Dal 3 al 14 dicembre 2018 si terrà a Katowice (Polonia) la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP24). Le scelte che la comunità internazionale assumerà in tale appuntamento contribuiranno a determinare gli scenari che noi, le future generazioni e le altre specie viventi abiteremo nei prossimi anni. Con questo documento, che fa seguito a quello predisposto nell’ottobre 2015 in vista della Conferenza di Parigi, la Rete dei Centri per l’Etica Ambientale (CepEA) si rivolge ai decisori politici nazionali, chiedendo loro non solo di rafforzare le misure decise nella COP21 (Parigi 2015) ma di investire coraggiosamente nella transizione energetica e in un nuovo modello di sviluppo. In questa ottica, l’etica ambientale segnala soprattutto l’urgenza di cogliere e di indicare le possibilità di trasformazione del momento presente.

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Documento sui cambiamenti climatici

L’avvicinarsi della COP24 (Katowice, Polonia, 3-14 dicembre 2018) è occasione propizia per interrogarsi sulla posta in gioco rispetto ai cambiamenti climatici. Non mancano le analisi dedicate al tema, in particolare l’ultimo Rapporto dell’IPCC, Global Warming of 1.5 ºC (2018). Esse evidenziano le tante aree di impatto del fenomeno: innalzamento del livello del mare, incremento dei fenomeni meteorologici estremi, rischi per la salute, perdita di biodiversità. L’ ampiezza dell’informazione su un fenomeno riguardo al quale la comunità scientifica ha ormai raggiunto una sostanziale convergenza non sempre si accompagna alla percezione effettiva della gravità del problema da parte della comunità politica e della cittadinanza. Inoltre, il più delle volte le implicazioni etiche del cambiamento climatico rimangono sullo sfondo.
Per questo la Rete CepEA desidera dare voce a quella domanda di giustizia che rischia di restare celata nella crudezza dei dati climatologici. Eppure, in essi risuona davvero «il grido della terra e quello dei poveri», al momento senza risposta: l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco sottolinea come a pagare le conseguenze del riscaldamento globale siano soprattutto tante persone, uomini, donne e bambini, che ne sono responsabili in minima parte ma hanno poche risorse per difendersene. L’appello del Pontefice non è isolato: numerosi sono gli interventi di vescovi e Conferenze episcopali, del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di tanti leaders religiosi e morali dell’umanità, che hanno richiamato la valenza etica del problema.

1. Leggere il reale: opportunità e rischi
La nostra prospettiva esige uno sguardo accorto sulla realtà che abitiamo, capace di leggerla e di interpretarla con attenzione, per individuare che cosa sia giusto fare oggi. Occorre un discernimento puntuale, teso alla ricerca del bene comune possibile, in una responsabilità volta alla costruzione di una sostenibilità solidale con le future generazioni e con i più vulnerabili.
I dati del recente Rapporto dell’IPCC evidenziano la necessità di contenere il riscaldamento globale con politiche più ambiziose, al fine di evitare un aumento della temperatura media planetaria oltre i 2°C, puntando, anzi, a contenerlo in 1,5°C.
img143 (1)Superare tali soglie, infatti, significa condannare l’ecosistema globale a gravi danni, con impatti importanti sulla vita di uomini e donne, nel nostro Paese come altrove.
La sfida posta alla comunità internazionale è, dunque, ardua, ma non impossibile, se si avviano e/o si intensificano tempestivamente le azioni di contrasto.
Si tratta infatti di riorientare con decisione il sistema socioeconomico in direzione della sostenibilità. Ciò è possibile valorizzando le opportunità esistenti con ambiziose politiche ambientali – specialmente mediante le soluzioni che utilizzano o imitano i processi naturali (Nature Based Solutions) – ma anche sostenendo la ricerca di nuove tecnologie a basse emissioni. Importante è al contempo potenziare efficaci misure di adattamento, per ridurre al minimo gli impatti negativi su tutte le persone e le comunità, in particolar modo quelle più vulnerabili, nei Paesi impoveriti.
Un’azione integrata, dunque, che sappia operare in ambiti e con modalità diverse, per far fronte in modo sistemico alla complessità e all’ampiezza del problema, nel segno della giustizia.
Operare in tal senso è eticamente necessario e offre opportunità positive per tutti i Paesi. Si apre, infatti, la possibilità di una feconda convergenza tra la responsabilità per il futuro del pianeta e l’avvio di nuove dinamiche di sviluppo, che orientino le economie dei singoli Stati alla sostenibilità e alla circolarità. Aldilà di una stereotipata contrapposizione tra etica, ecologia ed economia, diverse sono le aree in cui la ricerca della giustizia climatica si rivela lungimirante anche sul piano economico.

2. Aree di intervento
Come Rete CepEA abbiamo individuato quattro aree di intervento (a titolo esemplificativo) sulle quali chiediamo ai decisori politici italiani un impegno concreto e urgente: il patrimonio naturale e artistico, la transizione energetica, la finanza sostenibile e responsabile, gli stili di vita personali e collettivi.

a) Il patrimonio naturale e artistico
Il valore estetico, etico ed economico del patrimonio naturale e artistico del nostro Paese è inestimabile. Ce ne accorgiamo solo quando accadono gravi disastri come quello avvenuto a fine ottobre 2018, che ha devastato un’ampia area delle Dolomiti, riconosciute dall’UNESCO “patrimonio naturale dell’umanità”. Ma altri importanti luoghi-simbolo sono in pericolo per l’aumento degli eventi estremi e per il progressivo innalzamento del livello dei mari: Venezia e le zone dell’Alto Adriatico, la costiera amalfitana e l’area di Paestum e Velia in Campania, ma anche Siracusa e il golfo di Noto in Sicilia, Portovenere e le Cinque Terre in Liguria.img145 (2) Il rischio, per un Paese che punta tanto sulla bellezza per l’economia del turismo, ma anche per valorizzare la qualità delle produzioni locali, è quello di vedere tale appeal drasticamente ridotto, se non del tutto compromesso.
L’imperativo di custodire la bellezza, contrastando il cambiamento climatico, è allora etico, sociale ed economico.

b) La transizione energetica
La convergenza di etica ambientale ed economia è evidente nell’ambito della produzione e dell’uso dell’energia. Decarbonizzare, privilegiando il ricorso alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica, significa limitare responsabilmente le emissioni climalteranti, ma anche orientare la produzione in modo positivo per le imprese e per l’intero sistema- Paese. Azioni in tale direzione rafforzano, infatti, la competitività delle imprese,ma riducono anche quella dipendenza dall’estero che è inevitabile nell’ambito di un’economia basata su combustibili fossili.
La transizione energetica – centrale per ridurre le emissioni climalteranti – è dunque anche una grande opportunità per le ricadute economiche e occupazionali, come rilevano numerosi rapporti (Gestore servizi energetici, Fondazione Symbola, Fondazione sviluppo sostenibile).
Per sostenere tale processo occorrono azioni diverse. Da un lato, è essenziale garantire fondi per il passaggio a un’economia meno dipendente dalle fonti fossili. Importante poi è l’eliminazione dei sussidi dannosi per l’ambiente, come sovvenzioni o riduzioni/esenzioni fiscali in settori quali i combustibili fossili, i trasporti e l’acqua.
Una grande rilevanza potrebbe avere una tassa specifica sul carbonio, che – se accompagnata da una corrispondente riduzione della tassazione su lavoro e impresa – avrebbe anche una funzione di stimolo allo sviluppo del Paese.

c) La finanza sostenibile e responsabile
Un’attenzione positiva andrà riservata alla finanza sostenibile e responsabile, un mercato in forte ascesa. Il disinvestimento dai settori produttivi che più contribuiscono al riscaldamento globale, secondo l’indicazione della campagna #DivestItaly promossa in Italia nel 2015 dall’Italian Climate Network, è l’approccio più diffuso1. Tale scelta esprime un imperativo etico, laddove gli investitori rifiutano di trarre profitto da un modello energetico che minaccia la biosfera, mettendo a repentaglio la vita.
È però una scelta che ha solide valutazioni economiche: gli impegni internazionali di riduzione delle emissioni e le innovazioni tecnologiche rendono meno convenienti gli investimenti sulle fonti fossili, mentre il settore delle rinnovabili è in crescita. Non a caso, in anni recenti le scelte di disinvestimento non hanno interessato solo organizzazioni umanitarie o religiose, ma anche imprese e investitori internazionali. L’Italia è chiamata a essere protagonista in tale movimento, anche con scelte strategiche, da parte di società come ENI ed ENEL.

d) Gli stili di vita personali e collettivi
Tra le aree d’intervento in cui l’azione dei soggetti pubblici può interagire sinergicamente con i comportamenti dei cittadini, vi sono gli stili di vita personali e collettivi. L’attiva promozione di una mobilità sostenibile nelle città e sull’intero territorio nazionale e una gestione sempre più incisiva dei rifiuti offrono due esempi di politiche efficaci nel contenere il riscaldamento globale, ma anche nel favorire nei cittadini comportamenti attenti all’ambiente.
La stessa alimentazione è un’area privilegiata dove intervenire per la riduzione dell’impronta ecologica, con il sostegno e la valorizzazione delle filiere corte e delle diete a basso consumo di carne, valorizzando altre fonti di proteine, e con la lotta allo spreco alimentare.
Una cittadinanza ecologica consapevole cresce solo in un’interazione feconda tra pratiche della società civile, azioni delle amministrazioni locali e ruolo attivo della politica nazionale. Si tratta di attivare dinamiche tese a favorire stili di vita sostenibili, facendoli entrare a far parte dell’ ethos condiviso

3. Un orizzonte multilaterale
L’impegno a contrastare i cambiamenti climatici è multidimensionale, perché interessa trasversalmente tutti settori dell’economia e della società in una logica circolare. È il modello dell’ecologia integrale, in cui tutto è in relazione, e istanze diverse sono tenute insieme in una nuova sintesi responsabile.
img159 (4)L’efficacia di tali azioni sarà garantita solo entro un ampio orizzonte politico internazionale: il cambiamento climatico non è un fenomeno che si possa affrontare su base esclusivamente nazionale. Per la sua natura esige un impegno su scala globale: l’azione per la formulazione e il consolidamento di ambiziosi patti per il clima non è meno importante di quella direttamente tesa al contenimento delle emissioni climalteranti.
È essenziale dunque tessere la rete di una responsabilità condivisa per la Terra, in un orizzonte multilaterale orientato alla solidarietà internazionale, che renda gli sforzi contro il cambiamento climatico più efficaci nel combattere il degrado di tante aree del pianeta. Infatti, il clima è inequivocabilmente «un bene comune di tutti e per tutti», come anche ricordato da papa Francesco nella Laudato si’ (n. 23).
Oggi, del resto, è ben chiaro che sul contenimento del riscaldamento globale non c’è alcuna contrapposizione di interessi tra Paesi con diversi livelli di sviluppo. La cura della casa comune si intreccia con la lotta alla povertà e a tutti quei fattori che costringono tanti uomini e donne a scegliere la via rischiosa della migrazione forzata. Solo in un orizzonte di contenimento del cambiamento climatico, infatti, è possibile favorire percorsi di sviluppo locale resilienti al clima (Climate Resilient Development Pathways), capaci di adattare flessibilmente gli obiettivi globali alle situazioni locali, specie nei Paesi in via di sviluppo.
Occorre certo tenere in debito conto la domanda di benessere – e di crescita dei consumi – in essi presente, evitando però che si realizzino nell’ambito di modelli non appropriati e insostenibili, non rispettosi dei diritti umani delle comunità più vulnerabili. In questo contesto multilaterale, l’Italia può riaffermare il proprio impegno, come già fa attraverso i programmi per la resilienza delle comunità vulnerabili, promossi in vari Paesi dal Ministero degli Affari esteri e per la Cooperazione internazionale e dal Ministero dell’Ambiente.

4. Una sfida ambiziosa ma possibile
La lotta al cambiamento climatico è una sfida complessa, ma possibile; eticamente impegnativa per la politica, chiamata oggi a scelte ambiziose.
Domanda anche un ripensamento delle modalità di ricerca del consenso democratico: non bastano prospettive di breve periodo con finalità puramente elettorali. È il tempo per lungimiranti assunzioni di responsabilità!
Tale passaggio può radicarsi in una lettura integrata della Costituzione italiana, coi suoi riferimenti al paesaggio – con rimando a quella che oggi diremmo matrice ambientale – (art. 9), alla promozione dell’eguaglianza (art. 3) e alla salute (art. 32), consapevoli che il diritto non può molto se non è accompagnato da un profondo lavoro culturale.
In questa prospettiva, l’urgenza di agire con scelte politiche ed economiche per ridurre drasticamente le emissioni climalteranti e aumentare la capacità di resilienza del Paese richiede un forte e indifferibile impegno etico ed educativo rivolto a tutti i cittadini, al sistema della ricerca, dell’educazione e della scuola, offrendo un quadro condiviso di conoscenze e riferimenti valoriali, ma soprattutto un più ampio senso di appartenenza, all’altezza delle sfide da affrontare.
In gioco è il futuro del pianeta, ma anche la qualità di un presente che già soffre per il cambiamento climatico. Da ciò che faremo oggi dipende la vita di domani, ma anche la possibilità di una positiva convergenza su scelte di giustizia e di pace per il nostro tempo.

Rete dei Centri per l’Etica Ambientale – CepEA

1 Alcuni membri della Rete CepEA, come FOCSIV e Aggiornamenti Sociali, hanno aderito alla campagna. Cfr FINAMORE D. – ROSSELLA R., «#Divestitaly: mettere in pratica la Laudato si’», in Aggiornamenti Sociali, 12 (2016) 856-862.