Terra, foreste, acqua, miniere, energia: sui siti www.manitese.it – www.contrattoacqua.it puoi navigare con la mappa alla scoperta di alcuni tra i più importanti casi di accaparramento di risorse da parte di investitori privati e governi, in concorrenza tra loro in una corsa folle alimentata da un modello di sviluppo che si ostina a non considerare i limiti che la natura impone alla produzione di beni e servizi.

ACCAPARRAMENTO: NON SOLO TERRA –
Il fenomeno dell’accaparramento è diventato ormai generalizzato. A essere assorbite, accumulate e ammassate, infatti, sono tutte le risorse naturali, non solo la terra. E ciò avviene attraverso progetti molto diversi fra loro: si va dalle mega-dighe per la produzine di energia idroelettrica, come quella di El Quimbo in Colombia o di Maeshwar in India, all’estrazione di minerali e idrocarburi, come l’oro di Kumtor in Kyrgyzstan o il petrolio dell’Amazzonia in Ecuador. In altri paesi a essere oggetto del desiderio sono le terre fertili utilizzate per produrre biocarburanti. Come accade nelle piantagioni di jatropha in Madagascar o in quelle di olio di palma in Liberia. Le foreste sono invece protagoniste nelle piantagioni di teak in Sud Sudan e nei progetti pilota per la conservazione tramite il meccanismo REDD+ in Madagascar, Mozambico e Perù.

CACCIATORI DI RISORSE: GLI ATTORI PRINCIPALI –
Gli attori di questa caccia alle risorse sono a loro volta molti e diversi: grandi multinazionali, piccole società, istituti finanziari e di credito, società assicurative, fondi di investimento. Ma anche le istituzioni politiche italiane e internazionali hanno un peso determinante: molte delle politiche estere dell’Unione Europea e dei suoi stati membri creano infatti un quadro legale che invece che scoraggiare, o ancor meglio punire tali pratiche, finisce con agevolarle.

GLI EFFETTI SULLE COMUNITÀ LOCALI –
A giustificare questo tipo di investimenti sarebbero gli obiettivi: crescita economica, nuovi posti di lavoro, redditi più elevati e migliori servizi per le comunità locali. La mappa della giustizia ambientale, con i suoi casi di studio, dimostra che queste prospettive sono per lo più infondate o gonfiate in positivo. Al contrario, le comunità locali risultano il più delle volte impoverite, disgregate e in ultimo criminalizzate per le loro proteste contro l’esproprio di risorse.

LE NOSTRE RICHIESTE – Mani Tese e le altre organizzazioni partner del progetto “Grabbing development” chiedono all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di agire con urgenza per ridare piena sovranità ai popoli e alle comunità locali sulle loro risorse naturali, promuovere un modello economico e sociale rispettoso dei diritti umani e dei limiti imposti dalla natura e rendere le imprese europee pienamente responsabili, e quindi sanzionabili, per le violazioni perpetrate nei paesi più svantaggiati.

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