Dall’incontro con S.E. Mons. Matteo Zuppi, Vescovo di Bologna

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Il 3° incontro del Ciclo “Seminare speranza nella città degli uomini”, promosso dalla Fraternità Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo, ha avuto luogo il 25 marzo domenica delle Palme, con il Vescovo Mons. Matteo Zuppi, nel contesto della Comunità terapeutica Casa Gianni che ha nella terapia occupazionale uno dei pilastri per liberare dalle tossicodipendenze e per il reinserimento sociale.
E questo è particolarmente significativo, come ha evidenziato il Vescovo nell’introdursi al tema “Lavoro e pace nella città degli uomini. Il valore del lavoro nella costruzione di una umanità solidale”. La sua riflessione ha preso le mosse dal ricordare alla Fraternità la responsabilità di vivere e spendere il carisma francescano e dal ricordare a tutti il compito imprescindibile del prendersi cura della città. “Oggi siamo entrati anche noi a Gerusalemme, anche noi guardiamo alla città degli uomini per affrontarne le contraddizioni e le insidie. Siamo entrati con Gesù nella città per combattere il nemico, colui che rende la città un deserto, che la umilia, che mette gli uni contro gli altri”.
Parlare di “città degli uomini” è parlare dell’incontro con l’altro, delle strutture della nostra vita sociale e civile, del nostro convivere.
Siamo chiamati ad essere “lottatori di speranza” rispetto ad una grande assenza di speranza che porta violenza e paura. Non dovremmo mai dimenticare che anche il male è generativo e ci deve preoccupare la violenza perchè intossica il cuore delle persone e la vita con gli altri. Preoccuparci della violenza significa innanzitutto preoccuparmi di sradicarla in me, altrimenti giustifico l’escludere gli altri.img85-1
E dobbiamo essere attenti tutti a “riparare”, essere vigili per questa ecologia umana affinchè l’aria nefasta non inquini lo stare insieme della “città”.
“Nostro Signore ci ha donato tutto se stesso… Usiamo questo amore per rendere migliore la città degli uomini e sconfiggere la violenza e la paura, sempre cattiva consigliera”. Certo – ha ricordato Mons. Zuppi – anche Gesù provò “paura e angoscia”. Gesù è un uomo, non un superuomo e ci insegna ad essere umani. Di fronte al male e alla morte tutti abbiamo paura ma il problema è di fondo “Conservare se stessi o voler bene?”. La paura suggerisce di scappare, di pensare a se, di lasciar perdere; la scelta dell’amore afferma invece “Mi importa”. Noi non siamo chiamati ad essere eroi, ma siamo chiamati a “voler bene”. Come i missionari che donano la vita, “dobbiamo anche noi sconfiggere la violenza e la paura testimoniando l’amore”.
Ed è determinante “seminare speranza” perché nel seminare è l’idea del futuro. Occorre regalare la speranza a piene mani, avendo fiducia: senza la fiducia la società non si genera.
Da questo orizzonte evangelico e autenticamente umano il Vescovo Zuppi ha affrontato il tema del lavoro portando in presenza l’esemplarità di S. Francesco, un santo che paradossalmente proprio a partire dalla povertà, ha propiziato lo sviluppo dell’economia e che sul lavoro non transige, come dimostrano le Fonti Francescane. “L’uomo di Dio insieme con gli altri abitanti andò ad abitare in un tigurio abbandonato vicino ad Assisi e là essi vivevano di molto lavoro e tra gli stenti secondo la forma della santa povertà, continuamente attenti a pregare Dio applicandosi all’esercizio dell’orazione e della devozione, leggendo ininterrottamente il libro della croce di Cristo” (Cf FF 1067). img89Queste parole ci hanno richiamato al lavoro come grazia, come dono, ricordandoci l’importanza di lavorare “fedelmente e devotamente” verso Dio e verso gli uomini. Ci rimandano al nostro essere “imprenditori” e non “speculatori” dei talenti ricevuti, trafficandoli secondo quella gratuità con cui il Signore li ha posti nelle nostre mani, per restituirli e permettere a tutti di poter vivere la dignità del lavoro, condividendo la grazia del lavoro.
Come lo “speculatore” agisce per il proprio interesse immediato, mentre il vero “imprenditore” agisce tenendo presente le possibilità di lavoro per tutti, anche noi corriamo il rischio di speculare sulle possibilità che abbiamo, ma in questo modo non costruiamo più. Se non seminiamo speranza tutto si consuma nel presente. Siamo di fronte sostanzialmente alla grande verità: “Chi conserva la propria vita la perde, chi la perde la trova”.
Il discorso del lavoro è decisivo, ha proseguito Mons. Zuppi. Il lavoro nobilita, non è soltanto un problema economico, implica il sentirsi utili, l’essere riconosciuti, il poter mettere a frutto le proprie capacità contribuendo al bene di tutti. “In questo inizio di ripresa” ha concluso il Vescovo “c’è anche tantissima sofferenza e dobbiamo prendere coscienza che, se l’ascensore sociale si è rotto – per cui chi è ricco è ricco e chi è povero è sempre più povero –, noi dobbiamo fare in modo di ripararlo per dare a ciascuno la possibilità di migliorarsi.
img88E questo passa da un lavoro degno per tutti. Seminare speranza ha un nodo fondamentale nel tema del lavoro: quale speranza di pace e di futuro può esserci infatti se si trascura una dimensione costitutiva della persona quale il lavoro? Se si mette al centro un’assolutizzazione del profitto e non l’uomo a cui il lavoro è ordinato?
Questi sono gli interrogativi che abbiamo sentito nel cuore con l’intensa parola del nostro Vescovo, che ci ha interpellato con calore a renderci conto che non possiamo disattendere la cura del lavoro. Il lavoro è un affare che riguarda tutti, anche chi non ha più una attività remunerativa, perché ne va del bene della società attuale e della possibilità di futuro. Ci riguarda per mantenere viva quella gratuità operosa chiamata a trafficare i talenti ricevuti, gratuità di cui ha più che mai bisogno la nostra realtà, sia nel mondo del lavoro per l’umanizzazione che da essa promana, sia attraverso il lavoro di cura per la propria famiglia e per il bene comune della “città”.

Argia Passoni

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“Mons. Zuppi ha parlato di lavoro e pace nella città degli uomini nei locali di una Comunità che ha proprio nel lavoro uno dei pilastri per liberare quanti sono incappati nelle tossicodipendenze e per reinserirli al meglio nel tessuto sociale. Le dipendenze sono in aumento perché sono più subdole, sono meno evidenti, qualche volta ne diventiamo prigionieri senza nemmeno accorgercene.
Parlando di lavoro e pace nella città degli uomini il Vescovo ha ricordato il compito imprescindibile del prendersi cura della città. Siamo entrati anche noi a Gerusalemme nella città per combattere il nemico, colui che rende la città un deserto, che la umilia. Parlare della città è parlare del nostro convivere …..”.
Dal servizio di Luca Tentori in 12Porte di giovedì 5 aprile, rintracciabile integralmente in Youtube, mentre in Avvenire Bo7 di domenica 1 aprile è reperibile l’articolo “Non essere speculatori ma seminare speranza” di Argia Passoni.