovi patti di pace” sulle orme di San Francesco.

Argia Passoni

 

 

 

VOGLIA IL CIELO CHE ALLA FINE NON CI SIANO PIÙ “GLI ALTRI”, MA SOLO UN “NOI” (FT, 35-36)

Velocemente dimentichiamo le lezioni della storia, «maestra di vita». Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”.
Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare… Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato.
Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che «l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca».

“DALL’IO AL NOI” È LA NOSTRA VOCAZIONE

Dall’io al noi è la nostra vocazione, la mia, la vostra. Noi non siamo soli. Devo pensare la mia vita pensando a quella degli altri. È la vita, perché se “l’io” non trova il “noi”, sta solo ed è l’inferno. Nessun uomo è un’isola. Nessun uomo è completo in se stesso. Ogni uomo è una parte del tutto. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. Se non c’è questo passare “dall’io al noi”, c’è un impoverimento totale dell’umano. In questo nostro tempo è stato curato l’io, un io che sembra dover crescere a dismisura, tanto che non sappiamo più come curare l’altro. Ora l’io è importante ma l’altro rivela me stesso: non si tratta di sopraffare l’io, ma di dargli la possibilità di essere se stesso. È importante curare il proprio io, non è secondario, ma, se per fare questo l’io rompe il rapporto col noi, perde se stesso. Torniamo al peccato originale: è andare contro Dio pensare a se stesso e abbandonare il noi. Quando invece l’io trova il noi, trova l’amore, trova se stesso: troviamo il senso, troviamo la nostra santità, la nostra chiamata.

Dalla viva voce di S. Em. Card. Zuppi

Serve qualcuno che aiuti davvero a fare la pace, altrimenti si fa soltanto la guerra. Soltanto se siamo dei credenti, delle vere autorità morali, possiamo provare a fare la pace. La fede è debole e lo sarà sempre perché non è un potere di questo mondo.
Noi siamo deboli, debolissimi, ma dobbiamo essere forti, della vera forza dei credenti. Da credenti noi dobbiamo fare qualcosa di più non nella logica del potere di questo mondo, ma da credenti nella solidarietà, nell’amicizia, nell’intelligenza creativa … Pensiamo a S. Francesco, che all’epoca era un signore qualunque, e scriveva ai capi delle Nazioni …
Pensiamo al grande dono di essere cresciuti in una Chiesa cattolica. Di per sé proprio perché cattolici, certo apparteniamo ad una nazione, ma in primo luogo siamo fratelli: siamo cristiani prima di essere francesi, italiani, tedeschi … Quando succede il contrario è molto preoccupante. E, siccome le varie chiese qualche volta sono segnate dai problemi delle singole nazioni, ringraziamo che siamo cattolici e cerchiamo di esserlo davvero! Dobbiamo dialogare di più, essere più vicini. Serve più ecumenismo, non di meno, come qualcuno sembra credere.

Dalla viva voce di S. Em. Card. Zuppi

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata