Chiara Mantovani

Ciao piccola Aurora, sono la nonna.
Ti scrivo una lettera, perché i grandi spesso fanno così quando devono dire cose importanti e che reputano degne di essere ricordate: le scrivono. E se sanno che saranno lette anche molto tempo dopo che le hanno scritte, sono ancora più contenti. Perciò le indirizzo a te – ma sono anche per i tuoi fratelli e le tue sorelle – perché tu sei ancora nella pancia della mamma (che poi è la mia bambina). A te serviranno almeno sei anni per leggerla, questa lettera, e dunque ormai sarà passato un sacco di tempo!

I nonni dovrebbero raccontare sempre storie ai nipotini, poiché il modo migliore affinché gli uomini imparino ciò che è successo è proprio che glielo raccontino i nonni. Ci sono anche i libri di storia, e i giornali; ma quelli di solito sono scritti da chi ha specifici interessi a divulgare i fatti a modo loro. I nonni no, i nonni sono sinceri, tutt’al più abbelliscono un po’ le cose, le addolciscono. Ma per amore! Li hanno vissuti, i fatti; li hanno rimuginati, li hanno elaborati e pensano di averci capito qualcosa. Per questo li raccontano, affinché nulla vada perduto, nemmeno e soprattutto le piccole cose, che alla fine sono quelle decisive.
Questa è la memoria. È una cosa importante, la memoria. Quella della nostra famiglia, come di tutte le famiglie del mondo. La memoria racconta chi siamo, dice che nessuno arriva nel mondo da solo, rende evidente che ognuno di noi è stato come tu sei adesso e che poi è diventato come te quando saprai leggere questa lettera, e poi diventerà – speriamo – vecchio come me che la scrivo, e anche di più. La memoria ci assicura contro la solitudine: siamo parte di una storia, abbiamo fatto la storia vivendola. Come la società: la facciamo noi, essendoci. Tu conosci già la più piccola società possibile, è il tuo mondo: tu e la mamma.
Ma tra un mesetto imparerai a conoscere anche gli altri, di cui adesso senti le voci. E crescendo conoscerai/farai le altre “famiglie” che servono per diventare adulti: la scuola, la parrocchia, la società sportiva (farai la ballerina o la judoka? Spero di vederti, comunque sarai bellissima sia con il tutù che con il kimono), l’Università e il lavoro, magari ti impegnerai in politica e fonderai un partito, diventerai sindaco o parlamentare. O forse sceglierai una famiglia religiosa. In ogni modo intorno a te, e grazie anche a te, si costruiranno delle “famiglie”, unite da una meta finale verso cui tendono per natura: un destino. Quello che tiene insieme qualsiasi società umana non è un contratto, è la condivisione di un’eredità che appartiene ai morti, ai vivi e a chi deve ancora nascere, in cui ci sei già tu anche adesso, come parte di una catena ininterrotta di dare e ricevere.
Condividere l’umanità è condividere una memoria, è essere un popolo e non un gregge. Raccontare questa memoria è rinnovare la consapevolezza della propria identità, qualcosa che per ora non sembra servirti e invece è ciò che di più prezioso possiamo lasciare e ricevere.
L’altro modo di raccontare è la cronaca, sono le cifre e le dirette facebook (c’è ancora facebook adesso? Altrimenti chiedilo a tuo fratello, forse se lo ricorda un po’). Sembra che dicano tutto, ma in effetti possono essere anche molto superficiali, dire la verità a metà, o anche meno. Dunque il resto è bugia e, mi raccomando, le bugie non si dicono e possibilmente si evitano.
Vorrei raccontarti, piccola Aurora, di questo periodo molto difficile che stiamo passando. Tu già ci sei (e un po’ eravamo preoccupati anche per la tua salute, ma sembra che tutto vada bene: la pancia della mamma è sempre un gran bel posto, sicuro e caldo, dove stare!), ma ancora non ti vediamo e non ti abbracciamo: il brutto è che non vediamo e non abbracciamo più nemmeno gli altri! C’è in giro un piccolissimo mostro, si chiama virus, che causa una terribile malattia. E per non ammalarci ci siamo separati gli uni dagli altri, siamo nelle nostre case e non ci vediamo se non tramite schermi.
Siamo molto tristi. Perché, come tu sai già molto bene, siamo fatti per stare vicini – e magari abbracciati – a coloro che amiamo. Invece questo virus ci ha imposto qualcosa di antiumano: la solitudine.
Non il ritirarsi nell’intimo del proprio essere per riflettere e migliorare. No, qui siamo nella solitudine dell’isolamento. Succede appena ci si ammala, prosegue se dobbiamo andare in ospedale, e ancora persino quando moriamo. Qui nella città della nonna – sapessi! – sono arrivate tante bare con le persone morte in altre città. Le hanno portate i militari, senza che i loro cari potessero seguirli:una solitudine tremenda, persino peggiore di quella della guerra, che è già terribile.
Vedrai, Aurora mia, che appena nascerai tutti vorranno baciarti, stringerti e coccolarti, sarai irresistibile! Certo potranno farlo – eccome che lo faranno! – mamma e papà e fratelli vari. Noi, invece, i nonni e gli zii, non so quando potremo farlo. Pensa: questa malattia si chiama PANDEMIA, che vuol dire che è diffusa in tutto il mondo. E questa cosa, che accomuna tutto il mondo, ci condanna alla solitudine: la solitudine della pandemia.
Una contraddizione che ci sta facendo molto male, ma non solo perché è più bello stare in compagnia, soprattutto perché rischia di farci cambiare idea sullo stare insieme.
È questo, Aurora bella, ciò che alla nonna preme di più raccontarti. In un libro molto importante – che tu un po’ già conosci, quello da cui papà legge la sera a voi bimbi alcune bellissime storie: la Bibbia – ad un certo punto c’è una frase che dice: «guai a chi è solo» [perché quando cade non ha chi lo rialzi (Ecclesiaste 4,10)]! Non vuol dire che raccomanda feste e baldorie, belle ma non indispensabili.
Vuole insegnarci, quella frase, che vivere con le altre persone è il modo giusto per gli esseri umani. Può diventare difficile, alcune volte. Te ne accorgerai presto, alla prima litigata con i tuoi fratelli. O quando ti sembrerà assolutamente necessario un giocattolo o un vestito delle tue sorelle, e loro non saranno d’accordo.
Eppure non c’è niente di più importante che imparare a usare la libertà, che tutti abbiamo, dentro i confini del bene. Stare da soli sembra che permetta di fare tutto ciò che vogliamo, non c’è nessuno che ci sgrida, non c’è nessuno che brontola, non c’è nessuno che ci fa torto. Ma stare da soli non è uno stare adatto agli umani.
Spero tanto che questa pandemia insegni agli adulti di oggi a metterci più impegno nell’insegnare a voi, cuccioli, come usare bene la libertà. Senza la quale non c’è umanità, non c’è titolarità, non c’è responsabilità: se sono solo, a chi rispondo? E chi mi risponde, quando io domando?
E poi c’è un’altra cosa da imparare, per noi, in questo tempo della solitudine, questo tempo sospeso perché ci sembra che non ci sia nulla da fare se non aspettare che passi questa calamità. Questo tempo mi sembra simile al tuo, che è il tempo della progettazione e della crescita di quel che sei. Tutta la nostra vita qui, sulla terra, è un tempo di attesa, il tempo che ci è concesso per divenire ciò che siamo.
Bisognerebbe aggiungere nove mesi agli anni dalla nascita, perché il tempo che tu stai vivendo è l’anticipazione di quello che verrà ed è tempo vero, non sospeso.Anzi, essenziale. Sai, noi in queste settimane siamo tutti a far pane e brioches, a casa e a mano, a manipolare come i bambini il pongo, a dedicarci alle cose lunghe da fare, a riscoprire i legami con le persone del passato.
Tanti progetti, tanta immaginazione di quello che sarà, dopo. Anche tu hai un “dopo”, molto vicino ormai.
Ma tutti abbiamo un “dopo”, un poco più in là. E non sarà mai abbastanza lontano per la nostra attesa. E ci sorprenderà come sarai sorpresa tu. E speriamo che sia festa grande, come per te.
Piccola Aurora, il tuo nome non si riferisce solo all’attimo temporale in cui sorge il sole. O meglio: è un sole speciale, quello a cui si riferisce. «Maria, aurora del mondo nuovo» è l’inizio di una bellissima preghiera di un grande Papa, san Giovanni Paolo II, che chiama così la Vergine Santa perché aspetta da lei il sorgere di un giorno in cui gli uomini sapranno asciugare le lacrime, prendersi cura di chi soffre, soccorrere chi è povero, rispettare ogni uomo, annunciare la salvezza. Custodisci la memoria del buono che si è realizzato, per farlo ancora meglio; e anche degli errori, per evitarli. Ricorda che arriverà, quel giorno, anche se quasi certamente neppure tu lo vedrai. Ma vivi la tua vita preparandolo come se dipendesse da te, anche sapendo che da sola non potrai fare nulla: c’è tutto un mondo che aspetta te e la tua libertà ben usata.
Coraggio, piccolina: prepara anche tu la storia da raccontare.
Con infinito amore, la nonna.

Chiara Mantovani
Medico; consigliere naz. Associazione Medici
Cattolici Italiani; consigliere naz. Associazione
Scienza & Vita

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata