Una lettera alla politica dopo Trieste

La 50° edizione delle Settimane Sociali ha riportato al centro dell’attenzione del mondo ecclesiale italiano il tema della democrazia. Di fronte a un passaggio storico nel quale da più parti si mette in evidenza una fatica, se non una crisi, della democrazia come regime politico e forma di organizzazione delle istituzioni pubbliche, i cattolici italiani hanno sentito il bisogno di fermarsi a riflettere e lavorare su questo nodo storico. Trieste è stata dunque un’occasione di dialogo e confronto, di approfondimento di quelle che sono le fragilità e le potenzialità della democrazia oggi. E questo passaggio, che ha coinvolto migliaia di delegati da tutte le diocesi italiane e ha animato per giorni la città di Trieste e le sue piazze, lascia aperta la questione di come dare forma e sostanza alla democrazia in questo XXI secolo. Una sfida, questa, che le giornate di Trieste consegnano al paese e soprattutto alla sua classe politica, a chi siede in istituzioni rappresentative, a chi ha responsabilità di partito e sceglie di dedicarsi a incarnare la democrazia nella quotidianità del paese.
Del resto, la Settimana Sociale ha posto l’accento su alcuni aspetti cruciali della democrazia, a cominciare dal nodo della partecipazione. Quest’ultima è uno dei pilastri di una forma di organizzazione ed esercizio del potere che ambisce ad essere caratterizzata dal primato del “noi” sull’“io” e che si traduce in una diffusione di responsabilità che va al di là del semplice momento elettorale e investe la qualità e la maturità di un discorso pubblico a cui tutti hanno il diritto/dovere di prendere parte. Ora, in un tempo in cui la nostra democrazia conosce un’erosione sistematica della partecipazione – tradottasi in un’affluenza inferiore al 50% alle ultime elezioni europee, ma qui vanno ricordate anche le migliaia di disponibilità alle contemporanee elezioni amministrative in oltre 3.700 comuni italiani – chi esercita una funzione politica è chiamato a porsi il problema di comprendere le ragioni di una dinamica che rischia di minare la natura stessa della democrazia.
La richiesta che emerge dai tavoli e dalle proposte che hanno segnato le giornate triestine è quella di tornare ad una politica che sia non solo “per” tutti ma che sia “di” tutti. Questo perché la democrazia vive di quel complesso e però ricchissimo rapporto che lega i cittadini, le realtà sociali, economiche, culturali del paese, alle istituzioni attraverso una rappresentanza che è coinvolgimento reciproco, strumento per far sì che tutte le voci concorrano alla costruzione del discernimento politico e delle decisioni conseguenti.
Le questioni che oggi segnano il nostro tempo – dall’ambiente alla pace, dall’impatto delle nuove tecnologie allo sviluppo economico e sociale, fino al nodo del governo dei flussi migratori – sono un terreno su cui la democrazia conosce la “concorrenza” di regimi politici che promettono sicurezza in cambio della rinuncia alla libertà, all’equità e alla giustizia
Si è dunque di fronte ad una sfida storica, nella quale occorre pensare alla democrazia come qualcosa di più che un semplice equilibrio di poteri o una specifica procedura legislativa o di governo. Al di sotto delle diverse opzioni politiche che il presente vede operare nelle diverse aree del mondo e anche all’interno degli stessi paesi con istituzioni formalmente liberal-democratiche, sono idee diverse di umanità. La democrazia, in questo XXI secolo, può avere una voce ed essere un punto di riferimento se viene concepita e praticata alla luce di un’idea alta di essere umano.
Perché è quando quest’ultimo viene inteso come persona, cioè come soggetto capace di esercitare la propria libertà con responsabilità e però di farlo avendo cura dell’altro, riconoscendo che la libertà dell’altro non è un limite ma una ricchezza, che la democrazia torna ad essere chiamata a pensare e operare assieme.
Le proposte di legge di iniziativa popolare che ACLI e Argomenti2000 hanno elaborato sulla partecipazione a sull’attuazione dell’art. 49 della Costituzione rispetto alla democrazia interna ai partiti sono così un tentativo di rimettere la cura per la democrazia al centro dell’attenzione pubblica e chiamano la politica ad un confronto e ad un farsi carico di un’esigenza che ha profonde implicazioni sociali e culturali.
In un tempo in cui la guerra torna ad avere il volto crudo del conflitto su larga scala, in cui di fronte a fenomeni di portata storica come la migrazione di decine di milioni di esseri umani prevale la tentazione securitaria, in cui l’esigenza di una cura degli equilibri ambientali deve sposarsi con il bisogno di maggiore equità economica e sociale, la politica italiana e quella europea vengono chiamate in causa dai delegati delle Settimane Sociali di Trieste. A chi porta oggi la responsabilità di pensare e praticare la politica viene così affidata la domanda: siete di nuovo capaci di accostare alla parola “democrazia” la parola “futuro”?

Ernesto Preziosi – Argomenti2000 

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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