comunicazione-autenticaQuale comunicazione?
Occorre distinguere una comunicazione non autentica, anche se può essere efficace e tecnicamente ben condotta, da una comunicazione autentica. Quest’ultima è per la diffusione del bene, per la promozione della dignità della persona e per una comunione vera. La comunicazione non è un mezzo, ma una qualità fondamentale della relazione tra le persone. Quando non si costruisce comunione, quando verifichiamo che la comunicazione non è improntata alla reciprocità e non si traduce nella costruzione di collaborazione e cooperazione all’interno della società, si può a ragion veduta parlare di comunicazione inautentica o di non-comunicazione, almeno nel senso della verità della comunicazione e dei suoi fini.

Il nostro linguaggio è inautentico quando non è né veritiero (potremmo dire falso) né trasparente, ovvero quando non esprimiamo noi stessi, ma ci nascondiamo dietro a una maschera ingannevole. Per esempio un linguaggio inautentico è quello ideologico che non pone in presenza di un’intersoggettività (due soggetti si ascoltano reciprocamente nel rispetto l’uno dell’altro), ma cattura gli altri e non li valorizza come soggetti attivi.

Comunicare è partecipare
Comunicare significa: “Rendere comune, far parte ad altri di ciò che è proprio; per lo più di cose non materiali” (Vocabolario Treccani). “La comunicazione per un cristiano, nasce dal fatto che l’uomo è chiamato a partecipare. Ciò presuppone e comporta un principio di uguaglianza. In latino communicatio contiene il termine munus, ovvero dono. Quest’ultimo è il riconoscimento di qualcosa che non ci appartiene, che viene messo in comune e al quale tutti siamo chiamati a partecipare, condividendolo allo stesso titolo.

La partecipazione, infatti, presuppone un ethos condiviso rispetto al quale ci riconosciamo tutti vincolati ad un bene comune”(L. Alici, Etica e comunicazione, in “La Parabola”, giugno 2006, p.15). Per molti secoli la filosofia non si è interessata della comunicatività. Questo interesse è un aspetto del nostro tempo. Venendo alla luce il linguaggio, la svolta linguistica ha portato la filosofia a porre l’accento sulla comunicatività e sulla persona in relazione. Nel messaggio per la XL Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, Benedetto XVI scriveva: “La comunicazione autentica esige coraggio e risolutezza.

Esige la determinazione di quanti operano nei media per non indebolirsi sotto il peso di tanta informazione e per non adeguarsi a verità parziali o provvisorie. Esige piuttosto la ricerca e la diffusione di quello che è il senso e il fondamento ultimo della esistenza umana, personale e sociale. In questo modo i media possono contribuire costruttivamente alla diffusione di tutto quanto è buono e vero”.

Lucia Baldo

“È necessario che pure su Facebook il cattolico, anche giovane, si faccia subito riconoscere per uno stile diverso rispetto a una certa volgarità e superficialità oggi alla moda. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui”.
Papa Benedetto XVI