veritàIn questo nostro tempo si parla molto di libertà: libertà per l’uomo, libertà per tutti gli uomini, eppure questo è un tempo nel quale la conquista delle libertà civili non impedisce che l’uomo sia sempre meno libero interiormente.
È un tempo nel quale l’uomo è sempre più condizionato; spesso è uno schiavo di ciò che ritiene aver posto al suo servizio; una vittima dei pregiudizi o delle emancipazioni, della moda, e non solo per quello che riguarda l’abbigliamento.
L’uomo di oggi legge sempre meno i giornali, ma guarda la televisione, si esprime sui social network e senza rendersene conto lascia che tutto ciò condizioni la sua mentalità, i suoi principi etici, le sue idee politiche, la sua concezione della società, i suoi convincimenti religiosi. La sua personalità è continuamente asservita, condizionata, violata, da tutto ciò che legge, ascolta, vede.
L’uomo condizionato “del” nostro tempo “dal” nostro tempo è convinto di affermare se stesso e dipende sempre più dagli altri; vive in mezzo agli altri, ma si rifugia sempre più nell’individualismo; conosce un numero sempre maggiore di cose attorno a sé, ma è sempre più povero dentro di sé.
Ma il condizionamento dell’uomo, anche se appare come uno dei fenomeni caratteristici del nostro tempo, è vecchio quanto la storia dell’umanità.
Esso ha inizio in quei giorni lontani di cui ci parla il racconto biblico allorché l’uomo, nella sua libertà, volle porre in dubbio la validità degli avvertimenti divini. Voleva essere pienamente libero (simile a Dio, ci dice il racconto genesiaco) e finì per diventare schiavo di se stesso. Perché solo una libertà responsabile ci mantiene veramente liberi.
«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Non sembra esagerato affermare che queste parole del Signore Gesù intercettano, in modo immediato e sorprendente, l’anelito più profondo che qualifica da sempre il cuore dell’uomo. Se si tiene conto del contesto in cui il celebre versetto si colloca non sfugge però la sua componente altamente drammatica. Nella storia, tra verità e libertà si dà sempre inevitabilmente una tensione.
La Verità in senso pieno si offre, e non può non farlo, come assoluta, totalizzante; la libertà, sua interlocutrice propria, d’altra parte, non accetta coercizioni. Dalla semplice apertura che caratterizza spontaneamente il nostro rapporto con la realtà fino ad arrivare all’atto di fede in Dio che si comunica a noi attraverso Gesù Cristo.
Ci si riferisce alla questione decisiva del senso (significato e direzione) dell’umana avventura, senso che ogni visione sostantiva della vita – religiosa, agnostica o atea che si voglia – mette in campo. L’anelito di libertà proprio dell’uomo, costitutivamente orientato alla ricerca della verità, esprime il carattere inviolabile della sua coscienza, essa è un cardine di ogni forma di ordine sociale a misura d’uomo.
“Il versetto biblico propone un rapporto dinamico con la persona di Gesù che rende pienamente liberi. Esso “merita” paradossalmente la celebre accusa che il grande inquisitore, nei fratelli Karamazov di Dostoievskij, rivolge a Cristo: «Invece di impadronirti della libertà degli uomini, Tu l’hai ancora accresciuta!». È vero che l’uomo postmoderno spesso mette in questione la possibilità stessa di accedere alla verità. Eppure le parole di Gesù, «conoscerete la verità e la verità vi farà liberi», continuano indomite a risuonare e sfidano, dopo duemila anni, ogni preclusione e pregiudizio. La capacità di Gesù di interloquire con ogni uomo, in ogni tempo storico, scaturisce dal fatto che Egli sa parlare “al cuore” della persona. Infatti porre la domanda circa la verità e circa la libertà e stabilire quale nesso debba sussistere tra loro, significa andare al centro dell’io, da cui ogni uomo parte per il percorso che lo porti al compimento di sé, cioè alla felicità, in termini cristiani alla santità” (Lectio Magistralis del Card. Angelo Scola, Milano 15/5/2013).
Visto e vissuto nell´ottica e nella situazione delle diverse manifestazioni contemporanee della schiavitù, che derivano tutte dalla «tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità» (Papa Francesco) questo rapporto – il suo significato, le sue implicanze – acquista contorni particolari e specifici. La mobilità umana, ad esempio, storicamente vissuta, è connotata dal carattere patologico dell’obbligatorietà: le grandi migrazioni economiche sono mosse dal bisogno e la sempre crescente folla di profughi è vittima della violenza, guerra o fame che sia. Nel terzo millennio tredici ragazzini iracheni vengono massacrati dalle milizie dell’Isis per aver tifato la loro nazionale e aver violato la sharia, uccisi in pubblico, a colpi di mitragliatrici perché avevano guardato una partita di calcio in tv; e ancora basti pensare alla recente cronaca dei fatti di Parigi.
In queste condizioni sia la verità sull’uomo – la sua dignità, i suoi fondamentali diritti – sia la libertà di scelta e di movimento sono gravemente violentate. Eppure non si può non riconoscere che il binomio verità/libertà resta fondamentale nell’esperienza umana e che quindi è comprensibile come esso abbia affascinato e continuerà ad entusiasmare quanti vogliono collocare l’uomo nella sua specifica dignità e conseguente responsabilità, conformemente del resto alla posizione in cui lo collocò il Creatore, quando lo mise al centro del creato come “signore” ed interprete, tra l´altro in amichevole dialogo con il suo Creatore.
Un equilibrio ed una dignità che, come sappiamo, sono stati radicalmente compromessi proprio dall´uso errato della libertà, mal orientata da una informazione distorta (cfr. Gn 3 e Ps 8,4-9). Sappiamo dalla rivelazione che la libertà è una dote caratteristica e qualificante per l’uomo e che essa è strumentale alla scelta del bene: per dirla con S. Paolo “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).Gli occhi della libertà sono l’illuminazione della verità, la quale orienta con sicurezza e determinazione.
Gesù, il Dio piccolino, ci ha portato un Dio diverso, nuovo. Il vangelo, la buona novella, non è stata rifiutata perché era buona ma perché era nuova. Le persone preferivano credere al vecchio, anche se era disumano, ma certo piuttosto che accettare il nuovo cambiamento e la nuova immagine di Dio. Gesù dice: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37). Noi avremo detto il contrario: chi ascolta la voce di Gesù è nella verità. Ma Gesù, invece, dice il contrario. Perché Verità (aletheia) vuol dire togliere il velo. La verità è quella cosa che tu scopri: tiri su la coperta e vedi cosa c’è sotto. Magari non è come pensavi, magari non è come volevi, magari ti costringe a cambiare, magari ti sconvolge, magari è difficile da accettare, magari è dolorosa. È la verità.
Per ascoltare Gesù, bisogna avere questa capacità, questa disposizione di non mettere filtri, per ascoltare Gesù, che porta la verità, bisogna avere il coraggio della verità.
La libertà è vivere nella verità, ciò vuol dire che si diventa liberi facendo verità su di sé, la libertà è un cammino, un processo, si diventa liberi nella misura in cui siamo capaci di vedere nell’altro – chiunque altro – un fratello e per essere liberi dobbiamo sentire la necessità di amare i fratelli come noi stessi.
Credo che possiamo affermare con un cuor solo e con l’umiltà propria di chi sa di non esserne degno, che in questi giorni che seguono il Natale «la verità ci è venuta incontro e ci farà liberi».

Maria Rosaria Restivo