Seminario Cei per la Custodia del Creato- Roma 18 marzo 2016

Conclusioni a cura di Mons. Fabiano Longoni

Si è svolto a Roma presso il Palazzo Rospigliosi il Seminario di Studio Cei sulla custodia del creato, che ha visto il susseguirsi di un’articolata serie di relazioni e testimonianze, coordinate dll’Ufficio Nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, con i contributi di Paolo Benanti Tor (Pontificia Università Gregoriana) “La cura della casa comune – un’etica del custodire”, di P. Giacomo Costa (Direttore Aggiornamenti Sociali) “Tutto è connesso – l’ecologia integrale nella Laudato si’”, di Catia Bastioli (Presidente di Terna e Amministratore Del. di Novamont) “Dall’economia dello scarto all’economia circolare. Il ruolo della creatività imprenditoriale e della differenziazione produttiva per la sostenibilità”, di Barbara Degani (Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) “Quale possibile dialogo sull’ambiente, che attui COP21 e l’Agenda 2030 verso nuove politiche a livello internazionale, nazionale e locale?”; Roberto Moncalvo (Presidente Coldiretti) “La diversità in agricoltura a servizio della vita”, Pierluigi Sassi (Earth Day Italia) “L’anima umana dello sviluppo sostenibile”.
Ne diamo comunicazione attraverso le Conclusioni di Mons. Fabiano Longoni (Direttore Uff. Naz. Cei per i problemi sociali e il lavoro), mentre rimandiamo al sito www.chiesacattolica.it per il testo delle relazioni. Le conclusioni hanno avuto uno speciale completamento a cura del Prof. Pierluigi Malavasi (Direttore ASA Alta Scuola per l’Ambiente Università Cattolica di Brescia) con la Cerimonia del Graduation Day 2016 per i partecipanti al Master ASA, che ha reso plasticamente evidente l’importanza di passare la prospettiva della “cura” alle giovani generazioni con la indispensabile dimensione dello studio e della ricerca

 

laudato siCome Chiesa italiana ci sentiamo impegnati, dopo la Laudato si’ e in particolare dopo il Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, a far sì che quello che il Papa ci ha raccomandato di operare pastoralmente sia nella Laudato si’, sia a Firenze, venga attuato. In questa conclusione, la prima domanda che ci dobbiamo porre è se abbiamo risposto all’intento di questo Seminario, il cui significato è riposto nel titolo: “Quale cura della casa comune? Dalla realtà, all’azione”.
Il Papa a Firenze ci ha detto nel suo Discorso: “Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro, né capire fino in fondo che il fratello conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze. È fratello.”.
Il Papa ci ha ricordato che una costruzione della Casa comune va attuata nella fraternità, ma ci ha invitato a non perderci nella sola discussione con soggetti plurali, quindi anche laici, ma che dobbiamo poi passare, con questi ambienti laici, ad azioni concrete. La Conferenza Episcopale Italiana, con questo Seminario sui temi della Laudato sì, sente di attuare Firenze, e io spero che ogni Diocesi, attraverso i molti responsabili che sono qui presenti, possa attuarlo poi nella propria realtà.

Prima conclusione. Nella divulgazione della Enciclica, affrontiamo tutti spesso il tema della “casa comune”.
Nelle frequenti presentazioni divulgative della Enciclica la prima cosa che cerco di spiegare a tutti è il senso dell’aggettivo “comune”.
Munus ha un duplice significato: dono e debito. Quindi, tutto ciò che racchiude il termine latino munus, dal nostro comune, alle nostre co-munità sociali, contiene e rinvia al senso del “dono” e del “debito”. La casa comune è un dono che abbiamo ricevuto da Dio e che dobbiamo dare, e qui si coglie il senso del ‘debito’, alle nuove generazioni. Nel momento in cui rendiamo “comune” una realtà è perché ci sentiamo gratificati da un dono inaspettato e meraviglioso quale la Creazione, e dall’altra parte abbiamo un dovere: quella di restituirla il più possibile ordinata secondo logiche che non siano solo di possesso ma, appunto, di custodia.

Seconda conclusione. A un certo punto stamattina P. Benanti ha detto ricordando una battuta del film di Mel Brooks Frankenstein junior, che viene più volte ripresa in diversi contesti, per evidenziare l’onnipotenza umana, di manipolare la natura e gli esseri umani: “si può fare”.
Ecco, questo è oggi il delirio di onnipotenza che sembra prendere molti nostri contemporanei di fronte ai temi etici e agli stessi temi ambientali! E, stamattina ci è stato chiesto: si può fare tutto ciò che si può fare? Ma possiamo veramente fare tutto ciò che si può fare o esiste un limite invalicabile?

Terza conclusione.
P. Giacomo Costa ci ha fatto presente il discorso inerente all’ecologia integrale e ci ha detto, attraverso la sua relazione, che essa è un metodo, quindi una strada, una capacità, mai scontata di confrontarci attraverso un’operazione di tuning continuo, su quella che è l’esigenza di non prevaricare l’ambiente e di trovare nuove vie per accrescere il nostro benessere. Il problema naturale ci fa capire che tante cose che noi diciamo come scontate devono fare il conto, invece, con una natura integrata nella storia, come ci ricordava il teologo Romano Guardini per quanto riguarda il nostro rapporto con la tecnica: la natura esiste solo in quanto abitata.
Lo stesso concetto di persona va situato in un contesto storico plurale e globalizzato, nel cosiddetto meticciato culturale.
La stessa realtà naturale non esiste allo stato primordiale, ma è realtà naturale contaminata dalla storia, quindi in senso positivo, finalizzato al bene ma anche in senso negativo con tutte le conseguenze del caso, per quello che riguarda la tematica ambientale.

Quarta conclusione.
Tutto ciò, diceva sempre P. Costa è collegato, citando l’enciclica, al tema del bene comune: “L’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale. E’ «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente»”.Laudato sì 2
In questo contesto si comprende, chiaramente, che il munus deve corrispondere ad un peso reale, non essere semplicemente evocato. Se esso è veramente il munus, non possiede valore zero, perché, come anche un bimbo sa benissimo, un valore zero in una moltiplicazione annullerebbe il prodotto di tutti i moltiplicatori numerici della stessa. Nel bene comune della casa co-mune, della vera ecologia integrale, non c’è nessun essere vivente che corrisponda a un valore zero, non ci sono popoli che sono zero, non ci sono ambienti naturali che non hanno alcun valore. Perché se questo fosse vero, il rischio sarebbe l’annullamento del tutto, l’annullamento della vita, della sopravvivenza del genere umano, con la conseguenza della desertificazione di tutto.
Una delle belle immagini che ci sono state comunicate e che mi è rimasta nella mente consiste nel fatto che se i cinesi sono arrivati ad avere dei luoghi dove non ci sono le api, a causa del troppo inquinamento e in questi luoghi stanno cercando di reintrodurle dopo una accurata bonifica, forse questo non li può aver indotti a firmare l’accordo di Parigi, la cosiddetta Cop 21? Cioè, metaforicamente, ma anche realisticamente, le api, termometro della salute della febbre del Pianeta, sono riuscite a far firmare il governo cinese.
Avverando, così, quel famoso detto che anche un battito d’ala di farfalla (in questo caso d’ape) alla fine riesce a far ragionare i potenti e forse a far prendere decisioni che non sarebbero mai state prese. Allora anche la nostra azione personale dentro questa prospettiva è ugualmente importante quanto la firma dei nostri Capi di Stato al protocollo di Parigi.
Ecco, dentro questa logica credo che tutto quello che, allora, diremo può riassumersi in quello che ci diceva stamattina il dr. Sassi, con il Pentalogo che ci ha proposto. Esso diceva: pensa locale, rispetta la terra, apri la porta al cambiamento, condividi e collabora con tutti ma soprattutto crea opportunità per tutti, non contrapponendo diritti (ambiente a lavoro), ma armonizzandoli con creatività nella logica di ciò che è sviluppo sostenibile.

Mons. Fabiano Longoni
Direttore Ufficio Nazionale Cei
per i problemi sociali e il lavoro