• Di fronte agli enormi squilibri di questo nostro mondo globalizzato, di fronte all’impoverimento dell’umano rivelato dalla profonda crisi in atto, e al depauperamento crescente di risorse di vita e di futuro, si pone più che mai l’esigenza di un cambiamento, rivedendo i nostri comportamenti e ripensando ad un nuovo modello di sviluppo. La proposta di nuovi stili di vita costituisce un punto nodale per far entrare nella nostra quotidianità questo ripensamento ed immetterci concretamente in quel cammino di conversione assolutamente necessario per passare dall’appropriazione alla relazionalità, dall’indifferenza alla cura del bene comune e porci in quella prospettiva di condivisione e di convivialità, che sarà possibile far diventare lievito di un nuovo vivere insieme solo se si fonda sulla responsabilità di ciascuno.

• La nostra società, sempre più globalizzata, di fatto impone criteri di giudizio, modelli di comportamento e stili di vita che sovente sono in contrasto con il Vangelo e con la vera promozione dell’uomo, di ogni uomo. È in gioco la qualità di vita delle persone quando si identifica crescita con sviluppo economico, quando ciò che è superfluo diventa essenziale, quando la libertà è confusa con la licenza di asservire, sfruttare, distruggere vite umane e realtà ambientali, quando la solidarietà si traduce in una distratta elemosina di ciò che avanza, quando la relazione interpersonale è falsata da una visione utilitaristica o è ostacolata dalla paura dell’altro, da diffidenze e pregiudizi. Si stanno erodendo le risorse del pianeta, ma assieme ad esse le stesse risorse della convivenza: le risorse spirituali, le risorse relazionali, le risorse fondamentali per la costruzione della polis, della città terrena.

• Occorre mutare rotta, è chiamata in causa la nostra responsabilità. Noi possiamo cambiare. Come uomini di buona volontà dobbiamo avvertire il desiderio e la responsabilità di un cambiamento nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti per la salvaguardia del creato, per un uso sapiente dei beni della terra, per una più arricchente relazione con le persone e per lo sviluppo di una fattiva solidarietà tra i membri dell’intera famiglia umana. È necessario intraprendere strade di rinnovamento, per alimentare la sete di autenticità, di libertà e di solidarietà che è propria del cuore dell’uomo. Con forza siamo chiamati a “restituire” rimettendo in circolo le risorse dello spirito, più che mai, oggi, vere e proprie risorse etiche e sociali, perché senza di esse non sarà possibile invertire la rotta.

• L’impegno per uno stile di vita improntato alla sobrietà e alla solidarietà non è semplicemente una necessità dovuta ai gravi squilibri esistenti, ma è un’occasione irripetibile per recuperare il vero significato del “vivere bene”, autentica via per educarci e educare alla vita buona del Vangelo (cf. EVBV, Orientamenti pastorali Cei 2010-2020).

trasparenza• Di fronte alla complessità della crisi del nostro tempo, avvertiamo una sorta d’impotenza. C’è indubbiamente la necessità di un ripensamento radicale dal punto di vista politico, dal punto di vista economico. Un’economia di giustizia, un’economia di fraternità, una società dove ci sia cittadinanza per tutti, richiede un ripensamento globale che attiene alla sfera politica, ma chiediamoci come potrà avvenire questo riorientamento globale senza uomini e donne disposti alla limitazione dei propri comodi, dei propri consumi, dei propri beni per un fine superiore. Il problema della fame non è, infatti, tanto un problema tecnico quanto un problema di conversione. E chi è chiamato a dare questa esemplarità controcorrente se non chi ha avuto la grazia di sentirsi avvolto dalla misericordia di Dio? Se non chi sente la chiamata a vivere il Vangelo in comunione fraterna, e la grazia di ricomprendere, attraverso la vocazione francescana, la visione biblica del creato come vera casa dell’uomo.

• È determinante, quindi, capire l’enorme responsabilità sociale che tutti noi abbiamo e prendere coscienza che col nostro modo di vivere possiamo contribuire alla costruzione di un mondo più fraterno provocando il cambiamento. E non possiamo più porre indugi perché se tutto ciò che c’è nel mondo è eredità del Padre da condividere tra i figli, mantenere e accrescere le disuguaglianze enormi alle quali contribuiamo, significa non riconoscerci fratelli e disprezzare il Padre; così il mondo diventa una polveriera pronta ad esplodere, e quella terra, che ci è donata come giardino da custodire e coltivare per il bene di tutti, regredisce a deserto. E diventiamo sempre più complici di una guerra non dichiarata che miete ogni giorno milioni di vittime. Profondamente coinvolti nel dramma dell’umanità di oggi soffocata da un lato nella ricchezza, dall’altro, ridotta a massa superflua (schiacciata dall’egoismo di una piccola élite), vogliamo cogliere nella nostra quotidianità una potenzialità irrinunciabile di riparazione della giustizia. Dalla conversione del nostro stile di vita dipende la possibilità di condividere i beni e la Parola con ogni uomo. La nostra conversione, che passa dal riconoscere Dio come Padre, e quindi dall’assumere in Cristo una tensione di fraternità con ogni uomo, oggi ha bisogno di concretezza; ha bisogno della ricerca di un rinnovato rapporto con il creato, ha bisogno di un rinnovato rapporto con i beni, altrimenti c’è sempre come ostacolo al rapporto con l’altro il mio potere, il mio successo, c’è sempre qualcosa da difendere e rischio di diventare come Caino che risponde al Signore: «Sono forse io il custode di mio fratello?». D’altra parte come poter partecipare all’uomo di oggi che la dignità di ogni uomo non sta nella ricchezza e nel potere ma sta nell’essere figli di Dio, senza dimostrare con i fatti la gioia di una vita sobria, essenziale, capace di gratuità, capace di condivisione e di accoglienza?

• Il lavoro su cui dobbiamo applicarci con tenacia è riconvertire il nostro stile di vita perché sia veramente compatibile con le esigenze fondamentali di ogni altro uomo, delle generazioni future e di tutto il creato, facendo della modalità dell’essere «amministratori » dei beni ricevuti, una modalità di condotta sociale. Proclameremo così nei fatti che ciò che guida la nostra vita non è la logica del dominio e dell’accumulo a tutti i costi, ma è la logica della carità nel suo senso più pieno.

Dobbiamo recuperare in questo senso i motivi di fondo della nostra spiritualità: dal «semplificare le materiali esigenze» al «trovare un giusto rapporto con le cose terrene », al «mettersi alla pari dei più piccoli» al «passare dalla tentazione di sfruttamento, al francescano concetto di fratellanza universale »: uno sforzo da attuare sapendo così di lavorare per «creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo» e per un mondo più umano. Il creato come realtà destinata alla vita di tutti ci interpella attraverso le nostre scelte a rendere ragione nei fatti dell’originaria fraternità umana. E questo passa dall’assunzione di uno stile di vita più sobrio, vero e proprio cammino di prossimità in un ritorno all’essenziale che si parametra sull’attenzione ai più deboli, agli esclusi dalla mensa predisposta dal Signore per tutti. Il nostro quotidiano è chiamato a divenire terreno di riconciliazione, riconoscendo l’interdipendenza, la reciprocità, la responsabilità verso l’altro e verso tutto il creato, affidato alle mani dell’uomo perché possa fiorire come casa bella e accogliente per tutti. Solo partendo dagli ultimi potremo rispondere alle terribili miserie del nostro tempo: da un lato l’indigenza (povertà di pane, di diritti, di cittadinanza…) che tiene tanta parte della popolazione mondiale in una costante agonia, dall’altro una miseria non meno mortale (povertà di senso, di relazione, incapacità di amare) di un’altra parte dell’umanità, che pure deve essere aiutata ad uscire da questa spirale di morte. Col nostro stile di vita possiamo contribuire alla desertificazione del mondo e all’esclusione di interi popoli, o possiamo essere parte attiva nell’imparare ad abitare la terra in modo fraterno e solidale.

Scheda a cura di Argia Passoni