famigliajpegSe diamo uno sguardo al passato, possiamo notare che la famiglia è stata valorizzata per la prima volta dal cristianesimo. Tuttavia nell’antichità troviamo qualche motivo di apprezzamento dell’istituto familiare in Aristotele il quale afferma che la famiglia serve perché fornisce individui alla società. A quest’ultima spetterà poi il compito di collocarli in modo che possano esercitare la giusta funzione.
Al di fuori di questa visione, nell’antichità la famiglia è deprezzata. Pensiamo ad Epicuro, a Platone, agli Stoici, ai Cinici… Questo vale anche per il mondo romano, che, però, grazie alla prevalenza del diritto, solleva la famiglia a una certa dignità.
La valorizzazione nuova della famiglia fatta dal cristianesimo, che poi si è diffusa nella cultura, consiste nello staccare la dignità della famiglia da una visione orizzontale.
Per il cristianesimo la famiglia ha in se stessa una dignità e non perché è funzionale per altri. Questo grande annuncio del cristianesimo si esprime nella dignità profonda dei singoli, in quanto sono persone e, quindi, hanno un proprio valore non come oggetti, ma come soggetti.
Finché la famiglia è stata collegata alla polis, è prevalsa una sua svalorizzazione. Quando, invece, dall’oggettività si è passati, con il cristianesimo, a considerare la soggettività, allora, si è cominciato a fissare la famiglia in se stessa.
Inoltre nel cristianesimo è valorizzato potentemente il vincolo della famiglia che era ignoto a tutta la speculazione antica: l’amore.
Emmanuel Kant dice che nella famiglia le diverse libertà s’incontrano. Questo significa considerare la via della soggettività, perché soggettività vuol dire libertà.
Quindi la famiglia non è un incontro di oggetti, e neppure incontro di un soggetto che ha sotto di sé vari oggetti, ma è un incontro di dignità pari, perché tutti i suoi componenti si muovono nell’ordine dei fini e non dei mezzi, in quanto sono centri di libertà.
Perciò possiamo dire che, grazie all’influsso del cristianesimo, anche in filosofia la famiglia ha incominciato ad essere considerata in se stessa e nella sua ricchezza interiore che la qualifica come comunione di libertà, di persone.
Proseguendo in questa via della soggettività Hegel pone l’attenzione sull’unità interiore che dà solidità alla famiglia e che costituisce un vincolo di altissima dignità a cui il filosofo dà il nome di amore.
Nel nostro tempo la valorizzazione della famiglia è approfondita mediante la filosofia personalista che, come ultima e lontana ispirazione, si collega al cristianesimo, ma ha uno sviluppo e una struttura propri. Essa pone la persona come nucleo ultimo di valorizzazione.
Questo fa sì che la famiglia sia studiata in se stessa, come una comunione di persone.

Lucia Baldo

Etimologia della parola “famiglia”

La parola “famiglia” deriva da “famulus”, “famulatus” che significa: servizio, servitù.
Nell’antichità il padre di famiglia aveva un potere di dominio verso la moglie, i figli e gli schiavi. Non c’era un’alterità tra padre, madre e figli; ma c’era un’unità che dominava una pluralità posta al suo servizio.
Nel cristianesimo, che è entrato nella cultura odierna, il servizio rimane nel suo valore ultimo, perché nella famiglia gli uni sono servi degli altri, collegati nel vincolo dell’amore.
Il potere come servizio proviene da Cristo che dice di non essere venuto per dominare, ma per servire. Quindi oggi noi non dobbiamo lasciare questo valore etimologico, ma interpretarlo in una dimensione che mette in rapporto persone che si servono a vicenda, perché si donano le une alle altre in un mutuo amore