Non si ferma la "strage silenziosa" di bambine in India | ilcantico.fratejacopa.net

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La tradizionale preferenza per il figlio maschio continua a provocare una vera e propria ecatombe di bambine in India. Dai dati dell’ultimo censimento della popolazione indiana è emerso infatti che nella fascia d’età 0-6 anni il “deficit” di femminucce rispetto ai maschietti raggiunge oggi i 7,1 milioni. Nel censimento 2001 questo divario era di 6 milioni e in quello del 1991 di 4,2 milioni. Mentre in tempi neppure tanto lontani in alcuni Stati dell’India settentrionale ed occidentale era diffuso il fenomeno dell’infanticidio o dell’abbandono di bambine, oggi prevale la pratica dell’aborto selettivo di feti di sesso femminile.

Questo fenomeno è molto accentuato tra i secondogeniti di famiglie indiane a cui è nata già una femminuccia. Mentre non c’è una chiara preferenza per un maschietto nella prima gravidanza, la tendenza si profila nettamente in quelle successive. Quando si scopre che il nascituro sarà nuovamente di sesso femminile, la tentazione di ricorrere ad un aborto per eliminare il feto è davvero molto forte. Inoltre il ricorso all’aborto selettivo di figlie femmine aumenta soprattutto nelle famiglie benestanti e nelle donne con dieci o più anni di educazione.

La “strage silenziosa” non solo è emblematica per lo status delle donne nella più grande democrazia del mondo, ma anche per il livello di impunità di cui godono soprattutto le famiglie più ricche e una certa classe medica. Infatti per le famiglie benestanti è molto facile pagare uno specialista disposto a violare la legge e ad effettuare nel suo studio privato un’ecografia per stabilire il sesso del nascituro. Una legge entrata in vigore il 1° gennaio 1996 vieta infatti l’uso di macchine ad ultrasuoni per determinare il sesso del feto.

Come sottolinea l’Independent (25 maggio), su circa 800 cause aperte contro medici in 17 Stati dell’Unione Indiana solo 55 si sono concluse con una condanna. Gli attivisti, come Sabu George, del Centre for Enquiry into Health and Allied Themes (CEHAT), che ha una lunga esperienza alle spalle in materia, non esitano a puntare il dito contro ciò che chiamano la “potente lobby” (Guardian, 25 maggio) di medici e di compagnie (anche occidentali, come la statunitense General Electrics) che vendono macchinari per le ecografie tridimensionali ed alimentano il lucrativo mercato della determinazione del sesso.
Come ricorda l’Indipendent, si tratta di un mercato di almeno 100 milioni di dollari l’anno, con circa 40.000 cliniche o studi medici specializzati registrati ufficialmente presso le autorità indiane. Anche compagnie come Yahoo e Google contribuiscono a loro modo al fenomeno dell’aborto selettivo di femminucce: nonostante la legge continuano a fare pubblicità o a sponsorizzare link specializzati.

Come ha spiegato in un’intervista alla Radio Vaticana (25 maggio) la responsabile dei Programmi Unicef-Italia, Donata Lodi, “il problema degli aborti selettivi, in India, è di vecchia data”. Per arginare il fenomeno “non basta dire ‘no’ agli aborti selettivi o ‘no’ all’infanticidio”. “Bisogna – ha continuato – riuscire ad impostare la cosa in termini di diritti e quindi anche di diritti delle bambine e delle donne, per cambiare un atteggiamento profondamente radicato nelle culture di questa regione del mondo. Sappiamo benissimo per esperienza non solo degli ultimi anni, ma anche del passato, che cambiare questi trend culturali profondi in una società è estremamente difficile”.

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