II parte

3. CAMMINO VERSO LA CIVILTÀ DELLA PACE
merinoViviamo in una società che mostra una chiara ed aperta competitività nel potere, nel sapere e nell’ avere; nella quale si manifestano rivalità, aggressività e violenza; la violenza praticata in forme brutali o con modi raffinati ed eleganti. Ogni giorno i mezzi di comunicazione sociale ci abituano a convivere con uno stato anormale di violenza e di oppressione.
La violenza poi si presenta in mille forme: culturale, politica, ideologica, religiosa, economica, propagandistica, giuridica, pedagogica, etc. Infatti, si ferisce non solo con le armi, ma anche con le parole umilianti, con gesti dissacranti, con modi incivili, con pretese arroganti e squilibrate. Così si violano i diritti più elementari (vita, lavoro, casa, alimentazione, famiglia), come pure il rispetto, il pudore, la propria sensibilità, l’ intimità e i sentimenti più profondi. Si pratica la violenza come passione o come godimento o come sport, e si trasmette come notizia quotizzabile o come propaganda.
Per S. Francesco, infatti, la pace non costituisce un imperativo categorico, un dovere da compiere dalla volontà illuminata dalla ragione, non è il risultato di un impulso generoso proprio di uno spirito romantico e pietoso. Si tratta, invece, di un dovere e di un imperativo che nasce dalla fede viva e dal grande anelito di poter godere di questo grande dono messianico. Egli, così, comprese che la pace è un valore assoluto, che richiede le più grandi forze ed energie spirituali ed umane di ogni uomo di buona volontà.
Da questa vissuta convinzione del fondatore della Famiglia francescana prese carne nei suoi seguaci la scelta di difendere i diritti umani e di aiutare i più bisognosi, come ben dimostrano gli otto secoli della sua storia. Anche nei pensatori più indipendenti del francescanesimo, si rileva una predilezione particolare per un’antropologia relazionale e la difesa del diritto soggettivo. Bonaventura, Pietro Olivi, R. Bacone, G. D. Scoto e G. Ockham, etc. elaborano una filosofia, una teologia e vari principi giuridici interessantissimi e molto apprezzati per una nuova comprensione e una rinascita dei diritti della persona nei quali convengono e si ritrovano i trattati internazionali.
Pertanto, la filosofia del diritto, che attualmente è predominante nei trattati internazionali, è fondata sul concetto di individuo, che risale a Rousseau, potrebbe essere sostituita da una nuova filosofia del diritto basata sulla persona, che è comunità, ed è colta secondo il modello personalistico del mistero trinitario. Si rende, perciò, necessario introdurre nel circuito culturale la possibilità che la dottrina sociale e la filosofia del diritto s’incontrino nella Trinità3. Francesco d’ Assisi e la spiritualità francescana possono contribuire a creare un mondo più pacifico, unificato e fraterno attraverso i seguenti principi e comportamenti:
a. Bisogna riconoscere la dignità dell’altro in quanto è immagine di Dio e perciò, non riducibile ad oggetto, ad una merce né ad uno strumento da utilizzare ed usare per i propri bisogni, capricci ed egoismi. Solo un’idea alta dell’uomo plasma società adulte, veramente libere, ponendo le fondamenta per una democrazia reale e duratura.
b. L’uomo è un essere strutturalmente relazionale chiamato a vivere in comunità, essendo stato creato ad immagine del mistero trinitario. Di qui il dovere di riconoscere tutti i diritti dell’altro, del diverso, che non è un nemico bensì un fratello. Nella comunità umana tutti siamo necessari e tuttavia nessuno è indispensabile.
c. Le leggi che devono governare nella nostra società sono: il rispetto come metodo, la cortesia come stile e la carità come norma. Ma bisogna sempre partire dalla giustizia, bisogna aspirare sempre all’amore gratuito e senza ricompense, e alla celebrazione della carità.
d. La persona umana è un homo viator che vive nel tempo, ma aspira all’eternità. Occorre difendere e promuovere la terra, senza dimenticare che il nostro destino ultimo non si compie qui sulla terra. Bisogna saper relativizzare e sdrammatizzare tutto ciò che è costitutivamente temporale.
L’esistenza è passaggio e non possesso.
e. Assumere le negatività e i limiti dell’altro, perchè solo Dio è assoluto. L’uomo è una grande possibilità, ma è pur sempre limitato; è luce, ma circondato da ombre. La più grande ascesi consiste nell’accettazione dell’altro così come egli è e si presenta. In un mondo che predica l’uguaglianza, è indispensabile mettersi al servizio dei più bisognosi e dei meno favoriti umanamente e socialmente. Quando smettiamo di essere narcisisti ci apriamo alla realtà e alla complementarietà dell’altro.
f. Davanti alle aggressività e alle tensioni che si accumulano nella vita quotidiana non esiste miglior rimedio che un atteggiamento positivo di comunicazione e di partecipazione gioiosa ed allegra. Nelle relazioni interpersonali alla festa deve essere riservato un posto privilegiato. Per questo, alle relazioni troppo possessive della maggior parte dei cittadini bisogna contrapporre relazioni gratuite, gioiose e generose.
Infine, lo spirito francescano, il suo messaggio e il suo carisma possono insegnare agli abitanti del futuro a vivere l’utopia della pace quando ci apriamo all’esperienza della magnanimità e a mettere in pratica lo spirito della benevolenza evangelica.

4. CAMMINO VERSO L’ARMONIA CON LA NATURA
Francesco d’ Assisi non si pose mai il problema tra soggettività ed oggettività, tra interiorità ed esteriorità, tra l’io e il mondo. La sua grande preoccupazione fu sempre quella di vivere la vita come un grande segno, un sacramento, perchè tutto è grazia. Con questo sentimento così rorido di gratuità si relaziona con tutti gli esseri, partecipa con loro, celebra con loro e perfino sente con loro. Qui non appare nessun tipo di dualismo o di aporia filosofica o psicologica tra l’io e il mondo, tra l’io e l’altro, tra l’io e la vita.predica uccelli
Tale problematica interessa fondamentalmente coloro che pensano più che vivere, che analizzano più che sintetizzare. Il cittadino di Assisi visse spontaneamente un dialogo creatore con tutte le realtà umane e mondane. Visse la grande alleanza messianica senza solenni atteggiamenti né annunci roventi, ma con la semplicità sconcertante di un uomo completamente libero, unificato ed armonizzato.
Egli non fu un eremita della delusione quotidiana, né un romantico occasionale forgiato dalla moda di turno. Così non difese solo una parte della creazione obliandone altre. Egli si fece semplicemente difensore e cantore di tutta la natura, perchè nella sua interezza, essa riflette ed è specchio della grande presenza: Dio, altissimo, onnipotente e sommo bene, che garantisce tanto gli esseri grandiosi, come il sole, la luna, le stelle, gli oceani, quanto gli enti più umili e nascosti, come gli atomi, le violette o i fuscelli del camino.
Frate Francesco non si pose davanti alla natura con spirito pauroso, come se la realtà tutta fosse abitata da spiriti minacciosi da placare e a cui obbedire. Questo atteggiamento corrisponde ad un sentire eccessivamente arcaico che non ha superato l’animismo primitivo. Tuttavia, non fu uno spirito romantico proiettando i propri sentimenti sulla natura. Il romanticismo è una caratteristica della soggettività moderna, che si serve della natura per scendere nelle profondità della propria coscienza e nei propri sentimenti.
Certamente, tanto il mondo arcaico, nel suo timore, come il romantico nella sua tumultuosa affettività, non ascoltano la voce della natura, ma piuttosto proiettano su di essa le proprie paure o i propri sentimenti. In S. Francesco c’è la volontà autentica di ascoltare tutta la creazione, nella quale egli percepisce la voce segreta e il silenzio sonoro di Dio creatore, padre di tutti gli esseri; in questo silenzio fecondo e partecipativo egli può cantare con tutti gli esseri l’autore della creazione. Chi canta, celebra; chi celebra, partecipa; chi partecipa, non distrugge.
Il Cantico delle creature è espressione della vita di un uomo che è riuscito a fare la difficilissima sintesi esistenziale dell’armonia con se stesso, nonostante le proprie contraddizioni interiori; del legame con Dio, nonostante i suoi silenzi e le sue prove; della fraternità con gli uomini, nonostante le violenze e le aggressività quotidiane; della comunione con tutte le creature, nonostante le proprie resistenze ed opacità. In questo cantico si trova una singolare armonia tra archeologia interiore ed ecologia esteriore; simbolo di ciò che difetta nell’ uomo moderno e paradigma per imparare ad abitare nel mondo e a coabitare pacificamente con gli altri e con l’Altro.
Quando dal vivace mondo di S. Francesco si passa al mondo interpretato dai pensatori francescani ci imbattiamo in un orizzonte comune, che si allarga nella dimensione filosofico-teologico-mistica. A questo punto l’universo spirituale di Francesco non è trasformato né deformato, ma solo trasceso in una poderosa sintesi mentale ed affettiva nella quale Dio, l’uomo eil mondo si presentano magistralmente articolati ed interrelazionati in un luminoso e coerente sistema metafisico.
Chi sa rinunciare al tempo troverà la gratuità nel tempo. Una morale della frugalità e un’ascesi delle cose aiuteranno l’uomo ad instaurare una relazione più personale, libera ed umana con tutti gli esseri, ad addomesticare l’istinto dell’avere e a poter fruire della gratuità della creazione. Così, soltanto chi è capace di dire no alla società del superfluo e del consumismo potrà godere della libertà e dell’autentico valore dell’esistenza vera, che è coesistenza degli uomini con la natura e con tutte le creature che le appartengono.

In chiave francescana ardisco fare alcune proposte per un’ecologia operativa in un futuro immediato:
a. Scoprire e rispettare tutto l’universo come il nostro orizzonte vitale e necessario, rendendo giustizia alla natura e a tutti gli esseri che sono in essa.
b. Condividere fraternamente i beni e gli esseri della creazione con tutti gli uomini, giacchè tutti formiamo una fraternità. In questo modo faremo giustizia agli uomini fratelli più deboli o meno fortunati o ignoranti.
c. Mettere insieme tutti i nostri sforzi per creare una pace universale con tutti gli uomini e con tutte le creature e gli enti della natura. Soltanto una simpatia disinteressata potrà trasformare le nostre relazioni egoistiche.
d. Umanizzare la natura attraverso la tecnica. Ma per questo è necessario sostituire le tecniche di morte e trasformare le cose pericolose in altre più sane ed umanizzanti.
e. Proclamare e difendere una Magna Charta sui diritti della natura come realtà vivente.
f. Contrastare con tutti gli strumenti possibili: tecnici, economici, politici, culturali, etici e religiosi ogni tipo e forma di distruzione o di morte di parte o intere regioni dell’ universo, e allo stesso modo all’estinzione di specie della flora e della fauna.
g. Risanare gli ambienti pericolosamente contaminati, come gli oceani, i mari, i fiumi, le montagne, le foreste, etc. e rivitalizzare tutte le terre sfruttate e aride.
h. Promuovere una pedagogia ecologica che insegni agli uomini l’arte di stare nel mondo e di trattare gli esseri e le cose.
Una pedagogia che ominizzi gli esseri irrazionali ed umanizzi le nostre relazioni con le cose.
i. Lavorare per la creazione di un sistema alternativo, nel quale sia sostituito il concetto di progresso misurabile in termini quantitativi di possesso e di gestione egoista con il concetto di progresso basato sulla promozione della qualità della vita.
l. Passare dall’ utilitarismo cosmico alla celebrazione cosmica. Per questo bisogna promuovere una cultura ecologica basata sull’amore, il rispetto e la giustizia. In questo modo faremo del mondo la nostra propria accogliente dimora nella quale possiamo imparare a stare, a vivere, a condividere e a celebrare.

5. CAMMINO VERSO UNA CULTURA LUDICA O DELL’UMANESIMO GIOIOSO
Francesco, con il suo canto e con la sua vita armoniosa e redenta, anticipa e preannuncia un mondo nuovo. Egli è il precursore di una nuova cultura festiva e gioiosa. In tal modo nella realizzazione del suo messaggio è già presente il futuro. La letizia francescana si fonda e si nutre della metafisica dell’amore e di una antropologia relazionale. Il Dio-amore è garanzia fondata in una nuova promessa che non defrauda, e ha, allo stesso tempo, una dimensione sociale e vincolante. Essa è costruttiva e creatrice.
La cultura della gioia sa sdrammatizzare, è il sale della ragione e il segreto della vita felice. Conosce la saggia ironia perchè è cosciente della grande limitatezza umana. Sa giocare con la comicità per esorcizzare il falso.
enc Laudato siiÈ capace di sorridere davanti alle cose troppo umane perchè ha la chiara consapevolezza che solo Dio è perfetto. Sa donare una tonalità particolare e costruttiva alle relazioni interpersonali, troppo spesso cariche di tensioni e di nervosismo. Supera la convenzionalità della vita quotidiana ed è capace di dar vita ad una nuova forma di esistenza più umana ed umanizzante.
La dimensione ludica non è in contraddizione con l’ascesi evangelica e le esigenze della croce, bensì le presuppone. La rinuncia e l’ascesi francescana non derivano da una fatica vitale né da un pessimismo esistenziale, ma dal desiderio di vivere e dalla gioia di esistere. Molto giustamente dice P. Prini che «l’ascetismo francescano non è un ascetismo eudemonologico. È l’ascetis mo della perfetta letizia»4.
Si tratta di un’ascesi praticata nella gioia e nel desiderio di vivere, non nella tristezza e nel fastidio.
La pratica francescana della rinuncia e della povertà, come scelta di vita, è una contestazione profetica del pragmatismo economico e dello spirito borghese.
Sottolineando il primato dell’essere sull’avere si pone in atteggiamento di frontiera dinanzi alla società consumistica e produttivistica. La povertà vitale per S. Francesco non era la caduta nella miseria né il soccombere allo spirito errante e indolente.
La povertà era l’irrefrenabile celebrazione dell’altissima dignità dell’uomo che ha superato la reificazione ed ha incontrato la pienezza di una esistenza realizzata in Dio, creatore dell’universo.
La letizia cantata e vissuta da S. Francesco, non disgiunta da una ascesi liberatrice ed umanizzante, non è una semplice esortazione morale né espressione ludica della banalità, bensì la dimostrazione raggiunta da un esito di liberazione, al quale hanno anelato e preteso di arrivare le filosofie di tutti i tempi: la verità dell’essere dell’uomo. Verità che si manifesta nella trasparenza del proprio essere fino alla vetta e molto oltre l’avere, il consumare, e il fare. In questo modo l’uomo ha guadagnato il suo vero giusto posto nel mondo. La creazione di una nuova cultura e di una società rinnovata sarà possibile soltanto se gli stimoli del potere, del guadagno, dello sfruttamento, dell’antagonismo e del materialismo saranno sostituiti da quelli dell’essere, del condividere, comunicare, vivere e celebrare; se il carattere commerciale della nostra società sarà rimpiazzato dal carattere creativo e festivo; se la religione della tecnica sarà sostituita dalla religione dell’amore e del dono grauito.

CONSIDERAZIONE FINALE
Intenzionalmente in queste pagine si è voluto evitare di presentare un sistema dottrinale del francescanesimo, preferendo segnalare un atteggiamento ed una direzione esistenziale, sociale e culturale che possano orientare l’uomo contemporaneo. Senza difendere uno sforzo prometeico, bisogna riconoscere il protagonismo dell’uomo nella costruzione della storia e della cultura. Lo stesso Scoto sostiene che Dio è in ciascun uomo nella misura in cui questi gli permette di stare.
La stessa cosa può dirsi se la società e la cultura diventeranno come l’uomo le propone. Il futuro non è una continuazione distaccata e senza conseguenze del presente. Di qui l’urgenza di classificare i grandi valori e i principi umanizzanti e la generosità con il presente.
L’umanesimo francescano offre i presupposti antropologici e culturali per costituire la desiderata fraternità globale. Questo umanesimo è in grado di offrire alla società del futuro una visione e una interrelazione sinfonica e dinamica tra gli uomini, tra la natura e Dio.
Tuttavia, gli attori o i promotori del francescanesimo debbono avere la virtù di osare e di non ripiegarsi timidamente su se stessi. Devono prestare molta attenzione alla vita, come fece S. Francesco, e mettere in atto una filosofia dell’ascolto, della meraviglia e dello stupore dinanzi all’esistenza quotidiana. Occorre avere una visione trasparente di fronte alla cultura dominante per saper distinguere i valori e i disvalori presenti. Al tempo stesso occorre aver molta attenzione alle culture emergenti e avere il coraggio di essere creatori e forgiatori di nuove forme di esistenza nella società. Attualmente la scienza e la tecnica chiedono con urgenza una speciale attenzione ed un dialogo.
Il vero francescano ama le diverse realtà: il mondo o natura, gli uomini e Dio perché tutte insieme costutuiscono la verità sinfonica. Talvolta il cammino più diretto del francescanesimo nella società del futuro sarà smascherare le false apparenze e presentare, grazie alla letizia e alla cortesia, la semplicità del vivere, giacchè, alla fine dei conti, il grande problema sta nel cercare di essere semplici, che è la cifra di ciò che ci manca. Abbiamo bisogno dell’umanesimo della gioia innocente per costruire la fraternità globale.

Josè Antonio Merino
Pontificia Università Antonianum

3 Cf. La mia conferenza tenuta alla Pontificia Università di Salamanca “La Trinidad, para digma de vida comunitaria en S. Buenaventura”, pubblicata in Estudios Trinitarios 30 (1996) 3-34.
4 PRINI, P., La scelta di essere (Roma 1982) 97.