Intervento di Argia Passoni, Scuola di Pace “Frate Jacopa”

AdranoSiamo lieti di essere di nuovo ad Adrano come Scuola di Pace per questa bellissima iniziativa dell’EcoEvento promossa anche quest’anno dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Adrano. Lieti di essere qui nel giorno della festa di S. Francesco, una giornata simbolica anche per quanto riguarda la natura, essendo S. Francesco patrono degli ecologisti. Ed è bello ricordare che non è un comitato di credenti o di francescani ad aver richiesto il suo patrocinio, ma un gruppo internazionale di ecologisti, riconoscendo in S. Francesco una esemplarità guida per la risoluzione profonda dei problemi ambientali, un punto di riferimento per tutte le culture in ordine al rapporto col creato.
Lo spazio di questo EcoEvento ha un titolo speciale: “Esperienze didattiche verso un’economia sostenibile”, che porta in presenza il tema della sostenibilità. Quando parliamo di sostenibilità, parliamo di qualcosa di estremamente importante: della possibilità di sostenere la vita in tutte le sue forme.
Ora a che punto siamo a questo riguardo? Il modello di crescita consumistica e utilitaristica imperante dimostra di non avere futuro: non è sostenibile. Proseguendo in questa direzione, ormai tutti lo sappiamo, occorrerebbe ben più di un pianeta. L’impronta ecologica mondiale ci dice che quando arriviamo verso il mese di luglio di ogni anno, abbiamo già consumato il budjet naturale annuale ed andiamo ad erodere sempre più risorse non rinnovabili. E questo ha un impatto inesorabile sulla terra con le reazioni ormai evidenti (pensiamo solo ai cambiamenti climatici …) e un impatto terribile nell’immediato soprattutto sulle condizioni dei più poveri della terra, sottoposti ad eventi sempre più devastanti, in balia di ogni penuria di cibo e di ciò che è necessario alla vita.
Stiamo andando ad intaccare irreversibilmente il capitale della natura. Abbiamo così a rischio i beni comuni e con essi il bene comune, e dunque l’intero corredo dei diritti umani, a partire da quello primario dell’alimentazione. Che cosa ne deriva? Una grande responsabilità per un uso sostenibile della terra, compatibile con la vita delle generazioni future e di tutta la biosfera.
La sostenibilità è la bussola per ripensare il futuro nella interdipendenza delle relazioni tra uomo e natura, tra ecosistemi naturali e sociali. E questo presuppone nuovi modi di pensare il mondo e nuovi modi di stare nel mondo. C’è bisogno di modificare comportamenti sul piano personale e sociale in ambito economico, scientifico, tecnico, politico, sapendo che in questo ognuno ha una sua parte perché un futuro abitabile può essere costruito solo insieme. E sapendo che occorre mettere in campo il massimo di competenza, in una interazione tra i diversi saperi.
Ma quale può essere la molla che può far cambiare rotta? Perché di questo si tratta. E non è semplice! Abbiamo grossi ostacoli da superare: la mercificazione della vita in cui siamo immersi, il consumismo dilagante (che fa vedere la felicità solo nell’accumulo ed ha ormai nascosto la bellezza dell’essenziale), gli interessi che si muovono a livello globale, arrivando a rendere oggetto di speculazione finanziaria gli stessi beni di creazione (aria, acqua, cibo, terra). Tutto questo come si può superare se non c’è un cambiamento nel profondo? se non c’è una ritrovata armonia con la natura che permetta all’uomo di “coltivare” invece che di “dominare”?
E ciascuno è chiamato a passare dall’“io manipolatore” all’“io custode”, perché anche noi, quasi senza accorgercene, ci rapportiamo alla natura come a un oggetto, invece di sentirla come coessenziale alla nostra vita, invece di sentirla come nostra casa, casa di tutti gli uomini, da rendere ospitale e accogliente per tutti i popoli e per tutte le generazioni.
È molto bello che la riflessione di questa mattina voglia porre l’attenzione proprio su questo punto fondamentale: l’educarci ad un nuovo rapporto col creato! L’intento di due esperienze a confronto – “orti di pace” un’esperienza della Sicilia e “orti di Predazzo” un’esperienza del Trentino -, ha questo scopo.
Luoghi che sembrano così distanti, eppure si ritrovano nell’esigenza di fare e far fare esperienza del coltivare; coltivare certamente in senso fisico, ma anche in senso spirituale, culturale, a partire dal fare memoria di quei luoghi di relazione che sono gli orti, luoghi di educazione all’ attesa dei tempi della semina e della crescita, luoghi di contemplazione delle meraviglie della natura e della benedizione del Signore sul lavoro delle proprie mani.
L’augurio che ci facciamo nell’iniziare questo lavoro è che questo tempo di riflessione possa essere fruttuoso e offrirvi luci per una nuova sapienza dell’abitare la terra, di cui tutti abbiamo più che mai bisogno.