Estratto dal testo di Caritas Italiana proposto dal Dott. Fabrizio Cavalletti
Assisi, 8 novembre 2014

cavalettiL’attuale gravissima crisi economico-finanziaria ci conferma purtroppo che le cause strutturali, che avevano portato all’esplosione del problema del debito negli ’80 e ’90, sono ben lontane dall’essere risolte. La crisi che scuote il pianeta non è infatti più problema soltanto dei paesi cosiddetti ‘poveri’, ma la vediamo mettere duramente alla prova le nostre stesse società ricche del nord del mondo.
Fenomeni legati allo spreco e alla dissipazione si presentano stridenti accanto ai segni della povertà e della deprivazione.
Le parole chiave che contraddistinguono la Campagna sono quattro:
• La contraddizione: il presente è un tempo di paradossi, oltre 800 milioni di persone affamate in concomitanza di segni crescenti di abbondanza che non nutre: un numero ancora maggiore di persone obese e uno spreco alimentare che basterebbe per sfamare tutti gli affamati; ricchezze smisurate in mano di pochissimi contro oltre 2 miliardi di persone in povertà assoluta e così via;
• la complessità: crisi economica, sociale (disuguaglianza, sotto-occupazione e lavoratori poveri), ambientale, politica e di rappresentanza (sfiducia, movimenti di chiusura, nazionalismi), conflitti;
• la trasversalità: una crisi che colpisce tutto il mondo, una crisi che aumenta le disuguaglianze orizzontali e verticali. Allo stesso tempo una risposta di cittadinanza globale e una collaborazione nel mondo ecclesiale e nella società civile (“Insieme riusciremo a cambiare le cose, separati non potremo che fallire” Susan George);
• la responsabilità, crisi/χρισις (chrisis) come scelta! Non una dimensione ‘incontrollabile’, ma la nostra risposta. Una scelta di cambiamento:
• Personale → stili di vita
• Comunitario → azioni ‘insieme’
• Sociale/politico → la nostra responsabilità sul comportamento delle istituzioni

LA RISPOSTA DELLA CAMPAGNA
Questa situazione ci interpella con durezza e allo stesso tempo ci suggerisce una pista di riflessione: nel pensare allo scandalo della fame, non possiamo limitarci a considerare la situazione dei paesi più poveri; dobbiamo cercare soluzioni più ampie, perseguendo un modello di sviluppo in grado di offrire risposta agli squilibri esistenti.
Superare lo scandalo della fame è la sfida che abbiamo di fronte per dare sostanza al nostro impegno in favore della dignità della persona umana.
Ecco allora la proposta di una mobilitazione globale su queste urgenze lanciata il 10 dicembre, in coincidenza con la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, dalla Caritas Internationalis con la Campagna “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti” (che ha trovato il sostegno nella voce autorevole di Papa Francesco).
Da un punto di vista tematico la Campagna italiana si è sviluppata da un ‘tema generatore’ che è quello della relazione e dell’incontro con l’altro, attraverso cui ci riconosciamo parte di una sola famiglia umana, ed attraverso cui elaboriamo proposte per un mondo più giusto ed accogliente per tutti.
Il documento base della Campagna recita: “Occorre riconoscere l’importanza di un fondamentale legame di relazione tra gli uomini; è questa l’unica alternativa a un crescente individualismo fondato sull’idolatria del denaro e del potere. Il nostro mondo è frutto di relazioni tra persone, con la natura, tra le istituzioni create dall’uomo.
Le relazioni possono essere di sfruttamento o di valorizzazione dell’altro, di conflitto o di pace. Gran parte delle relazioni non sono facilmente classificabili nelle categorie di bene e male, ma spesso combinano assieme solidarietà e competizione, concordia e conflitto. Oltrepassare l’attuale crisi è possibile ricostruendo relazioni, strutture, comunità e comportamenti responsabili per il buon vivere a livello locale e globale, esplorando quelle periferie geografiche ed esistenziali evocate da Papa Francesco.
L’obiettivo centrale della Campagna è dunque accendere i riflettori delle coscienze sugli squilibri del modello di sviluppo globale, causa delle disuguaglianze e della fame, proponendo un cambio di paradigma che parte dalla cultura che consente e alimenta questo modello e che plasma le relazioni umane a livello micro e macro”.

IL TEMA CENTRALE: CIBO PER TUTTI
Il diritto al cibo è uno dei diritti umani fondamentali, riconosciuto sin dalla Dichiarazione Universale sui Diritti dell’Uomo del 1948.
Secondo il comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, il diritto all’alimentazione è il diritto di ciascun individuo, solo o in comunità con altri, ad avere in ogni momento un accesso fisico ed economico sufficiente al cibo che deve essere adeguato e culturalmente accettabile, oltre che prodotto e consumato in maniera sostenibile e senza interferenze con il godimento di altri diritti umani, preservando l’accesso al cibo per generazioni future. Pertanto il contenuto normativo del diritto al cibo può essere riassunto facendo riferimento ai requisiti di disponibilità, accessibilità, adeguatezza, sostenibilità, stabilità.cibo per tutti
Analizzando questa definizione e alcuni dati a livello globale quali:
• la gran parte degli affamati vive nelle zone rurali dove si produce l’85% del cibo disponibile principalmente per l’esportazione;
• la produzione mondiale di cibo è sufficiente per 12 miliardi di persone;
• la produzione di cibo aumenta in modo più che proporzionale all’aumento della popolazione;
è abbastanza evidente che la fame è una conseguenza dell’ingiustizia, più che della scarsità. Ingiustizia che taglia fuori una parte della popolazione mondiale dall’accesso al cibo, dalle risorse necessarie per produrlo, dal lavoro dignitoso che genera reddito necessario a procurarselo.
Il paradosso studiato da Amartya Sen, l’economista indiano premio Nobel per l’economia nel 1998, ovvero l’abbondanza di derrate alimentari in paesi colpiti dalle carestie più dure, si riproduce ora a livello globale. Il punto quindi non è tanto produrre più cibo, ma fare in modo che il cibo sia accessibile per chi ne ha bisogno senza che sia convertito in agro-carburante come avviene per quote importanti del mais prodotto nel mondo.
Da questa analisi deriva che i fattori che limitano il diritto al cibo sono molteplici, ma si possono sintetizzare nell’incapacità di affrontare i temi delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale, che limitano i diritti di cittadinanza economica di gran parte della popolazione del pianeta. È la solita questione del sistema economico globale che è in grado di sviluppare tecnologie avanzatissime e prodotti lussuosissimi, ma che non riesce a porsi il problema di sfamare gli ultimi della terra. Pertanto le cause della fame non vanno ricercate in eventi esterni incontrollabili, bensì in scelte politiche dannose e sconsiderate: nei modelli di produzione, nel commercio, nel consumo.
Non è solo questione della produzione del cibo, ma anche della sua distribuzione e commercio. È chiaro dunque come la riflessione sul diritto al cibo deve essere collegata alla questione del commercio internazionale: il cibo non è una merce come le altre, in ragione della sua fondamentale importanza in termini di sussistenza, ma anche in termini sociali e culturali.
È necessario porre attenzione agli elementi strutturali che provocano questi squilibri.
Diverse organizzazioni della società civile impegnate sul tema della sovranità alimentare sottolineano l’importanza del controllo dei sistemi di produzione, scambio e consumo di cibo da parte delle comunità dove la produzione, il commercio, il consumo hanno luogo.
Si tratta di un problema che è sempre più visibile anche nel Nord del mondo, e nel nostro paese in particolare, dove l’attività dei centri di erogazione di beni primari e mense ha subito un’impennata negli ultimi due anni, testimoniando così un aumento della fascia di vulnerabilità. Secondo l’ISTAT, nel 2012 si trova in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Si tratta dei valori più alti dal 1997, anno di inizio della serie storica.
La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui (circa 5 milioni di persone), con valori che sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord. Nel 2012 l’indicatore sintetico “Europa 2020”, che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, ha quasi raggiunto in Italia il 30%, soglia superata, tra i paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia.

QUALI PROPOSTE?
Oliver De Shutter, relatore speciale sul diritto al cibo alle Nazioni Unite, ha sottolineato come sia necessario un cambio di paradigma nei sistemi alimentari: non più la ricerca continua di maggiore produttività, ma accrescere la resilienza, ovverosia la capacità di reazione e resistenza di fronte agli shock esterni, la sostenibilità e la stabilità.
Lo stesso relatore nel suo rapporto all’assemblea generale delle Nazioni Unite, dopo una accurata diagnosi della situazione, elenca una serie di raccomandazioni sulle riforme necessarie per garantire il diritto all’alimentazione. Innanzitutto si riconosce come la sovranità alimentare, concepita come un’esigenza di democrazia nei sistemi alimentari che includa la possibilità delle comunità di scegliere da quali sistemi alimentari dipendere e come riorganizzare questi sistemi, è condizione necessaria per la piena realizzazione del diritto al cibo. Le direttrici principali di queste raccomandazioni si sviluppano su tre livelli:
• a livello locale: l’elemento chiave è il rafforzamento delle comunità locali nella capacità di ricostruzione dei sistemi alimentari locali al fine di decentralizzarli, renderli più flessibili e creare legami tra città e campagne a beneficio sia dei produttori agricoli che dei consumatori;
• a livello nazionale: le riforme locali debbono essere sostenute da politiche nazionali che garantiscano una corretta successione delle riforme in tutti i settori pertinenti: agricoltura, sviluppo rurale, salute, istruzione e protezione sociale;
• a livello internazionale: il contesto globale dovrebbe favorire le riforme locali e nazionali, con una maggiore coordinazione fra le azioni avviate a livello multilaterale, regionale e nazionale in particolare nei settori commerciali, dell’aiuto alimentare, della riduzione del debito estero e della cooperazione allo sviluppo. A questo fine è fondamentale il rafforzamento della governance globale su questo tema e in particolare del ruolo del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale.
A sostegno di queste raccomandazioni la Campagna propone:
a livello personale, nel nostro mondo attenzione dovrà essere posta, in primo luogo, a quanto e a come i nostri stessi comportamenti determinino conseguenze nella piena realizzazione del diritto al cibo per tutti: temi come lo spreco saranno anche al centro di iniziative europee dei prossimi mesi. Occorre acquisire una consapevolezza sempre maggiore circa la necessità di uno stile di vita sobrio e consapevole, sul peso del “voto con il portafoglio” per determinare le scelte di mercato, così come occorre affrontare con determinazione il tema dell’accesso al cibo sempre più difficile nella nostra stessa società per quote crescenti della popolazione.
Occorre infine valorizzare alternative solidali e sostenibili di produzione e di consumo sperimentate sui territori, come gruppi di acquisto solidale, orti urbani, farmers’ markets, etc.;
• a livello locale, la Campagna lavorerà per promuovere sistemi locali sostenibili di produzione e commercio, attraverso il rafforzamento delle relazioni di prossimità, sulla specificità dei prodotti alimentari e per il sostegno a modelli di agricoltura contadina e familiare;
• a livello politico, sul piano della responsabilità e governance è necessario sostenere la messa in opera di un più giusto regime di regolazione degli investimenti internazionali, del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale, e di una riflessione sull’accesso alle risorse di base. Una sempre maggiore consapevolezza su fenomeni come quelli del land grabbing, della competizione tra produzione di cibo e agro-carburanti. Queste tematiche intrecciano una problematica relativa alla governance globale con l’organizzazione dei sistemi locali.

I TEMI E LA COMPLESSITÀ
Cantico Novembre 2014 onlineLa campagna ha fatto la scelta di focalizzarsi, oltre che strettamente al diritto al cibo, su altri due ambiti fortemente connessi con le cause della fame: la finanza e la pace.
Il sistema finanziario globale è uno dei meccanismi internazionali che ha maggiormente contribuito all’attuale crisi internazionale. Poche grandi banche, a livello mondiale, concentrano nelle proprie mani un enorme potere finanziario, intrecciando le attività tradizionali di deposito e credito, con operazioni d’investimento, soprattutto di carattere finanziario rischioso e speculativo a livello globale, tali che un loro fallimento genererebbe effetti disastrosi: sia direttamente per i dipendenti e i risparmiatori, che indirettamente per il sistema delle imprese, i lavoratori e per tutti i cittadini. Questa dinamica è il frutto di relazioni finanziarie squilibrate e di un sistema di regole mal funzionante, che ha favorito comportamenti speculativi, finalizzati al guadagno di pochi, nel breve periodo, e al danno di molti, generando dinamiche e rischi sistemici che colpiscono tutti i paesi del mondo.
Tutto questo colpisce i paesi del Sud del mondo in modo particolarmente severo. Con la speculazione finanziaria i prezzi dei generi alimentari sono schizzati in alto generando le cosiddette “guerre del pane” e nuova fame. Oltre ad una maggiore vulnerabilità rispetto alle instabilità del mercato finanziario, la crisi ha determinato una riduzione dell’aiuto da parte dei paesi ricchi, una contrazione del flusso di rimesse dei migranti e una riduzione della liquidità e del credito internazionale. È necessario mobilitarsi a tutti i livelli, per la costruzione di relazioni finanziarie rinnovate secondo principi etici, per ricercare e proporre alternative, nuovi meccanismi di regolazione, come la tassa sulle transazioni finanziarie, e per promuovere una mobilitazione nella direzione del sostegno al bene comune.
Su questo fronte le proposte della Campagna sono:
• a livello personale e locale, la campagna promuove il diffondersi della finanza etica e incoraggia scelte personali in questa direzione. Ma è soprattutto a livello antropologico che occorre agire, educarci al bene comune, rinunciando al denaro fine a se stesso, per riscoprire l’economia del noi e l’economia civile;
• a livello locale, sia in Italia che in paesi partner del sud, la campagna cercherà di mettere in evidenza buone pratiche di finanza, capaci di sostenere le forze economiche e sociali dei territori, di accompagnarne la ristrutturazione e la ri-costruzione di relazioni di comunità attraverso una finanza solidale, inclusa la valorizzazione di nuovi strumenti tecnologici che consentono la finanza diretta tra persone e comunità a distanza, o come il crowdfunding;
• a livello politico, italiano ed europeo, la Campagna sosterrà l’introduzione e l’applicazione di elementi normativi che possono favorire la regolazione ed il controllo delle attività di carattere finanziario e speculativo. In particolare, con riferimento ai derivati finanziari, è necessario regolamentare la loro emissione e limitare le operazioni di carattere speculativo – quelle che avvengono più volte ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, senza rapporto con i prodotti reali a cui fanno riferimento – attraverso l’introduzione e l’applicazione di una tassa sulle transazioni finanziarie.
La definizione del quadro di applicazione di questa tassa (su cui in Italia esiste una normativa ancora insufficiente, e che è oggetto di iniziative di cooperazione rafforzata anche in Europa) è solo un tassello rispetto ad un più ampio quadro di regolazione del sistema finanziario; rappresenta tuttavia un elemento molto importante sia sotto il profilo pratico che sotto quello simbolico, nella lotta contro le forme più distruttive di speculazione finanziaria.
La capacità di costruire relazioni di pace è il terzo elemento che è stato riconosciuto centrale: una pace che “non si riduce ad un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze, [ma che] si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini” (EG, 219).
Le guerre, le cui vittime oggi sono in prevalenza civili (il 90%), negano il diritto al cibo: persone in fuga che perdono tutto, distruzione delle attività produttive, instabilità dei prezzi. Il cibo ha un ruolo importante anche sul versante delle cause dei conflitti moderni provocati sempre più dalla contesa della terra e dell’acqua. Vi è però un punto più decisivo e profondo che rappresenta il cuore della proposta della Campagna. Gli squilibri del modello di sviluppo globale che provocano allo stesso tempo fame per oltre 800 milioni di persone, ricchezze immense per pochi, spreco di un terzo del cibo prodotto, spese militari smisuratamente superiori a quanto necessario per sconfiggere la miseria nel mondo, e molte altre contraddizioni, si fondano su un’idea di relazione tra gli uomini in cui i conflitti sono gestiti con la violenza.
È il punto che tutti i papi dell’ultimo cinquantennio hanno ribadito con forza: la pace non è solo assenza di guerra, ma è ricerca di verità, libertà, fraternità e giustizia che insieme si traducono in “nonviolenza”. Per assumere come compito nostro la costruzione di una sola famiglia umana, questi valori debbono incarnarsi nelle relazioni umane di ciascuno sul piano individuale, comunitario e collettivo.
Una prospettiva che sollecita innanzitutto un disarmo culturale rifiutando decisamente il paradigma dello scontro di civiltà e della paura dell’altro e un deciso e progressivo disarmo irrobustendo l’ONU, regolamentando maggiormente il commercio e la produzione di armi, attivando e rafforzando gli strumenti di gestione non violenta dei conflitti.
In particolare la Campagna propone di promuovere scelte concrete a sostegno di pratiche di risposta non violenta al conflitto, come il servizio civile ed i corpi civili di pace. È fondamentale non solo garantire la sopravvivenza, ma anche rilanciare il servizio civile come esperienza di impegno per la pace e di difesa non violenta del paese, che promuova un’idea di società dialogante ed inclusiva e che possa indicare una direzione di vita ai giovani in cerca di futuro e di esperienze di cittadinanza attiva e consapevole.
Nelle situazioni di conflitto è necessario promuovere la capacità di condividere e compartecipare a realtà segnate da complessità e tensioni, partendo dalle vittime, e contribuendo ad un paziente lavoro di costruzione di ponti tra le parti in causa.
La Campagna intende dunque proporre, assieme all’idea della necessità di un’appropriata valutazione del contesto in cui il conflitto si produce (nei suoi elementi storici, strutturali e contingenti), la considerazione di modalità di intervento come i corpi civili di pace, strumenti alternativi e non violenti di prevenzione e trasformazione dei conflitti e che abbiano al centro l’iniziativa della società civile. L’elemento centrale deve essere quello del costruire un’attenzione trasversale alle diverse iniziative poste in atto nelle società e nelle comunità lacerate dal conflitti, al fine di aumentare la consapevolezza sulla necessità di ricostruire un tessuto di relazioni volto ad una riconciliazione duratura.poveri
A livello politico, esiste un importante ambito di impegno nella direzione di una mobilitazione civica per scelte di pace, per il disarmo e per l’accoglienza. La Campagna promuoverà scelte politiche che indirizzino le risorse pubbliche a preparare la pace e non la guerra, sostenendo la riduzione delle spese militari, la riconversione delle strutture industriali finalizzate alla produzione di armi. Ciò implica il rafforzamento politico degli organismi sovrannazionali, in particolare dell’Europa e dell’ONU, e della loro capacità di promozione, attuazione e controllo di processi di disarmo, di prevenzione e risoluzione dei conflitti, innanzitutto tramite strumenti non violenti.
È necessario inoltre riflettere sull’adozione di soluzioni istituzionali per assolvere a funzioni di polizia internazionale in modo efficace e rispettoso dei diritti. Poiché la costruzione della pace richiede anche politiche attive di integrazione ed accoglienza, la Campagna sosterrà l’introduzione di nuove e più efficaci norme per il riconoscimento del diritto d’asilo e per la tutela dei diritti dei migranti e dei profughi, l’iniziativa per l’attivazione di corridoi umanitari, le iniziative finalizzate all’attribuzione dei diritti di cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia, una nuova legge sull’immigrazione con l’abrogazione del reato di clandestinità.
Infine a livello di Nazioni Unite la Campagna sosterrà il percorso che intende promuovere l’affermazione del Diritto umano alla pace.

Per approfondimenti consultare
www.cibopertutti.org