Incontro con Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna

img158 (3)Un folto e partecipe pubblico ha accolto la Domenica delle Palme S.E. Mons. Matteo Zuppi per la chiusura del Ciclo “Incontrare la Pace” promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo. Nell’orizzonte della mediazione di pace svolta in terra africana, l’Arcivescovo ha sollecitato a farsi promotori di pace ricordando che la pace è decisiva. Non riguarda solo i governi, ci riguarda tutti.
Il motto “Se vuoi la pace prepara la guerra” ha trovato una giustificazione come forza deterrente. Ma la guerra è qualcosa di disumano che tutto stravolge e oggi è sempre più distruttiva. Se la paura aiuta a rimanere nella vigilanza, la risposta alla paura è costruire la pace. La “Terza guerra mondiale a pezzi” ci chiama in causa. Se vuoi la pace devi combattere il male, perché il male si diffonde. C’è tanta intossicazione: troppa povertà, ingiustizia, la vita non vale niente; crescono il rancore, la violenza, i pregiudizi, l’incapacità di sentire le ragioni dell’altro.
Il Vangelo ci convoca ad essere tutti operatori di pace, con la preghiera in primo luogo. E poi disinnescando gli odi, ragionando, informandoci, spegnendo gli incendi piccoli e grandi, disarmando i cuori, costruendo ponti, conoscenza, dialogo, vero antidoto contro la guerra. Dobbiamo “interessarci” ed essere artigiani di pace, non arrendendoci al male. Rimanere spettatori indifferenti ci rende complici del male. La pace richiede serenità, creatività, giustizia. Seminare pace attorno a noi è santità: “i pacifici” – ci ricorda Gaudete et exsultate – costruiscono pace e amicizia sociale. E Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2019 chiama alla conversione per coltivare la pace
• con se stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera, l’impazienza;
• con l’altro, il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente, osando l’incontro e ascoltando il messaggio che mi viene dall’altro;
• con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a noi come “abitanti del mondo, cittadini e attori dell’avvenire”.
Molto illuminante in questo contesto l’esperienza della mediazione di pace in Mozambico perché ha riassunto emblematicamente l’impegno per la pace, richiamandone le modalità fondamentali. Un interporsi reso possibile dall’essere “sul posto”, dentro ai problemi, e dalla credibilità di persone che non hanno altro interesse che la pace. E poi l’incontrarsi con le due parti in causa, promuovendo una ecologia della memoria per disarmare i cuori e far emergere ciò che unisce. La pace non si fa da soli: per risolvere il conflitto c’è bisogno della mano di un altro. Ci vogliono garanti e anche arbitri. Fare davvero la pace è un processo lungo, difficile. Ma non costerà mai come i dolori, le stragi, le ferite inferte all’umanità dall’odio, dalla violenza, dalla dignità calpestata. La convinzione che si ricava da questa esperienza è che la pace è possibile sempre e che tutti noi facciamo troppo poco rispetto a quanto potremmo fare.
“Preghiamo tanto per la pace – ha concluso Zuppi – e ricordiamoci quel grande artigiano di pace che è S. Francesco”. Con accorata sollecitudine pastorale l’Arcivescovo ha richiamato alla necessità di prendersi cura della pace a tutto campo e, attraverso il celebre episodio del lupo di Gubbio, ha riconsegnato a tutti l’esemplarità di S. Francesco che ha sempre osato l’incontro con l’altro per porre mano a nuovi patti di pace. Una responsabilità peculiare come francescani ad essere artigiani di pace!

Argia Passoni,
Fraternità Francescana
Frate Jacopa

 

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Il 4 ottobre 1992, festa di S. Francesco, a Roma, il presidente mozambicano e segretario del FreLiMo Joaquim Chissano e Afonso Dhlakama, leader della ReNaMo, la guerriglia che lottava dall’indipendenza dal Portogallo contro il governo di Maputo, firmavano un Accordo Generale di Pace che metteva fine a 17 anni di guerra civile (centinaia di migliaia di morti; 3-4 milioni di sfollati interni e profughi nei paesi confinanti). Con l’Accordo Generale di Pace si stabiliva la consegna delle armi della guerriglia alle forze dell’ONU, l’integrazione degli ex combattenti nell’esercito regolare, le procedure di sminamento e di pacificazione delle zone rurali, una serie di passi destinanti a trasformare il confronto armato tra le parti in una competizione fondata sulle regole costituzionali e democratiche. Le elezioni del 1994, le prime veramente libere nella ex colonia portoghese, avrebbero sancito il successo dell’intero percorso negoziale e consegnato il Mozambico a una stagione nuova, fatta innanzitutto di pace.