S. Francesco nella sua continua attenzione al tempo ci insegna che possiamo fruirne solo accogliendolo nella riconoscenza e condividendolo nella giustizia piena del Signore che ha voluto riconoscessimo in ogni uomo un nostro fratello. Per ispirazione dello Spirito egli ha posto nella sua sequela l’appartenenza ad una fraternità e il sentire con la Chiesa, per scoprire incessantemente il tempo della lode, del rendimento di grazie, e sperimentarci nel tempo della cura: tempo della coltivazione della sua Parola in noi, tempo della relazionalità profonda nel suo nome, tempo dell’attenzione a trafficare il talento evangelico della fraternità nella edificazione della realtà temporale per l’intera famiglia umana. Ricerchiamo nel silenzio, nella preghiera, nella condivisione familiare e fraterna i modi per amministrare il dono del tempo e decidere le priorità. Il cammino quaresimale diventi occasione preziosa per purificare il nostro modo di sentire e abitare il tempo.

L’impegno per nuovi stili di vita ci richiama ad esaminare la gestione del nostro tempo per orientarlo a ciò che è essenziale e restituirlo alla sua dignità di dono. Nella nostra epoca ossessionata dal fare, produrre, consumare, si occupa il tempo, lo si monetizza, lo si organizza nel tentativo di poterlo trattenere o nell’illusione di poter esorcizzare l’angoscia di un tempo vuoto. Assistiamo quotidianamente ad un processo di omogenizzazione del tempo: la produttività, il fare più cose segna ormai anche il tempo privato oltre che il tempo pubblico, il tempo del lavoro. Non c’è più tempo per la liberalità, non c’è più tempo per la gioia di stare insieme, non c’è più tempo per pensare. Così come assistiamo ormai al fenomeno della parcellizzazione del tempo: anche nella famiglia il tempo viene rigorosamente diviso in scomparti (tempo dello shopping, tempo per lo sport, tempo del weekend…). Viene sempre più reclamato un tempo per se stessi, per la ricerca di un proprio benessere personale, un tempo di divertimento, di distrazione, vero e proprio tempo di fuga, nel tentativo di realizzarsi al di fuori della quotidianità. Siamo immersi in una cultura del tempo chiuso in se stesso, dimentico della relazione che fonda il tempo, deliberatamente staccato da ogni possibile legame con l’eternità. La storia della salvezza ci dice la tenerezza di un Dio che ha perso tempo con noi e che ha reso sacro il tempo.

ripensare-tempoContro l’oblio e la dismissione ci chiama più che mai a fare memoria concretamente di tutto questo nella nostra vita e a darne testimonianza. Siamo chiamati a liberare il nostro modo di vivere il tempo dalle incrostazioni della mentalità dominante per riconoscerlo come gratuità da amministrare a favore di tutti quale dono di Dio. Urge ripensare il tempo prendendo coscienza che banalizzare il tempo vuole dire banalizzare la vita. Il primo passo in questa direzione, per non lasciarci fagocitare dal tempo o viverlo nel grigiore indifferenziato della mancanza di senso, è proprio dedicare il tempo a ciò che è fondamentale: vivere la comunione con Dio. Rifare memoria, rivivendo i misteri della vita di Cristo, di quella relazione che sola ci può immettere nella prospettiva di un tempo pieno di senso, riconoscendo di trovarci in un tempo donato, di non possedere il nostro tempo se non come dono ricevuto. Vivere il tempo, superando di giorno in giorno la tentazione di autopossesso, può essere frutto solo di una relazione d’amore. È «il Dio con noi» che ridà qualità al mio tempo, che in questo modo può divenire tempo di com-passione, di condivisione, che mi apre all’impegno per un dono del tempo senza limiti. È tutta la nostra esistenza che deve essere partecipata e vissuta in una logica di presenza e di rendemento di grazie. E tutto questo va nutrito, coltivato, riproposto nel tempo.

Incominciamo a imparare con amore a riconvertire il nostro tempo perché sia tempo della relazione con Dio e tempo di rinnovata relazione con i fratelli. Per recuperare la profondità del tempo come storia di salvezza e viverlo in quella tensione di gratuità che ci viene da Colui che ha redento il tempo, ridiamo il suo spessore al tempo: * tempo per «stare col Padre nel segreto» e per vivere la liturgia come «conformazione a Cristo», invocando la grazia di scoprire continuamente le orme dell’Eterno nel tempo; * tempo per purificare la mente, il cuore da ciò che è superfluo: per nutrirsi di Dio e rinnovare la nostra sensibilità all’altro. Sarà il primo passo per aprirci al ripensamento del nostro stile di vita, alla riparazione del tessuto sociale in una prospettiva di fraternità; * tempo per «usare – a nostra volta – misericordia», tempo dell’operare quotidiano, tempo della com-passione, della compartecipazione, della convivialità per dare spazio alla diaconia, al servizio, alla responsabilità, valorizzando il quotidiano come tempo sacro, tempo della restituzione a Dio.

Occorre ritornare anche come famiglie a non farci scegliere il tempo da altri. Il tempo è il primo dono che il Signore ci fa. Si tratta di ripensarlo ridandogli qualità: tempo di lavoro, di festa, di silenzio, di contemplazione, di condivisione, di socialità. Il mondo è ormai condizionato dal ritmo accelerato del cosiddetto tempo reale (i tempi della rete…) ma sono i tempi del cuore, della coltivazione, della crescita, propri della famiglia che ci rivelano i tempi di Dio, la sua pazienza, la sua misericordia, la sua gratuità. Meno condizionati dalla logica dell’avere e del consumo, potremo liberare il nostro tempo, le nostre energie, per una rinnovata relazionalità all’interno della famiglia e per una maggiore capacità di accoglienza e di convivialità con chi è attorno a noi, con chi è nella necessità. La gioia di una vita più semplice e più vera non passa forse dall’uscire dalla banalizzazione di tanta parte del nostro tempo?

Argia Passoni