Lucia  Baldo

img135La vita di S. Francesco si inquadra in un contesto storico fatto di contrasti innanzitutto religiosi. Cinquant’anni prima della sua nascita c’era stata una grande fioritura degli Ordini monastici; ma quando comparve la figura del Santo di Assisi, la testimonianza cristiana monastica stava decadendo: si era insinuata una ricerca di mondanità e di potenza per cui un Ordine religioso era ritenuto più forte quanto maggiori erano i suoi privilegi e quanto più prevaleva in esso la dimensione politica e terrestre.
Contro questa situazione sorsero movimenti in gran parte laicali, tra i quali il più radicale fu quello dei Catari, che rappresentavano un cristianesimo celeste, fatto di puro spirito, opposto alla valorizzazione della materia e alla terrestrità, rappresentata dalla Chiesa.
La figura di S. Francesco si trovò nel mezzo di questa opposizione tra spirito e mondanità. Da una parte c’era un cristianesimo che diventava potenza, dall’altra la ribellione di uno spiritualismo che negava qualunque valore positivo al corpo o a tutto ciò che è materiale.
In questo drammatico contesto S. Francesco non si è proposto scopi apologetici, ma solo di porsi come testimone del Vangelo in ciò che in esso vi è di più profondo ed esistenziale.
Egli non ha voluto “fare” una chiesa o una scuola, ma solo “esistere” cristianamente.
Il cristianesimo non è una dottrina. Se lo fosse, gli intellettuali sarebbero avvantaggiati rispetto agli ignoranti che, per diventare cristiani, dovrebbero acquisire una certa cultura.
Invece il cristianesimo è una comunicazione di esistere, un modo di esistere. Allora ciò che viene posto in primo piano è l’aspetto della realtà. Perciò Gesù Cristo non va cercato solo per quello che ha detto o per i concetti che ha espresso, quanto per quello che Egli è, per la sua Persona, per i suoi atteggiamenti, per il divenire del suo esistere.
S. Francesco ha realizzato l’esistenza cristiana nella sua più profonda autenticità, verificando continuamente nella persona di Cristo il suo vivere quotidiano. In questo modo la vita di Cristo è diventata la sua possibilità, poiché egli ha avvertito la presenza e la vita di Cristo come l’orizzonte e il senso della propria vita, fino a voler diventare come Lui. In questo sta il senso della sua formazione umana e del suo messaggio.
Possiamo dire che S. Francesco, pur essendo un uomo del suo tempo, non è rimasto incapsulato nei contrasti che l’hanno contrassegnato, ma ha rotto le incrostazioni mondane che avevano alterato il vivere cristiano e si è riportato alla fonte del cristianesimo per cogliere i valori che traspaiono dal senso dell’esistere di Gesù Cristo. Su questo egli ha cercato di conformare liberamente il senso della propria vita.
Per l’ampiezza e la profondità della personalità di S. Francesco, questa conformità all’esistere di Cristo ha raggiunto vertici assoluti, difficilmente imitabili da altri.
S. Francesco non ha scritto niente, come Cristo e come Socrate, ma ha portato al linguaggio il suo esistere. Quando aveva qualcosa da dire, lo riferiva a frate Leone che lo riportava per iscritto poiché era sempre con lui: era il suo segretario, il suo infermiere, il suo confessore e confidente.
Nel dialogo della perfetta letizia compare ripetutamente la parola “scrivi” rivelatrice di un’abitudine a dettare.
Le parole “dettate” da S. Francesco sono il trasparire del suo diventare sempre più uomo, sempre più cristiano e il comunicare in modo sempre più autentico questa sua essenza.