Scuola di Pace a Faenza (3-5 gennaio 2020)

 

sperare la paceIl titolo della Scuola di Pace, promossa in collaborazione con la Diocesi di Faenza, rimanda al senso stesso del nostro convenire per riflettere sulla pace. È sempre da rinnovare infatti l’incontro con Cristo nostra pace perché la speranza della pace possa trovare spazio sulla terra. La pace ci chiama a operare rinnovando nel tempo quelli che sono i passi della pace e rifarci al Messaggio della Giornata Mondiale della Pace diventa di anno in anno possibilità di riportare al cuore i dettami della pace per apprendere a riparare nella complessità del tempo presente tutto ciò che contraddice la pace, riparare sempre e nuovamente ciò che è stato diviso, vilipeso, umiliato, scartato. Apprendere a farlo come Chiesa in cammino con tutti gli uomini e le donne di buona volontà è determinante perché la speranza, tensione esistenziale importante per ciascun uomo, è consegnata ai cristiani come virtù teologale di cui rendere ragione.
La lettura del Messaggio ha fatto cogliere le connessioni profonde tra pace e speranza, portandoci a considerare quale speranza renda veramente possibile l’operosità instancabile necessaria alla pace. È la speranza che risiede in Cristo che cammina con noi nella storia e che non annienta la speranza umana, ma la rende perseverante. La speranza ha un nome: è la persona di Cristo nostra speranza. “Se la mia vita è inserita in Cristo, scopro che la mia vita partecipa del grande impegno posto in atto da Cristo nella redenzione della creazione per cieli nuovi e terra nuova” ha sottolineato con forza S.E. Mons. Mario Toso nella sua Presentazione.
La pace è frutto del superamento di mali sociali, economici, ma anche spirituali, morali, relazionali. E tutto questo non si conquista con il deterrente della paura o con la minaccia dell’annientamento totale. La pace ha bisogno di un lavoro di ricerca della verità e della giustizia, considerando le vie di uscita dai conflitti e dalle guerre verso il bene comune. Ha bisogno di costruire una reale fratellanza che comporta dialogo, riconciliazione, un ordine economico più giusto e la gioiosa sobrietà della condivisione.
Ha bisogno di fare memoria non solo degli avvenimenti che hanno marcato dolorosamente la storia, ma anche della propria umanità capace di bene. Determinante, ci ricorda il Messaggio, è “un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità dell’intera famiglia umana”.
Tutto questo ci chiama in causa fortemente, c’è una problematicità da affrontare. Che concetto abbiamo di coscienza? Che cos’è il bene comune? Come intendiamo il dialogo? La pace può essere realizzata quando tutti riconoscono la legge morale naturale e si adoperano ad acquisire le virtù umane e politiche necessarie. Come far crescere la volontà politica del bene comune? Come rinvigorire la coscienza morale? Per sperare convintamente la pace dobbiamo creare nuove condizioni a livello culturale, a livello di rappresentanza. Su tutto questo si misura il rendere ragione della speranza che è in noi.
Quando poi si parla di sperare la pace in rapporto all’equità e alla sostenibilità economica ci si sente smarriti di fronte ad una economia che, nelle dinamiche di globalizzazione selvaggia oggi in essere nel mondo, arriva con processi di finanziarizzazione speculativa a divorare uomini e natura. Eppure la speranza cristiana chiede di pensare all’inedito; interpella a ripensare ad una economia che sia civile, una economia che tenga conto della dignità della persona umana e della creazione. La speranza cristiana ci chiama a dare corpo a quei germi di futuro che sono già presenti e che dobbiamo far fruttificare, rafforzando la conoscenza dei mezzi a disposizione per opporsi ad una economia che uccide, promuovendo e sostenendo la edificazione di uno stato di diritto, lavorando per riportare l’economia nel suo ambito con tutto ciò che questo comporta per implementare organismi internazionali capaci di controllo e di orientamento di politiche adeguate.
Un percorso che esige di essere accompagnato da un cammino di conversione ecologica, che implica uno sguardo nuovo sulla vita, e una relazionalità rinnovata con Dio, con ogni altro uomo e con tutta la creazione; dunque è in stretta connessione con l’interdipendenza e la reciprocità proprie della dimensione umana ma anche della dimensione creaturale nel suo senso più ampio, come ha ben evidenziato P. Martín Carbajo Núñez nella sua riflessione. Onorare lo statuto creaturale voluto dal Creatore e Padre di tutti è un passo di grande importanza per l’oggi. Sentire il creato come casa comune, con l’affettività che ne consegue, e battersi rispetto alla mercificazione della natura vuole dire non solo fare pace in senso generale, ma risanare la desertificazione della terra assieme alla desertificazione del cuore provocata dal peccato ecologico.

Per dare ai lettori del Cantico la possibilità di entrare nel merito del Messaggio che evidenzia come la pace abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza, pubblichiamo a seguire le relazioni integrali di S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza-Modigliana, e la relazione del Prof. Martín Carbajo Núñez Ofm “La pace come cammino di conversione ecologica”, rimandando al prossimo numero la relazione del Prof. Paolo Rizzi “Speranza e pace: equità e sostenibilità per una nuova economia” assieme all’intervento di apertura della Scuola di Pace ad opera di Mattia Brienza, che ha portato in presenza l’apporto del mondo giovanile attraverso la straordinaria esperienza del Sinodo dei giovani, promosso dalla Chiesa Faentina, in ordine al divenire artigiani di pace nel cammino ecclesiale e civile.

A cura della Redazione

ISSN 1974-2339