Messaggio per la Giornata della Pace 2015

 

Presentazione del S.E Mons. Mario Toso
Scuola di Pace, Roma 3-5 gennaio 2015

1. PREMESSA: L’APPROCCIO PASTORALE AL TEMA
toso 2Per meglio comprendere il profondo significato del Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2015, e per non strumentalizzarlo, occorre situarlo all’interno della missione religiosa ed etica della Chiesa. Questa si interessa della tratta delle persone, come di ogni altra questione sociale, non primariamente per ragioni politiche o partitiche, come potrebbe risultare dalla lettura di chi tende ad equiparare la comunità ecclesiale a qualsiasi società di carattere civile. La Chiesa si preoccupa dello scandaloso ed abominevole fenomeno della tratta degli esseri umani e della loro schiavitù, anzitutto a partire dalla sua esperienza della incarnazione-redenzione di Cristo.
Al centro della missione della Chiesa sta l’amore per l’uomo, specie per i più diseredati, perché Cristo, facendosi carne, ha accettato di vivere in ciascuno di essi ed in essi vuole essere amato ed accolto, condizionando ad una tale condotta la verifica ultima della nostra esistenza sulla terra.
La missione della Chiesa, imperniata su un ministero essenzialmente religioso, ha inevitabilmente risvolti pubblici di civilizzazione. Unendosi ad altre comunità religiose e a uomini e donne di buona volontà, fa confluire in una grande opera di collaborazione le proprie energie, specie mediante i christifideles laici, per la difesa e la promozione della dignità trascendente di ogni persona, ed infonde vigore morale alle coscienze, vigore che deve permeare il diritto e l’azione politica.

2. COLLOCAZIONE DEL MESSAGGIO NEL MAGISTERO SOCIALE DI PAPA FRANCESCO
Il pontefice, trattando la grave questione delle nuove forme delle schiavitù contemporanee, in un Messaggio per la Giornata mondiale della pace, desidera porre in evidenza come vi sia un nesso stretto tra questa triste piaga dell’umanità e il suo destino di famiglia unita e armoniosa, giusta e pacifica.
La tratta degli esseri umani, infatti, rappresenta in sé un virus letale per la convivenza civile, in quanto ne intacca il tessuto relazionale, riducendo le persone a merce, a mezzi, ossia ad oggetti privi di coscienza, di soggettività, di responsabilità sociale.
Tollerando la schiavitù, di fatto si approva la diseguaglianza di dignità tra le persone, giungendo a discriminarle; si annulla la reciprocità e la complementarità, come anche si spegne la possibilità della comunione di intenti e dell’unione morale tra i cittadini. La pace, quale retto ordine sociale fondato sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia e sulla solidarietà, non può che esserne profondamente minacciata. Allo stesso modo, e per ragioni analoghe, lo sono il diritto, la giustizia, la democrazia.
La schiavizzazione delle persone, oltre che della pari dignità, è rifiuto di una comune vocazione al bene comune, della solidarietà, intesa come determinazione ferma e perseverante di sentirsi ed essere responsabili del bene degli altri, di quella rete di relazioni e di istituzioni fondamentali che presuppone un «noi» di persone impegnate nel mutuo arricchimento. È accettazione di una cultura della «cosificazione» dell’essere umano e dello sfruttamento. È premessa della negazione dei veri soggetti e fini di ogni società.schiavitù
Il presente Messaggio appare chiaramente svolgimento del Messaggio dell’anno precedente, che aveva per titolo Fraternità, fondamento e via per la pace1. Le forme moderne di schiavitù, in definitiva, allignano nelle nostre società perché in esse si è perso il senso della fraternità e cresce il senso dell’indifferenza nei confronti degli altri, considerati degli estranei o anche meri strumenti.
La fraternità non è facilmente percepibile là ove non si vive l’esperienza forte della comune paternità di Dio. Senza la percezione della fraternità diviene molto difficile poter sconfiggere la tratta degli esseri umani. Vi è una connessione stretta tra abolizione della schiavitù e la fraternità. Non si può pensare di sradicare dall’umanità la tratta delle persone senza un vivo senso religioso, senza l’apertura alla Trascendenza.
Una società che emargina Dio, a motivo di un secolarismo esasperato o di un individualismo anarchico, si pone nelle condizioni di rigettare il proprio simile nel suo essere più profondo che lo rivela come un eguale, un «consanguineo », dal punto di vista umano e divino. In ultima analisi, la tratta degli esseri umani, in tutte le sue forme, può essere battuta a partire dalla conversione a Dio, da una nuova evangelizzazione del sociale che favorisce l’incontro con Lui e, conseguentemente, una nuova visione del mondo, dei rapporti umani. Convertirsi a Dio significa, in ultima analisi, convertirsi alla fraternità, principio architettonico della socialità e delle società.
La fraternità connota e struttura la relazionalità delle persone nonché la loro tensione morale al proprio compimento. Data l’intrinsecità della fraternità rispetto all’essere e all’agire dell’uomo, è impensabile poter costruire una società giusta e pacifica senza incarnarla e viverla nelle istituzioni, negli stili di vita, nei comportamenti.
Senza la fraternità diviene più arduo accettare ed armonizzare le legittime differenze, vivere il perdono e la riconciliazione. E certamente è più difficile sconfiggere la tratta degli esseri umani, la corruzione ramificata, l’evasione fiscale egoista, l’esclusione e la mancanza di equità, cristallizzate nella società e nelle strutture, come lo è porre rimedio alla «democrazia a bassa intensità»2. È anche meno agevole riuscire a superare la crisi dell’impegno comunitario ed abbattere il «feticismo del denaro», «la dittatura di un’economia senza volto e senza uno scopo veramente umano», tutti mali coraggiosamente stigmatizzati nella recente esortazione apostolica Evangelii gaudium3, e che, come si dirà più avanti, in un modo o nell’altro, sono tra le cause delle tristi schiavitù moderne.
Non va dimenticato che, per papa Francesco, la lotta senza quartiere alla tratta degli esseri umani rientra tra gli obiettivi della realizzazione di una «democrazia ad alta intensità», ossia una democrazia ove, mentre ci si impegna a sradicare le cause strutturali della povertà, nelle sue forme vecchie e nuove, superando le risposte provvisorie dei piani meramente assistenziali, offrendo a tutti libertà, istruzione, assistenza sanitaria, lavoro dignitoso (libero e creativo, remunerato), casa, terra e una sana alimentazione, simultaneamente ci si adopera a rendere la stessa democrazia meno populista, oligarchica e paternalista, più sociale, più rappresentativa e partecipativa4.
A questo proposito va sottolineato che l’attuale papa, anche con i suoi ultimi discorsi indirizzati alla Delegazione dell’Associazione internazionale di Diritto penale (23 ottobre 2014), ai Rappresentanti dei Movimenti popolari (ricevuti il 28 ottobre 2014), alla FAO in Roma (20 novembre 2014), al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa (25 novembre 2014) punta alla rivitalizzazione dell’attuale democrazia che, come hanno sottolineato diversi studiosi, si è in un certo senso involuta rispetto agli ideali originari, alla figura dello Stato di diritto. Attraverso i discorsi appena elencati il pontefice argentino cerca di far comprendere che questa è la sfida cruciale dell’attuale momento storico. La realtà delle attuali democrazie va tenuta viva «evitando che la loro forza reale – forza politica espressiva dei popoli – sia rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali e non universali, che le indeboliscono e le trasformano in sistemi uniformanti di potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti»5.
La sfida è contro una concezione omologante della globalità, contro un pensiero unico dominante che colpisce la vitalità del sistema democratico, depotenziando quella dinamica di unitàparticolarità, quella dialettica ricca, feconda e costruttiva, che è creata dalla molteplicità delle organizzazioni e dei partiti politici, dal loro confronto franco e schietto; quell’inclusività che è insita nel progetto originario di ogni democrazia.
Secondo papa Francesco occorre allargare la base popolare e partecipativa dell’attuale democrazia, che è divenuta democrazia nominale, oligarchica ed assistenziale, «democrazia di un terzo», così potrebbe essere definita coniando l’espressione ispirandosi a Peter Glotz che parlava di «società dei due terzi». 3.

I PRINCIPALI CONTENUTI DEL MESSAGGIO 2015
Il Messaggio si suddivide in tre parti. La prima è costituita da una sezione biblica che, prendendo lo spunto dalla Lettera di san Paolo a Filemone, e da altri passi della Bibbia, mostra che nel disegno di Dio per l’umanità non c’è posto per la schiavizzazione degli altri.
Dio chiama tutti i suoi figli a rinnovare i loro rapporti interpersonali rispettando in ciascuno di loro l’immagine e la somiglianza divine, cosi come la dignità intangibile di ogni persona. Il peccato spinge a rigettare la vocazione ad essere fratelli, deforma continuamente la bellezza e la nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessa famiglia umana. L’incontro con Cristo, che ci fa nascere in Lui ad una vita nuova, quella dei figli di Dio, consente di rinnovare il cuore e di vivere da fratelli e sorelle. Dio, tramite Cristo, rende nuove tutte le cose, cambia le relazioni tra le persone, fa sì che tutti siano partecipi di una fraternità più che umana, una fraternità sovrannaturale ed universale.
È noto come la Chiesa, con la sua opera di evangelizzazione e il suo umanesimo, fin dai primi secoli abbia svolto un ruolo di primo piano nell’abolizione dell’istituto della schiavitù, che era accettato e regolato dallo stesso diritto statuale. La Chiesa ha indubbiamente contribuito all’evoluzione positiva delle coscienze, ciò che ha condotto a considerare la schiavitù un «reato di lesa umanità»6.
toso 3E tuttavia, questo tristissimo fenomeno non è mai stato definitivamente debellato. Come constata papa Francesco, nonostante i numerosi accordi firmati dalla Comunità internazionale, ancora oggi circa ventun milioni di persone secondo i dati recenti dell’ONU – bambini, uomini e donne – nei modi più diversi vengono privati della libertà e costretti a vivere in condizioni assimilabili alla schiavitù. È un dato sconfortante, che testimonia in parte il fallimento non solo della politica, ma anche delle società contemporanee, della loro cultura, dei loro ethos.
Nella sua seconda parte, il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2015, passando in rassegna le nuove forme di schiavitù, inchioda tutti, singoli e gruppi, a prendere atto con un serio esame di coscienza di tali forme barbare ed incivili di esistenza, presenti nelle nostre stesse città, a cui sovente non si presta sufficiente attenzione. Il pontefice riporta numerosi drammatici esempi:
a) lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti, a livello formale e informale nelle diverse tipologie del lavoro, da quello domestico a quello agricolo, a quello nell’industria manifatturiera, mineraria, tanto nei Paesi in cui la legislazione in materia dei diritti del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto in quelli in cui il lavoro è tutelato, ma dove viene praticato illegalmente il cosiddetto «lavoro nero»;
b) molti migranti che, nei loro drammatici viaggi, intrapresi nella speranza di un futuro migliore, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni, abusati fisicamente e sessualmente;
c) persone, tra cui molti minori, costrette a prostituirsi. Si tratta di veri e propri schiavi sessuali; di donne e soprattutto bambine date forzatamente in sposa, a volte anche vendute a tal fine, o trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza avere la possibilità di negare il proprio consenso;
d) minori e adulti, che sono fatti oggetto di mercimonio per l’espianto di organi, per l’arruolamento nei vari eserciti, per l’accattonaggio, per ogni tipo di attività illegali come lo smercio di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale;
e) persone rapite e tenute in cattività da gruppi terroristici in vista del riscatto e, in genere, per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti spariscono senza lasciar traccia, alcuni vengono venduti anche più volte, seviziati, mutilati, uccisi (cf n. 3).
Papa Francesco e, suo tramite, la Chiesa, ai fini di una reazione coraggiosa e della costruzione di una coesistenza giusta e pacifica che abbatta definitivamente la schiavitù, ne elenca alcune cause. La loro analisi permette di approntare soluzioni pertinenti, mobilitando istituzioni e società civili. Sono cause di tipo religioso ed antropologico7, sociale (povertà, mancato accesso all’educazione, scarse, se non inesistenti opportunità di lavoro, corruzione) e politico, economico e morale (sistemi economici che pongono al centro il dio denaro e non l’uomo), alcune delle quali a carattere fortemente patologico: conflitti armati, violenze, criminalità, terrorismo.

4. IMPEGNO COMUNE
Nella terza parte del Messaggio papa Francesco esorta a trovare soluzioni comuni per sconfiggere l’abominevole fenomeno della schiavitù.
Come detto sopra è l’analisi stessa delle sue cause che suggeriscono le vie da percorrere. Esse reclamano, anzitutto, il superamento di un’indifferenza generalizzata e globalizzata. Accanto ad un urgente e convergente lavoro istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili, esigono un vasto impegno da parte della società civile, articolato secondo tre linee fondamentali: il soccorso alle vittime, la riabilitazione sotto il profilo psicologico e formativo, la reintegrazione nella società di destinazione o di origine: lavoro, peraltro, svolto in maniera esemplare da diverse Congregazioni religiose, specie femminili.schiavitù 2
Le istituzioni – siano esse Stati, organizzazioni intergovernative e della società civile, ma anche il mondo imprenditoriale – sono chiamate, in particolare, a sviluppare una cooperazione a diversi livelli, che includa cioè soggetti nazionali ed internazionali, per combattere le reti transnazionali del crimine organizzato, le quali gestiscono la tratta delle persone ed il traffico illegale dei migranti.
A problemi mondiali, che superano le competenze di una sola comunità o nazione, deve corrispondere una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso.
Uno snodo decisivo per l’azione di contrasto, secondo papa Francesco, è dato dalle legislazioni nazionali riguardanti le migrazioni, il lavoro, le adozioni, la delocalizzazione delle imprese e la commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento, che devono realmente, e non solo formalmente, rispettare la dignità delle persone: «Sono necessarie – egli scrive − leggi giuste, incentrate sulla persona umana che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità».
Si può dire che la piaga della schiavitù moderna può essere guarita mediante quello Stato sociale, che oggi viene progressivamente smantellato sotto i colpi di un neoindividualismo utilitarista che non riconosce la relazionalità e la solidarietà.
Può essere prevenuta mediante una democrazia ad alta intensità, ovvero inclusiva, ove è reso possibile a tutti l’accesso all’educazione, al lavoro, alla sicurezza sanitaria, alla casa, al cibo, alla terra. Così, può essere vinta mediante l’affermazione di uno Stato di diritto che, come ha asserito papa Francesco davanti al Parlamento europeo (25 novembre 2014), poggia sulla dignità trascendente dell’uomo e va preservato da quel neoindividualismo libertario e da quel neoutilitarismo che oggi sembrano sgretolarlo, ponendo in gioco i diritti8, la sicurezza delle norme e la certezza delle pene.
Sul ruolo degli Stati paiono particolarmente forti le parole del pontefice, rivolte alla Delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale sul delitto della tratta delle persone (23 ottobre 2014): «E, dal momento che non è possibile commettere un delitto tanto complesso come la tratta delle persone senza la complicità, con azione od omissione, degli Stati, è evidente che, quando gli sforzi per prevenire e combattere questo fenomeno non sono sufficienti, siamo di nuovo davanti ad un crimine contro l’umanità.
Più ancora, se accade che chi è preposto a proteggere le persone e garantire la loro libertà, invece si rende complice di coloro che praticano il commercio di esseri umani, allora, in tali casi, gli Stati sono responsabili davanti ai loro cittadini e di fronte alla comunità internazionale ».
Il Messaggio della Giornata mondiale della pace 2015 menziona anche il ruolo della Santa Sede, che ha moltiplicato gli appelli alla Comunità internazionale ed ha organizzato alcuni incontri allo scopo di dare maggiore visibilità al fenomeno di questatratta infame e di agevolare la collaborazione tra diversi attori9. È di appena qualche giorno fa la firma del pontefice su una Dichiarazione congiunta con i leaders religiosi mondiali da Lui convocati a Roma (2 dicembre 2014).
Molto, tuttavia, rimane ancora da fare. È per questo che tutti hanno l’imperativo morale di impegnarsi a fondo, affinché la nostra generazione sia finalmente l’ultima a dover combattere il turpe commercio di vite umane. La Chiesa sollecita, specie attraverso le sue azioni di carattere caritativo, a compiere un cammino di conversione, che induca a cambiare lo sguardo verso il prossimo, a riconoscere nell’altro, chiunque sia, un fratello e una sorella in umanità e in Cristo.
E, inoltre, ad operare gesti di fraternità, a partire da un serio esame di coscienza personale e comunitario.
«Chiediamoci come noi – suggerisce il pontefice –, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone.
Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà» (n. 6).

Mons. Mario Toso
Segretario Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

testi toso 1

1 Cf su questo M. TOSO, Il Vangelo della fraternità, Lateran University Press, Città del Vaticano 2014.
2 Sulla democrazia a bassa o ad alta intensità si veda JORGE MARIO Card. BERGOGLIO, Noi come cittadini, noi come popolo, LEV-Jaca Book, Roma-Milano 2013, pp. 31-32.
3 Cf FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24.11.2013), LEV, Città del Vaticano 2013, nn. 52-60.
4 Sui temi dell’impegno dei cattolici rispetto ad una «democrazia ad alta intensità» mi permetto di rinviare a: M. TOSO, Il Vangelo della gioia. Implicanze pastorali, pedagogiche e progettuali per l’impegno sociale e politico dei cattolici, Società cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2014; ID., Riappropriarsi della democrazia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014.
5 FRANCESCO, Discorso al Parlamento Europeo (25 novembre 2014).
6 Della schiavitù moderne come «reato di lesa umanità» papa Francesco ne ha parlato abbastanza recentemente. Cf Discorso alla Delegazione internazionale dell’Associazione di Diritto Penale, 23 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2014, p. 4.
7 «Oggi come ieri – scrive il pontefice -, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o testi toso 2la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine» (n. 4).
8 L’individualismo libertario che domina la cultura odierna, e che costituisce il singolo a padrone della verità, provoca una progressiva erosione dei diritti umani. Giorno dopo giorno diventa sempre più evidente che, specie nell’area occidentale, ma non solo, si sta affermando una vera e propria strategia contraria specie ad alcuni diritti umani fondamentali che, codificati nel Novecento, costituiscono un prezioso patrimonio a favore della vita e della dignità della persona. L’affermazione non è un azzardo. Basti solo pensare alla vanificazione concreta del diritto al lavoro per molti giovani (in Italia più del 43% disoccupati), agli assalti all’istituto del matrimonio tra un uomo e una donna, alla liberalizzazione dell’aborto. Rispetto a quest’ultimo è dei giorni scorsi l’approvazione del parlamento francese di una risoluzione che eleva l’aborto a diritto fondamentale. Si è così di fronte a fenomeni che contrastano in modo radicale e drammatico con le Carte internazionali dei diritti umani. Considerare l’aborto come «diritto» apre un baratro di cui non si scorge il fondo: si praticherà quando e come si vuole, senza limiti, nei suoi confronti non varrà l’obiezione di coscienza, che pure è caposaldo delle libertà personali. Nell’ottica del documento francese, chi obietterà si opporrà all’esercizio di un diritto, entrerà in uno spazio giuridico negativo, fino a poter subire sanzioni.
9 La Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, assieme ad altre Istituzioni, per desiderio del pontefice, ha organizzato un Seminario sulla tratta delle persone che si è svolto presso la Casina Pio IV dal 2 al 3 novembre 2013.
Al termine di tale Seminario è stato sottoscritto dai partecipanti uno Statement in cui sono suggeriti, per la stessa Santa Sede alcuni passi da compiere sul piano internazionale al fine di sconfiggere la piaga della schiavitù moderna. Tra le cose da promuovere si propone, oltre alla sottoscrizione e ratifica di protocolli e Convenzioni, a livello mondiale ed europeo, di promuovere un movimento che garantisca l’impegno della Chiesa cattolica, e di tutti gli uomini e donne di buona volontà, di por fine al traffico di persone e alla prostituzione; nonché di incoraggiare gli ordini religiosi maschili a lavorare insieme a quelli femminili con l’obiettivo di offrire un sollievo immediato alla sofferenza delle vittime della schiavitù, e di combattere a vasto raggio la loro possibile esclusione sociale (cf THE PONTIFICAL ACADEMIES OF SCIENCES AND SOCIAL SCIENCES, Trafficking in Human Beings: Modern Slavery, Vatican City 2013, p. 17).