L’Europa non è mai stata così presente nelle nostre vite, nei nostri pensieri, nei nostri discorsi, nella lotta politica, come adesso.
Per contestarla, qualcuno addirittura per disprezzarla, o al contrario, per difenderla dalle sue debolezze o esaltarla per la sua assoluta necessità.
Le prossime elezioni per rinnovare il parlamento di Strasburgo, avranno per la prima volta finalmente al centro l’Europa. Sembra paradossale dirlo, ma è così. Il rischio concreto del ridimensionamento delle tradizionali forze europeiste, popolari e socialisti in primis, e la possibile avanzata delle forze sovraniste ed euroscettiche, ne fanno per la prima volta una vera elezione continentale.
Una cosa è certa: il Parlamento che verrà, avrà un ruolo decisamente diverso dal passato. E nel bene o nel male, condizionerà il futuro dell’Unione europea. Se prevarranno i sovranisti, a comandare saranno gli Stati, che hanno il loro organismo di riferimento nel consiglio europeo, dove dettano la linea e condizionano le scelte. Se prevarranno gli europeisti, sarà dato certamente più potere alla commissione europea, il vero organo di governo comunitario, finora però succube o quasi dei veti incrociati dei governi nazionali.
Dice bene Romano Prodi, che di Europa se ne intende: “con la bocciatura del progetto di costituzione, da parte dei francesi, nel referendum del 2004, il potere è passato dalla commissione al Consiglio, è tornato agli Stati membri. Non si guarda più al bene collettivo ma all’interesse nazionale”.
Allora dobbiamo stabilire quale Europa vogliamo per il futuro dei nostri figli e saremo chiamati a farlo con il nostro voto alle prossime elezioni nel mese di maggio.
Ecco dunque spiegato perchè è importante arrivare preparati a quell’appuntamento. Per non farsi manipolare la coscienza dai professionisti della disinformazione, che hanno costruito e continuano a costruire il loro consenso su un uso metodico della menzogna. Perchè è facile finire nella loro rete se si resta nell’ignoranza.
“La bugia ci rende schiavi. La verità ci rende liberi. Il trionfo della menzogna può significare solo la sconfitta della libertà” scrive Javier Cercas, editorialista del quotidiano spagnolo El Pais. Come non dargli ragione?
Ben vengano dunque tutte le iniziative mirate a chiarire le idee ai cittadini chiamati al voto, con proposte mirate a migliorare questa Europa, correggerne i difetti e non esasperarli, cercando di capire quali ne sono le reali origini e le cause, in modo di agire più incisivamente per rinforzare l’Europa, non indebolirla.
In questo senso è apprezzabile il lavoro svolto da Retinopera, la rete che collega 20 organizzazioni del mondo cattolico per dare concretezza ai principi e ai contenuti della dottrina sociale della Chiesa. Fra queste organizzazioni, le principali sono Azione cattolica, Agesci, Confcooperative, Coldiretti, Acli, Sant’Egidio, e C.d.O.
L’iniziativa dei coordinatori di Retinopera è stata quella di riunire le organizzazioni che ne fanno parte, per confrontarsi sul tema: “l’europa che vogliamo”, sulla base della comune convinzione di una crisi sistemica dell’Unione, crisi antropologica e sociale prima ancora che economica.
Da questo confronto è nato un documento in sei punti, per sviluppare una politica europea che recuperi i valori fondativi dell’Unione, coinvolgendo di più i cittadini del vecchio continente. Non a caso quello della maggiore partecipazione popolare alla vita dell’Unione europea è il primo dei sei punti, in cui si auspica una conduzione più democratica delle istituzioni europee, dando più forza al parlamento di Strasburgo, affinchè possa effettivamente prevalere il comune interesse dei popoli rispetto a quello dei singoli Stati.
Occorre recuperare i valori della solidarietà e dell’accoglienza, sottolinea il documento, due cardini della comunità nata nel 1950, verso i soggetti più deboli, a partire da coloro che fuggono dalla morte e dalla disperazione.
E’ uno dei punti su cui battono di più i populisti ora al governo, per criticare l’Unione, nascondendo però il fatto che a rifiutare di cooperare per una redistribuzione degli immigrati arrivati con le ultime ondate, sono stati proprio quei governi nazionali che si professano loro amici.
Le 20 organizzazioni di Retinopera sono poi concordi nel sostenere la necessità di dare più forza anche all’organismo di governo comunitario, cioè la commissione europea, perchè possa far rispettare agli Stati dell’Unione le regole fissate insieme al Parlamento di Strasburgo, a partire dalle misure contro la disoccupazione.
Una commissione europea insomma, che adotti standard di sostenibilità sociale, ambientale e fiscale, da applicare in tutti gli Stati dell’Unione, contrastando le logiche protezionistiche, dannose per la comunità.
Altro importante punto del documento è l’auspicio che l’identità dell’Europa possa crescere attraverso il dialogo e la promozione dello scambio tra le diverse culture.
L’Unione è nata per abbattere i muri non per costruirne dei nuovi. Le diversità sono un arricchimento e non un ostacolo alla convivenza dei popoli europei.
Nel documento si auspica inoltre un’Europa che diventi una forza protagonista a livello globale per realizzare gli obiettivi dell’agenda ONU 2030 per uno sviluppo sostenibile, così come gli accordi di Parigi sul clima.
Ma per riuscire in questo intento si deve rinforzare l’Unione, non disgregarla in favore degli egoismi nazionali, che ci rendono succubi delle grandi potenze e dei loro umori. Se andiamo al confronto con loro in ordine sparso non contiamo nulla.
Infine nel documento si chiede un maggiore impegno delle istituzioni europee per favorire lo sviluppo di reti di cooperazione tra associazioni ed espressioni della società civile, definendo ruolo, funzioni e prerogative delle realtà del Terzo Settore e del volontariato anche in termini fiscali.
Questi in sintesi i punti del documento. L’impegno di Retinopera adesso, è diffonderlo fra tutti i militanti e i simpatizzanti delle organizzazioni che fanno parte della rete, per far crescere la loro sensibilità e stimolare il loro impegno, diventando protagonisti del rilancio dell’Unione europea attraverso una partecipazione consapevole al voto e anche, dopo il voto, alla vita delle istituzioni comunitarie.
Ma il documento non si rivolge solo a loro. Può essere un’ottima base di riflessione sul futuro dell’“Europa che vogliamo”, per tutti noi e in particolare per i giovani.
L’ultimo sondaggio dell’eurobarometro rivela che il sentimento europeista è diffuso soprattutto fra i giovani, specie quelli scolarizzati.
Perchè a differenza delle generazioni che li precedono, hanno avuto una formazione europea: nella scuola primaria, che li ha abituati alla multietnia e non alla chiusura nazionale; negli studi superiori, nel corso dei quali, Erasmus o non Erasmus, hanno avuto l’occasione per viaggiare in Europa in lungo e in largo, creandosi amicizie in altri paese dell’Unione; l’hanno avuta anche dopo gli studi, andando a lavorare spesso fuori dei confini nazionali, per periodi anche brevi, ma comunque utili ad aprire l’orizzonte mentale e professionale. Insomma la loro realtà è europea, e ne sono convinti sostenitori: Antonio Megalizzi, il giovane ucciso a Strasburgo dalla mano folle di un terrorista, era un esponente esemplare di questa generazione. Ma bisogna tener conto che il grosso di coloro che oggi fanno opinione, come pure di coloro che le subiscono e le fanno proprie senza alcun filtro di verifica, è costituito dalle generazioni ora adulte, cresciute in Europa e che non hanno vissuto la fase epica della nascita dell’Unione dopo la tragedia della guerra, non hanno avuto modo di confrontare i benefici portati dall’Unione, con l’assetto che la precedeva.
Molti di costoro non sono antieuropeisti, sono semplicemente lontani dall’Europa, la vivono come un dato di fatto, non come un valore. Certo non come una necessità. Al massimo come una convenienza. Per questo finiscono facilmente per convenire con coloro che antieuropeisti lo sono davvero.
Allora gli adulti che credono nell’Europa hanno una responsabilità in più. Quella di aprire gli occhi e le orecchie a chi si lascia attrarre dalle sirene populiste o rischia di esserlo, per non soffocare il nuovo europeismo che sta prendendo corpo fra i giovani. Saranno loro a riprendere il percorso tracciato dai nostri progenitori negli anni ‘50, per costruire una Unione sempre più forte fra i popoli del vecchio continente, basata sulla solidarietà e l’accoglienza, sul rispetto dei diritti, sulla giustizia sociale, sullo scambio delle culture, sul dialogo, per non ricadere nelle guerre del passato, nate sempre da contrasti fra nazionalismi esasperati.

Piero Badaloni,
già presidente della regione Lazio e giornalista RAI

Fonte: Cercasi un fine

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Convegno di Retinopera “Europa che vogliamo”- Leonardo becchetti, Maria Pangaro, Filippo Sbrana, Piero Badaloni, Matteo Truffelli e Sonia Mondin

ISSN 1974-2339