Testimonianza di Ljiliana Dzalto
Dalla presentazione del Santuario di Olovo in Bosnia Erzegovina
Scuola di Pace (Roma, 3-5 gennaio 2013)
Innanzi tutto vorrei ringraziare gli amici della Fraternità e della Cooperativa Frate Jacopa di questa meravigliosa possibilità di poter parlare e di presentare non soltanto una parte del mio lavoro ma quanto una profonda esperienza umana nonché una significativa lezione di vita e un forte insegnamento cristiano. Sono ormai 15 anni che ho l’opportunità di collaborare con la casa di produzione DUEAFilm di Pupi Avati. Sono state realizzate tante serie di documentari di carattere sia religioso che sociale e culturale. Ogni volta, qualsiasi cosa veniva fatta, sia legato alla vita sociale, all’arte, alla vita politica, abbiamo incontrato sempre i francescani, una presenza inevitabile. Non incontrarli e non conoscerli sarebbe un po’ come arrivare a Roma e non vedere San Pietro! La serie televisiva “I grandi santuari d’Europa” ha realizzato circa quattordici puntate, presentando i luoghi della devozione popolare nel mondo. Durante la realizzazione della scaletta dei santuari da fare, quando il nostro regista Cesare Bastelli ha proposto di fare anche i quattro santuari mariani più importanti dei Balcani, lo stesso Pupi Avati era perplesso e scettico. Infine, abbiamo fatto ben quattro puntate tra Bosnia e Croazia.
Non era da sorprendersi, perché quando si pensa ai grandi santuari, vengono in mente Lourdes, Fatima, e…. purtroppo i Balcani storicamente sono la vetrina e l’ eco di tanti mali, spesso il palco del manifestarsi del più basso ed assurdo essere uomo. Una terra tanto lontana, quanto vicina, sempre sospesa tra Oriente ed Occidente. Terra dei paradossi, dove possiamo trovare una natura meravigliosa, i fiumi che gli antichi romani già nel nome hanno saputo elogiare (UNA, SANA, ecc.), Terra dei premi nobel, degli artisti, degli sportivi. Ma anche una terra sofferta, dei martiri e dei santi, dei carnefici e delle vittime. Una cosa è certa: la Bosnia non smette mai di sorprendere! Una sorgente mai prosciugata di tante storie da raccontare e sempre delle vicende nuove e diverse e mai banali. Perché, come vedremo, anche i luoghi di culto da quelle parti sono diversi, spesso nascosti nelle montagne, quasi abbandonati o in eterna ricostruzione; poi si scopre che sono vivi, fremono di vita, e lì, dove mancano i fedeli, i buoni vecchi frati sono presenti. Perché appena si riusciva a terminare una chiesa, un santuario, una cappella, arrivava una nuova tempesta, mai con i buoni propositi e si distrugge, poi per ricominciare sempre da capo, sempre dall’inizio. La storia collettiva viene portata spesso sulla pelle, come quando le donne cattoliche durante l’impero ottomano si tatuavano le croci sulle mani. E soltanto nel cuore viene conservato ciò che siamo, i secoli di dominio straniero, pur riuscendo a rimanere sempre liberi e noi stessi. Sarà per questo che anche l’aspetto fisico della gente, come potrete vedere nel filmato, risulta sempre spartano, poco curato, come servisse da corazza dura, impenetrabile, e poi incontri persone di larghe vedute.
O forse proprio per una ormai così radicata consapevolezza che tutto è fragile, tutto passa, e che apparteniamo ad una epoca di passaggio, l’ardore della fede è così profondo e vivo, visibile e percepibile, insensibile alle correnti tormentose che ogni epoca portava con se. Sicuramente il grande merito di questa grande chiesa viva è dovuto ad una presenza costante nei Balcani: i frati francescani. In Bosnia durante l’impero Ottomano i frati vengono soprannominati ZII, perché si vestivano in borghese e per mascherare la loro vera vocazione, salvaguardando la loro incolumità, dai fedeli si diceva che venivano gli ZII. La parola Zio, in genere è invocazione di una persona cara, di famiglia, uno di cui c si poteva fidare! Nel 1991 la popolazione di Bosnia ha festeggiato il 700 anniversario della presenza dei francescani in Bosnia. Bosna srebrena (Bosnia argentata) è unica organizzazione che ha resistito nel territorio nei lunghissimi 7 secoli. Come è possibile? Una cosa è sicura: la storia di Bosnia e la storia dei francescani è indivisibile. Il segreto è sicuramente di una amicizia collaudata, tante volte messa alla prova, ma ogni volta uscendone più forte. Il modo semplice del vivere francescano, la loro enorme tolleranza verso tutti e verso il diverso, come anche la loro capacità di adattarsi ad ogni cambiamento, il loro ruolo cambiava secondo le necessità: dalle guide spirituali, al essere medici, assistenti sociali, insegnanti. Erano tutto quello di cui aveva bisogno la popolazione. I francescani erano la chiave e la soluzione di ogni problema dell’uomo di Bosnia, sempre insicuro e vacillante.
Il francescano sapeva lavorare la terra, cavalcare un cavallo, curare i malati. Oggi istruiscono, aprono le scuole, stampano i giornali, i libri. All’inizio del 17 secolo, (1611) il primo libro stampato in lingua locale (bosancica) fu scritto da un francescano, padre della lingua croata in Bosnia frate Matija Divkovic. La lingua ufficiale era il latino. Matia Frate Divkovic sapeva che la sua gente più che mai aveva enorme bisogno di libri stampati, di istruzione. Lui da solo creò le lettere dell’alfabeto bosancico. Si è recato personalmente a Venezia e ha stampato il primo libro in lingua locale, l’unica lingua comprensibile dalla gente del posto. Dopo di lui tanti altri confratelli, usufruendo dell’enorme esperienza accumulata all’Occidente, tornano in patria e trasmette tutto l’apprendimento. Storicamente si potrebbero elencare i seguenti passaggi significativi dei francescani nei Balcani: 1. (1291-1463) arrivo dei francescani nel XIII secolo per evangelizzare la popolazione del posto; 2. (1463-1878) Il periodo sotto il dominio dell’impero Ottomano. Fermiamoci un istante su questo periodo storico. Proviamo a riflettere quanto sono lunghi cinque secoli. Cosa significava conservare la fede e rimanere accanto ai propri fedeli e non far sradicare la cristianità in così lungo arco di tempo. Chi di noi è genitore sa quanto è difficile e quanto anche un brevissimo lasso di tempo può essere determinante nell’educazione. Soprattutto la situazione si fece insostenibile tra il 15º e il 16º secolo. In questo periodo vengono portati via i ragazzi, poco più che bambini, strappati alle famiglie, portati nell’Oriente ed istruiti a diventare i soldati dell’impero Ottomano Secondo i dati dell’epoca i turchi hanno portato via più di 30.000 bambini. Il resto della popolazione spesso cedeva sotto l’oppressione e l’angosciante situazione economica e passava all’islam o fuggiva costretta in esilio. L’amore incondizionato verso l’operato di san Francesco e anche il triste destino toccò pure alla sovrana di Bosnia, regina Katerina, francescana del terzo ordine. Essa fu costretta all’esilio dopo che i turchi rapirono i suoi due figli minorenni per islamizzarli, portandoli via in’oriente.
Essa trascorre a Roma il resto della sua vita, inutilmente cercando di riabbracciare i propri figli. Prima di morire consegnò il proprio regno alla Santa Sede, con la clausola se mai dovessero ritornare gli eredi e riabbracciassero la fede cattolica, di riconsegnarli il trono. Dei figli della regina Katerina non si seppe mai più nulla. Per suo esplicito volere fu sepolta nella chiesa di Roma, Ara coeli, la chiesa romana da sempre preferita dai francescani di Bosnia. Oggi spesso meta del pellegrinaggio di tanti cattolici dei Balcani in visita alla capitale italiana. La situazione tragica non spaventò i francescani, più che mai determinati a riuscire nella propria opera. Ma anche nella situazione più disperata e grazie alla capacità diplomatica del francescano Andjel Zvizdovic, il sultano turco Mehmed II concede il celebre permesso della libera professione della fede, come unico ordine religioso nell’impero Ottomano. 3. (1878-1918) Un breve sospiro di sollievo dei cattolici in Bosnia arriva con gli austro ungarici alla fine del 19º secolo ma durò un breve arco di tempo. 4. (1918-1945) il regno degli Jugoslavi, breve ma sicuramente un altro tormentoso periodo per i cattolici. 5. (1945-1990) quasi tutto il ventesimo secolo è sotto il dominio del regime totalitario. Soltanto nella diocesi di Mostar durante la seconda guerra mondiale sono stati uccisi 66 frati. Tanti altri torturati, imprigionati. 6. (1990- ad oggi) un altro breve ma per tanti aspetti il più complicato periodo, a sua volta divisibile in due parti: ultima guerra sanguinosa e la Bosnia dopo accordo di Dayton (del 21.novembre 1995), di cui siamo tutti un po’ spettatori. Abbiamo tutti assistito alla distruzione delle chiese, persone uccise e torturate soltanto perché confessavano un’altra fede o semplicemente portavano un nome diverso. Secondo i dati della Conferenza episcopale della BiH del 2012 negli ultimi 20 anni i cattolici sono sempre di meno. Sono sparite circa 370 000 persone, una città intera, quasi come la capitale Sarajevo. Oggi in Bosnia Erzegovina vivono circa 3 milioni e 843 persone.
Il numero delle vittime a tutt’oggi non si sa con precisione. Il prossimo censimento tanto discusso è previsto per la primavera di quest’anno nuovo. Attualmente è’ un continuo ripetersi della storia: la situazione politica e sociale difficile. La situazione economica neanche si può definire crisi economica perché si tratta di una disumana lotta alla sopravvivenza e un vivere quotidiano appeso a mille incertezze. E pure, se vi capita di andare da quelle parti, troverete ancora ottimismo, speranza e voglia di credere in qualcosa di migliore. E poi la cosa che colpisce ancor di più quando i nostri amici francescani ti dicono con quell’aria da chi ne ha passate tante: qui non abbiamo crisi delle vocazioni! I loro seminari sono pieni. Incontri tanti giovani pronti ad intraprendere la strada del sacerdozio con la consapevolezza che vale la pena di spendere questa vita per qualcosa di veramente utile, di essere, passatemi il termine, i sani portatori di pace, perché Bosnia e i Balcani avranno sempre bisogno dei loro zii.
Per vedere la trasmissione consultare www2.tv2000.it – I grandi Santuari d’Europa raccontati da Pupi Avati.