In occasione della Festa di S. Giuseppe Lavoratore S.E. Mons. Mario Toso ha proposto un’importante riflessione sul tema del lavoro, articolata nei seguenti punti:
1. Una nuova evangelizzazione del sociale, grembo dell’umanizzazione del lavoro
2. Un nuovo umanesimo del lavoro
3. Il lavoro dignitoso e tutelato, antidoto alla povertà e precondizione di uno sviluppo integrale, sostenibile ed inclusivo
4. Lavoro dignitoso per tutti, condizione di una democrazia inclusiva e partecipativa.
Per gentile concessione dell’autore Il Cantico ne inizia in questo numero la pubblicazione con la trattazione del primo punto

S.E. Mons. Mario Toso

PREMESSA
TosoIl magistero di papa Francesco, allorché affronta il tema del lavoro, muove dall’esperienza dell’evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo e, in particolare, dalla missione della Chiesa che, facendone memoria, specie mediante la celebrazione dell’Eucaristia, è inviata ad annunciare e a testimoniare al mondo il «Vangelo del lavoro». È questa una visione specifica della comunità ecclesiale, secondo la quale il lavoro è attività che dev’essere realizzata vivendo in Cristo, a motivo del fatto che il Verbo di Dio si è fatto carne e ha assunto ogni uomo, tutto l’uomo e, quindi, ogni attività umana per «ricapitolarli», per «viverli» trasfigurandoli, rinnovandoli secondo il suo Spirito.
Il lavoro e ogni altra attività, mediante la consapevolezza da parte del credente di vivere Cristo, dovrebbero essere, per conseguenza, abitati e animati dalla pienezza umana che è in Lui. In altri termini, il credente è chiamato a vivere il lavoro secondo la vita nuova che Cristo ha conquistato per ogni persona salendo sulla croce e realizzando un’umanità in piena comunione con Dio.
Per la Chiesa, il lavoro umano, «atto della persona» che è in Cristo, non può essere vissuto in qualsiasi maniera. Esso va visto e impersonato come attività che è espressione di un’umanità in comunione con la pienezza umana di Cristo. E, quindi, è strutturato secondo quello spessore antropologico ed etico che è proprio di un soggetto umano che è insieme figlio di Dio, figlio nel Figlio, e pertanto soggetto che partecipa dell’umanità di Cristo e della sua opera di redenzione. La Chiesa, costituita comunità missionaria della salvezza trasfigurante realizzata da Cristo, ha il compito di sviluppare – accogliendola e celebrandola –, l’evangelizzazione del lavoro, nel contesto dell’evangelizzazione del sociale. Questa è missione della comunità ecclesiale, e di ogni sua componente perché sono costituiti da Cristo stesso come annunciatori e testimoni della sua salvezza integrale, ossia di una salvezza che raggiunge ogni attività umana, compreso il lavoro.
Oggi, il mondo del lavoro si trova ad affrontare un periodo di grandi trasformazioni e di crisi profonda, soprattutto dal punto di vista antropologico ed etico. Non solo il lavoro manuale e produttivo subisce svalutazione, ma aumenta il numero di persone, specie giovani e donne, per le quali non è facilmente accessibile1. Inoltre, proprio quando c’è crisi, cresce il lavoro disumano e sottopagato, il lavoro-schiavo, il lavoro senza giusta sicurezza, oppure senza rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia; il lavoro di domenica quando non è necessario.
Si sente più forte il bisogno di lavoro dignitoso. In una comunità c’è speranza sociale quando ci si prodiga, ripete papa Francesco, sulla scia aperta dai suoi predecessori, affinché vi sia un lavoro dignitoso per tutti. Occorre perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento per tutti, aveva già auspicato papa Benedetto nella Caritas in veritate (cf n. 32)2.
Per comprendere meglio l’insegnamento di papa Francesco ed anche per meglio partecipare alla preparazione del prossimo Convegno ecclesiale che ci sollecita ad elaborare un nuovo umanesimo a partire da Cristo, si approfondisce qui la dimensione sociale dell’evangelizzazione per coglierne le ricadute nella pastorale sociale e nell’umanizzazione del lavoro.

1. UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DEL SOCIALE, GREMBO DELL’UMANIZZAZIONE DEL LAVORO
La Chiesa ha il compito di procedere all’evangelizzazione del lavoro all’interno dell’evangelizzazione del sociale3. A fronte delle sfide odierne è evidente che l’evangelizzazione del sociale non può che configurarsi come «nuova». L’abbastanza recente Esortazione apostolica Evangelii gaudium (=EG) di papa Francesco,4 per sé, non impiega l’espressione «nuova evangelizzazione del sociale », ma quanto essa scrive a proposito della dimensione sociale della fede e dell’evangelizzazione, specie nel capitolo IV, autorizza e sollecita ad adoperarla, nonché ad attuarla.
Perché, dunque, l’impegno di una «nuova» evangelizzazione del sociale5? Papa Francesco la propone per almeno tre ragioni principali:
a) una maggior fedeltà al mistero della «redenzione integrale» operata da Cristo e alla missione evangelizzatrice ed apostolica della Chiesa che ne deriva e che implica anche l’umanizzazione del lavoro: se la dimensione sociale della fede e dell’evangelizzazione non è riconosciuta, accolta, celebrata e vissuta (annunciata e testimoniata), si corre il serio pericolo di sfigurare il senso autentico ed integrale della missione evangelizzatrice della Chiesa (cf EG n. 176) e, quindi, dell’opera redentrice e trasfiguratrice compiuta da Gesù Cristo, ostacolandone l’accesso e la fecondità per i singoli e le comunità, per la loro vita considerata sia dal punto di vista personale sia dal punto di vista sociale.
Se non si evangelizza il sociale e, quindi, anche la famiglia, l’economia, il lavoro e la politica, ma anche i mass media, si attua un’evangelizzazione solo per la vita interiore. Ciò non deve avvenire, perché Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini, le loro attività, le istituzioni e le strutture.
Confessare la propria fede e che si è creati ad immagine della comunione divina che è la Trinità, significa riconoscere che lo Spirito del Padre e del Figlio penetra in ogni situazione umana e in tutti i vincoli sociali (cf EG nn. 177-178). La mancata fedeltà al «volume totale» della salvezza realizzata da Cristo, che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf Ef 1,10), mette a repentaglio l’autenticità dell’annuncio e della testimonianza evangelica, nonché la validità dell’opera formatrice ed educatrice, dell’animazione sociale e culturale, a cui è chiamata tutta la comunità ecclesiale, assieme ai suoi movimenti, alle sue associazioni ed organizzazioni;
b) una maggiore fedeltà all’antropologia e all’etica in generale, e dell’economia e del lavoro in specie, derivanti dal realismo dell’incarnazione di Cristo, dall’incontro tra l’umano e il divino, quale si realizza nella comunione delle persone con Dio, con la pienezza umana che dimora nel Figlio unigenito (cf Ef 4, 11-14). La nuova evangelizzazione ha come obiettivo centrale quello di annunciare Cristo, di favorire o di rinnovare l’incontro di ogni persona con Lui, redentore e salvatore dell’umanità. Lo ha ricordato, in particolare, papa Benedetto XVI, nella scia del magistero del futuro beato Paolo VI, nella sua enciclica Caritas in veritate6.toso2
Secondo papa Ratzinger, un nuovo pensiero, una nuova sintesi culturale – frutto dell’armonia di diversi saperi (cf CIV n. 30) –, in una parola, un nuovo umanesimo sociale e trascendente (del lavoro, della famiglia, dell’economia, della politica), una nuova progettualità e una nuova prassi costruttrice di un mondo più giusto e pacifico, come anche un cristianesimo più vitale e civilizzatore, non ridotto a mera riserva di buoni sentimenti (cf CIV n. 4), possono nascere soltanto dal rinnovato incontro personale con Gesù Cristo, da un più intenso amore per Lui, grazie ad una nuova evangelizzazione. È solo dimorando in Lui, vivendo di Lui – Amore pieno di Verità –, che si può superare la limitatezza di pensiero e la mancanza di fraternità e trovare una nuova visione e una nuova etica per lo sviluppo e il lavoro;
c) un discernimento non condizionato da visioni ideologiche o distorte della realtà sociale in generale, della politica, dell’economia, della finanza e del lavoro in particolare.
Quanto detto a proposito di una nuova evangelizzazione del sociale implica una conversione o un cambio di atteggiamenti:
1) anzitutto, di tipo religioso: mediante l’incontro o il reincontro con l’amore di Dio in Gesù Cristo, che si tramuta in felice amicizia e in una permanenza reciproca. La coscienza è riscattata dall’isolamento e dall’autoreferenzialità. Si giunge ad essere pienamente umani perché l’incontro con Dio in Gesù Cristo, e l’intima comunione con Lui, ci rende più umani, conducendo al di là di se stessi. Dall’esperienza dell’accoglienza dell’amore trasfigurante di Dio Trinità sgorga una più intensa e convinta azione evangelizzatrice ed umanizzatrice, anche con riferimento al tema del lavoro, che è al centro della nostra attenzione in questa breve riflessione sul magistero di papa Francesco;
2) in secondo luogo, di tipo pastorale: passando da un’azione di semplice conservazione dell’esistente ad un’azione più decisamente missionaria, che porta a raggiungere tutte le periferie bisognose della luce del vangelo – oggi il mondo del lavoro è divenuto maggiormente periferia –, a cercare i lontani, ad arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi, per toccare la carne sofferente di Cristo nella gente, accompagnando l’umanità in tutti i suoi processi, compreso quello dell’attuale grande transizione, che investe il lavoro e che si articola lungo queste assi fondamentali: religiosoculturale, geoeconomica e geo-politica, economico- sociale, demografica, ambientale.
La conversione pastorale e missionaria non lascia le cose così come stanno. Comanda un deciso processo di discernimento, una permanente riforma di sé, delle strutture ed istituzioni ecclesiali, comprese le associazioni, le organizzazioni e i movimenti, per renderli più funzionali o, meglio, ministeriali all’evangelizzazione e alla connessa opera di umanizzazione. Una pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del «si è fatto sempre così», per essere audaci e creativi, per ripensare gli obiettivi e i metodi.
In un contesto di individualismo post-moderno e globalizzato, l’azione pastorale, rammenta papa Francesco, deve mostrare, meglio che in passato, che il nostro Padre esige ed incoraggia una comunione che guarisce, promuove e rafforza i legami interpersonali e ad essere costruttori del progresso sociale e culturale di tutti (cf EG n. 67).
Un’azione pastorale, conscia del secolarismo odierno, che tende a confinare la fede e la Chiesa nell’ambito privato, deve impegnarsi a superare la negazione della trascendenza che produce una crescente deformazione etica ed assolutizza i diritti degli individui (cf EG n. 64);
3) in terzo luogo, di tipo pedagogico: occorre formare gli operatori a superare una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni, quasi dissociandosi dalla loro missione evangelizzatrice (cf EG n. 79); occorre formare a sconfiggere quel relativismo pratico che consiste nell’agire come se Dio non esistesse, nel decidere come se i poveri non esistessero, nel lavorare come se quanti non hanno ricevuto l’annuncio non esistessero (cf EG n. 80); occorre educare a vincere il pessimismo sterile ed anche un ottimismo ingenuo che non tiene conto delle difficoltà, nonché la «desertificazione spirituale» delle nostre società, a vivere il realismo della dimensione sociale del Vangelo, scoprendo nel volto dell’altro il volto di Cristo (cf EG n. 88), a sperimentare la «mistica» del vivere insieme, fraternamente (cf EG n. 92), a deporre la pretesa di dominare lo spazio della Chiesa (cf EG n. 95), a non essere in guerra tra credenti (cf EG n. 98); urge formare un laicato non introverso, bensì capace di far penetrare i valori cristiani nel mondo sociale, giuridico, politico ed economico (cf EG n. 102).
Al lato pratico, tutto ciò comporta che, dal punto di vista pastorale, si renda più strutturata e corposa la catechesi sociale7; si proceda ad un’adeguata formazione dei sacerdoti e degli stessi formatori dei formatori con riferimento sia all’imprescindibile dimensione sociale della fede e dell’evangelizzazione sia all’accompagnamento spirituale, affinché studino, conoscano la Dottrina o insegnamento o magistero sociale della Chiesa e sollecitino alla sua sperimentazione e al suo aggiornamento;
4) in quarto luogo, sul piano del discernimento. Esso dev’essere, anzitutto, evangelico (cf EG n. 50), oltre che comunitario. Il che significa che non ci si può limitare, sulla realtà contemporanea, a compiere il pur necessario discernimento sociologico, economico, politico, giuridico. Su di essa è necessario porre uno sguardo più profondo, teologico, che si ispira al Vangelo di Cristo e si nutre della luce e della forza dello Spirito Santo, per cogliere l’esigenza della sua più autentica umanizzazione.
Detto altrimenti, il discernimento cristiano mira ad un’analisi, ad una giudicazione, oltre che ad una trasformazione della realtà sociale, primariamente sul piano antropologico ed etico, grazie alla considerazione della sua intrinseca dimensione di trascendenza sia in senso orizzontale sia in senso verticale.

S.E. Mons. Mario Toso
Vescovo di Faenza Modigliana,
già Segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace

(Continua)

1 La disoccupazione in Italia, dopo il calo di gennaio 2015, è tornata a crescere, portandosi al 12,7% e colpendo maggiormente donne e giovani. Ciò significa che gli effetti auspicabilmente positivi di alcuni recenti provvedimenti governativi non si avranno a breve e che la strada è ancora in salita. Tra i nodi da affrontare con urgenza, anche in ottica occupazionale, c’è quello degli investimenti, da favorire con un’appropriata fiscalità, così come quello dell’efficientamento delle infrastrutture, della rapidità della pubblica amministrazione e della giustizia civile. E ciò nel quadro di un grande patto sociale tra governo e corpi intermedi in vista di politiche attive del lavoro per tutti.
2 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, LEV, Città del Vaticano 2009 (= CIV).
3 Sul tema della nuova evangelizzazione del sociale ci permettiamo di inviare a. M. Toso, Nuova evangelizzazione del Sociale, Benedetto XVI e Francesco, LEV, Città del Vaticano 2014
4 FRANCESCO, Evangelii gaudium, LEV, Città del Vaticano 2013.
5 Sul tema della nuova evangelizzazione del sociale si può consultare il volumetto M. TOSO, Nuova evangelizzazione del sociale. Benedetto XVI e Francesco, LEV, Città del Vaticano 2014.
6 Cf BENEDETTO XVI, Enciclica Caritas in veritate, LEV, Città del Vaticano 2009, n. 8.
7 Da questo punto di vista, vanno senz’altro integrati gli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia: Incontriamo Gesù della Conferenza Episcopale Italiana, editi dopo la pubblicazione dell’Evangelii gaudium (San Paolo, Milano 2014). Il quarto capitolo dell’Esortazione apostolica che parla della dimensione sociale dell’evangelizzazione non dev’essere ignorato.