Il Papa torna sull’isola dell’Egeo dopo cinque anni per incontrare l’umanità ferita dei migranti e lancia il suo grido: non lasciamo che il “mare nostrum” diventi “mare mortuum”, il Mediterraneo è un cimitero senza lapidi. “Chi respinge i poveri, respinge la pace’, afferma, chiedendo nuovo impegno alla comunità internazionale: il futuro “sarà sereno solo se sarà integrato”.

Fermiamo questo naufragio di civiltà, non lasciamo che il mare nostrum diventi mare mortuum. Francesco lancia la dolorosa invocazione da Lesbo, isola simbolo della tragedia migratoria, della “catastrofe umanitaria più grave della seconda guerra mondiale” che già nel 2016 lo aveva accolto. Oggi il Papa di nuovo parla a questa umanità ferita, incrociandone gli occhi “carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime”.

Il Papa a Lesbo per avvicinare l’umanità ferita nella carne di tanti migranti
Oggi Francesco raggiunge l’isola dell’Egeo, per un nuovo speciale abbraccio ai rifugiati che vi sono accolti. La preghiera, le testimonianze, i gesti segnano questo momento tanto…
Prima di pronunciare il suo discorso, il Papa attraversa il campo, percorre la strada sterrata che passa tra i container che lo compongono, tra lui e i migranti non c’è distanza, tocca le mani, sorride, ascolta storie e richieste, accarezza e abbraccia i bambini che gli allungano le braccia, sempre circondato da calore e da sorrisi, ma anche dal muro e dal filo spinato che ingabbiano queste persone, come uno dei lager di cui Francesco aveva già parlato a Cipro.

Nelle vite dei migranti, il futuro di tutti
Francesco viene accolto nel Reception and Identification Centre dai canti di alcuni degli ospiti del Campo e dal saluto della presidente che parla di come la Grecia abbia sopportato il “peso spropositato dalla crisi dell’immigrazione e dei rifugiati, che sta colpendo l’intero Mediterraneo, il mare che ci unisce”, e di come affrontarla sia “una responsabilità condivisa dell’Europa”. La parola del Papa è subito di denuncia, perché le migrazioni sono “una crisi umanitaria che riguarda tutti”, invoca la solidarietà del mondo, perché se altre sfide globali come la pandemia o i cambiamenti climatici vedono muoversi qualcosa, così non è per quanto riguarda le migrazioni:
Eppure ci sono in gioco persone, ci sono in gioco vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato. Solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose.
Francesco chiede quindi di seguire gli insegnamenti della storia e di adottare politiche ad ampio respiro:
Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi!

Svegliamo i cuori sordi ai bisogni del prossimo
Il Papa continua a guardare i migranti e i loro occhi che chiedono di non di essere dimenticati, ma che invece vengono ignorati da una umanità che si gira dall’altra parte:
In questa domenica, prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo. E prego anche l’uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali, ai propri egoismi nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa.

Triste impiegare forze e fondi per costruire i muri
Nella sua prima visita a Lesbo, cinque anni fa, il Papa era accompagnato dal Patriarca ecumenico Bartolomeo e da Ieronymos, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. Francesco va con la memoria a quei momenti, notando come da allora “sulla questione migratoria poco è cambiato”, ringrazia chi è impegnato nella cura dei migranti e la popolazione e le autorità di Lesbo che hanno sopportato sacrifici e ospitato e ringrazia la Grecia tutta per un’accoglienza “che diviene un problema perché tante volte non trova cammini di uscita per la gente per andare altrove”. La Grecia, però, al pari di altri Paesi, “è ancora alle strette” e mentre in Europa c’è chi continua a trattare il problema come se non lo riguardasse, i migranti vivono in “condizioni indegne dell’uomo!”:
Quanti hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte! Eppure il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto! È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri.

Il Papa ai migranti di Cipro: i fili spinati, veleno di un odio da cui disintossicarsi
“Siamo nell’epoca dei muri e dei fili spinati”, continua, ma anche di fronte a timori e insicurezze, difficoltà e pericoli, non sono le barriere che risolvono le cose e migliorano la convivenza. Si devono unire le forze per “prendersi cura degli altri”, nella legalità e senza prescindere dal “valore insopprimibile della vita di ogni uomo”. Oggi, invece, nelle società, “si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura”:
Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subito, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso.

No ai ghetti e alla propaganda sulla pelle della gente
Anziché instillare la paura dell’altro nell’opinione pubblica, si deve parlare dello “sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio”.
Le parole di Francesco vanno dirette alla soluzione: si affrontino “le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica”. Quindi, anziché tamponare le emergenze, si superino “le ghettizzazioni” e si favorisca “l’indispensabile integrazione”. Si guardi al volto dei bambini che interpellano le coscienze, chiede poi, senza scappare via “frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge”:
Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!

La fede è compassione, Maria ci guidi
Disprezzare l’uomo significa offendere Dio perché creato a sua immagine. La fede non è l’indifferenza che viene giustificata “persino in nome di presunti valori cristiani”, ma è compassione e misericordia, il che non è “ideologia religiosa, ma sono radici cristiane concrete”. Francesco conclude con il pensiero anche a tutte le madri incinte che “hanno trovato in fretta e in viaggio la morte mentre portavano in grembo la vita” rivolgendosi alla Madonna, perché sia lei ad insegnare a mettere la realtà dell’uomo prima delle idee e delle ideologie, e a muovere passi svelti incontro a chi soffre.
Francesca Sabatinelli – Atene

Il Papa a Cipro: «Siete immersi nel Mediterraneo: un mare di storie diverse, un mare che ha cullato tante civiltà, un mare dal quale ancora oggi sbarcano persone, popoli e culture da ogni parte del mondo. Con la vostra fraternità potete ricordare a tutti, all’Europa intera, che per costruire un futuro degno dell’uomo occorre lavorare insieme, superare le divisioni, abbattere i muri e coltivare il sogno dell’unità. Abbiamo bisogno di accoglierci e integrarci, di camminare insieme, di essere sorelle e fratelli tutti!». Parole che segnano lo spirito di questi giorni segnati dalla spinta ecumenica di dialogo e incontro, dal richiamo alla comunità internazionale a non chiudersi di fronte alla tragedia dei rifugiati e dei migranti, per costruire un futuro alla luce della via del Vangelo che ha messo le prime radici in queste terre di frontiera, senza discriminazioni”.

Dall’articolo di Stefania Falasca “Abbattere i muri e coltivare
il sogno dell’unità”, Avvenire 2 dic. 2021

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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