Un fiore da coltivare | ilcantico.fratejacopa.net

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Il Progetto “Esperimenti di Solidarietà” nasce da un incontro “provvidenziale”: esattamente un anno fa infatti cominciavano i primi contatti tra Giorgio presidente della Cooperativa Frate Jacopa, alcuni volontari della stessa Cooperativa (Ignazio, Argia, p. Lorenzo) e Angelo presidente dell’Associazione SolidAbile. Da quegli incontri scaturì una comunione di intenti e l’idea che si potesse arrivare a definire, in uno sforzo parallelo, una ”progettualità sociale”; tutto ciò ha portato quindi a elaborare insieme un obiettivo, far nascere, in questa casa di ospitalità, un gruppo di lavoro integrato – composto da persone con abilità diverse e degli operatori – che potesse integrare le attività che sono proprie di una struttura di accoglienza di questo tipo. Il Progetto ha poi ottenuto un sostegno sollecito, concreto e valido, da parte dei referenti istituzionali del Municipio 18 Roma – Aurelio. Con l’occasione quindi porgiamo il nostro ringraziamento al Presidente del Municipio 18, Daniele Giannini e all’Assessore ai Servizi Sociali, Vito Rapisarda. Un ringraziamento particolare invece per l’assistente sociale Luigia Minafra e la signora Franca Tiburzi, per la simpatia, l’affetto e la partecipazione che ci hanno mostrato durante questo percorso, che va ben al di là del loro ruolo professionale.

Brevemente cercheremo di raccontare cosa è avvenuto durante questi ultimi sette mesi, per tre giorni la settimana e per tre ore giornaliere. Il gruppo integrato composto da otto persone, di cui tre operatori, ha supportato i volontari della Cooperativa Sociale Frate Jacopa nella gestione della Casa, svolgendo una serie di mansioni semplici legate alla pulizia e al riordino delle stanze, della zona pranzo, alla cura del giardino, degli spazi esterni e della sala convegni. In questa occasione l’ambiente di Frate Jacopa ha molto facilitato il contatto del gruppo con una nuova realtà. Un po’ perché siamo stati accolti in una dimensione familiare, di simpatia ed affetto, e di questo non possiamo che ringraziare tutti i volontari della Cooperativa Sociale che abbiamo conosciuto durante questi mesi. E poi perché questo, come spazi, ambienti, dimensioni è proprio il “luogo ideale” per un gruppo come il nostro. Un ambiente raccolto, protetto, familiare, dove tutti in poco tempo hanno imparato a muoversi, a prendere le misure e quindi a gestire gli spostamenti all’interno in modo assolutamente autonomo.

Ognuno all’interno del gruppo ha collaborato mettendo in gioco le sue capacità, piccole o grandi che fossero, la buona volontà, la voglia di sperimentarsi in un’attività pratica, quindi il desiderio di esprimersi sia individualmente che insieme ad altre persone. E nonostante all’inizio potessimo essere anche un po’ intimoriti da tante novità: l’impegno da protrarsi nel tempo, il mettere insieme persone che prima di allora non si erano mai sperimentate in modo continuo e per un obiettivo di questo tipo, un ambiente nuovo e delle persone che non ci conoscevano molto; nonostante tutto ciò, a vari livelli e con diverse modalità, tutti sentono oggi in modo abbastanza consapevole di essersi messi in gioco, tenendo duro anche quando ci sono stati (almeno per qualcuno) dei momenti di difficoltà e di aver raggiunto quindi un obiettivo, una meta. All’inizio non si poteva esser sicuri che tutti i ragazzi coinvolti arrivassero alla conclusione del Progetto senza stancarsi, senza mollare, senza sentire il bisogno di ritornare a dei ritmi più tranquilli e familiari. E invece eccoci qua, tutti quanti, alla conclusione di un percorso formativo, dove si è socializzato, imparato a fare alcune cose o migliorato le conoscenze già acquisite, consapevoli del proprio ruolo all’interno del gruppo e quindi della propria individualità.

È chiaro che, nello svolgimento delle mansioni dette prima, sono venute fuori le attitudini personali, le preferenze verso quel tipo di attività piuttosto che altre. Ad esempio il giardino ha svolto un ruolo catalizzatore per Luca, oppure sempre nel giardino Cristiano ha potuto esprimere le sue competenze tecniche, mentre d’altro canto negli spazi interni, il riordino delle camere, il cambio della biancheria, il rifacimento dei letti sono stati i compiti preferiti da Laura ed Antonella. Claudio ha svolto spesso un’attività di raccordo, magari occupandosi di andare a prendere le cose che servivano per il riordino o comunque supportando questo o quell’altro a seconda delle necessità. Con il passare del tempo si è potuto constatare come la partecipazione al gruppo-integrato avesse sviluppato in tutti gli attori del Progetto, anche se in diversa misura, un senso di identità che derivava da quella che potremmo definire “l’acquisizione di competenze”.

Lo svolgimento di certe attività di base, connaturate al tipo di necessità di una struttura di accoglienza, è stato realizzato prima sempre insieme ma quando possibile lasciato all’iniziativa dei ragazzi, se pur sotto il controllo dell’operatore. La ripetizione di tali attività ha col tempo permesso, non solo che queste operazioni fossero eseguite con più padronanza e sicurezza, ma anche e soprattutto che la persona potesse verificare da sola la sua maggiore competenza e capacità di fare. Inoltre lavorare insieme agli altri è stato determinante al fine di far emergere quel senso di appartenenza al gruppo come elemento identificativo anche della propria individualità, del proprio modo di esprimersi, ora più che mai necessariamente in relazione con l’altro. Il lavoro insieme come strumento di socializzazione da cui far nascere un senso di fiducia nelle proprie capacità, nel proprio modo di realizzare i vari compiti e una consapevolezza della propria appartenenza sociale. Per concludere, ci piace pensare che questo Progetto, questo percorso, sia stato un po’ come il fiore di una piccola pianta cresciuta in un giardino; ecco, quello che a noi tutti piacerebbe sarebbe di avere la possibilità di continuare a prendercene cura.

Gli amici dell’Associazione SolidAbile Onlus