Un pellegrinaggio insieme di preghiera e comunione

Sono state 160 le persone che hanno preso parte al pellegrinaggio dalla Diocesi di Bologna, alcune provenienti anche da altre zone d’Italia. Il primo elemento delle quattro giornate, da giovedi  13 al 16 e  la preghiera, per chiedere la fine del conflitto in quella terra martoriata, poi la solidarieta  concreta a comunita  che vivono nella tragedia.

Pochissimi i pellegrini in questa Terra dopo i fatti tragici del 7 ottobre scorso e la conseguente escalation: questo e  stato il primo viaggio cosi  numeroso.
A raccogliere l’invito lanciato nei mesi scorsi dal Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, l’Arcivescovo di Bologna che con la Diocesi, in comunione con il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, ha proposto e organizzato il pellegrinaggio. Lo stesso Cardinale Pizzaballa ha ringraziato calorosamente per questa visita: «Voglio ringraziare – ha detto, nell’Orto del Getsemani, dove e  avvenuto il primo incontro – il Cardinale Zuppi e l’arcidiocesi di Bologna per questa iniziativa coraggiosa. In un periodo in cui tutti hanno paura di venire, ha riunito oltre 160 persone in un pellegrinaggio di solidarieta  per tutte le popolazioni di Israele e Palestina. Venire qui e darci fiducia, solidarieta , vicinanza ed empatia e  esattamente cio  di cui abbiamo bisogno in questo momento». L’Arcivescovo alla partenza ha detto che il pellegrinaggio e  «Come andare da un amico che sta male. Non possiamo portare null’altro che la vicinanza, l’amicizia, dirgli “siamo con te”. Ma questo e  quello che conta». Anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore ha rivolto il suo saluto all’Arcivescovo e ai pellegrini nel giorno della partenza: «A nome della città di Bologna, voglio esprimere piena vicinanza al vostro viaggio in Terra Santa, che vi vede impegnati nel portare un messaggio di Pace, di testimonianza della grande attenzione che la nostra comunita  cittadina rivolge alla questione israelo-palestinese».
Un pellegrinaggio intenso di preghiera e comunione. Di preghiera su alcuni dei Luoghi Santi come il Getsemani, il Santo Sepolcro, la Basilica della Nativita  di Betlemme, Emmaus. E di comunione, con la visita e la condivisione con le comunita  e parrocchie del Patriarcato latino. Un tuffo anche nelle realta  israeliana e palestinese, che vivono nella sofferenza. L’ascolto di questi giorni e  stato anche con alcuni testimoni del mondo cristiano, israeliano, palestinese, arabo, con tutti gli intrecci di geografie e di storie che rappresentano. Una storia che si completa spesso, purtroppo, con la cronaca tragica anche di questi giorni a Gerusalemme.
E allora tanti gli incontri in programma con associazioni, gruppi, movimenti, singole famiglie, parrocchie ma anche con alcuni familiari degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre scorso e testimonianze dai territori palestinesi. Un viaggio che ha portato i pellegrini soprattutto al silenzio, a non capire tutto e subito di una realta  cosi  complessa, multiforme e in continuo cambiamento. Un percorso nelle ferite che ancora sanguinano con tanto dolore. E l’indicazione data dall’Arcivescovo e  semplice ma essenziale: mettersi al loro fianco. Ma c’e  lo spazio anche per la speranza e la forza della fede.
«La comunione inizia nella prossimita , frutto di Colui che si fa prossimo per farci capire chi siamo, prima vittoria sul male che distrugge, divide, allontana, rende incomunicabili, cancella il mio prossimo tanto da renderlo solo un nemico – ha detto Zuppi nel saluto iniziale della Messa nella Basilica del Getsemani, presieduta dal Card. Pizzaballa –.
Il vostro dolore e  il nostro dolore, il loro dolore e  il nostro, le vostre lacrime sono le nostre. Tutto qui, manifestazione solo di umana e profondissima comunione, premessa per cercare e contemplare, nonostante tutto, quella fraternità frutto dell’unica immagine di Dio che riconosciamo in ogni persona. Non ci possiamo abituare al grido di dolore che giorno e notte sale a Dio, ma anche alle nostre orecchie».
Poi, nell’omelia della Messa alla Basilica del Santo Sepolcro, ha ricordato: «Siamo la piccola famiglia di amici di Gesu , che seguono Lui e si misurano con la croce, con il potere terribile del male, dell’odio che acceca la mente, del disprezzo pratico della vita, dei muri innalzati nei cuori. “Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra” (Ps 119,6): e  l’esperienza di tanti credenti travolti da questa pandemia».
«Oggi ci troviamo al centro di tutto, dove il sangue del Figlio di Dio raggiunge ogni Adamo. Non c’e  resurrezione senza restare sotto la croce, senza farsi interrogare personalmente dalla sofferenza. Cos’e  la Chiesa? La madre che resta e un discepolo che sotto la croce piange con lei. Bisogna restare, in silenzio, ascoltando, pregando, affidandosi al Padre e soprattutto restare, esserci, capire la sofferenza dell’altro e farla propria. Solo cosi  inizia la pace».
Al termine della celebrazione nel Santuario del Getsemani, il vicario generale mons. Stefano Ottani ha voluto ringraziare il card. Pizzaballa per il sostegno che ha fornito fin dall’inizio al pellegrinaggio e gli ha offerto un dono in ricordo: un’icona della Beata Vergine di San Luca «che per noi bolognesi – ha ricordato – è  l’icona piu  significativa». Tanti volti e le storie che si sono incrociate, come la visita alla Custodia di Terra Santa, retta dai Frati minori francescani, p. Francesco Patton; al Nunzio apostolico in Israele e Cipro, e Delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina mons. Adolfo Tito Yllana e al patriarca ortodosso di Gerusalemme Sua Beatitudine Teofilo III.
E poi la commovente telefonata del parroco dell’unica parrocchia cattolica di Gaza, p. Gabriel Romanelli. «Cio  che piu  mi ha colpito degli incontri di questi giorni – ha detto il Card. Zuppi all’inviata di Avvenire Lucia Capuzzi – è  la sofferenza profonda, il desiderio viscerale di essere ascoltati, di trovare l’unica consolazione: la speranza di pace. La madre di un ostaggio mi ha detto una cosa fondamentale. “Non voglio che sia fatta una classifica di dolori. Non voglio che il mio dolore finisca per provocare altri dolori”. E noi siamo venuti per dire: “Siamo con voi. Siamo al vostro fianco». «Abbiamo vissuto questo pellegrinaggio come il Triduo pasquale. Ora siamo in un lungo Sabato Santo in cui sperimentiamo le terribili conseguenze del male del Venerdi  Santo.
Il nostro atteggiamento, pero  , e  quello delle donne che continuano a preparare unguenti e oli profumati: ringraziamo Papa Francesco per il continuo esortarci a perseverare in questo».
«Come cristiani, vogliamo e dobbiamo essere donne e uomini di speranza – ha concluso il CardinaleE anche in Terra Santa ci sono tante donne e uomini di speranza, di diverse fedi. Molti dicevano che non era questo il momento, troppi problemi e troppa sensibilita  . Qui tutti ci hanno detto il contrario; abbiamo bisogno di sentire la vicinanza. Tanto dolore ma un amore per tutti: non c’e  salvezza da soli! La pace è sempre insieme! ».
A Emmaus si è svolta la Messa conclusiva presieduta da mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi. Molte le associazioni e i movimenti che hanno aderito al pellegrinaggio, che ha visto l’organizzazione tecnica dell’agenzia Petroniana.

Si ringrazia la Chiesa di Bologna per le note da cui è tratto l’articolo. Ulteriori approfondimenti sono presenti sul sito www.chiesadibolgna.it, sul canale YouTube di 12Porte e sui profili social Facebook e Instagram, della Chiesa di Bologna.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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