Il ritorno dell’etica
Nell’Esortazione Apostolica “Christifideles Laici” Giovanni Paolo II legge la realtà che lo circonda ponendo in evidenza che l’uomo d’oggi, inebriato dalle prodigiose conquiste scientifico-tecniche e soprattutto dalla tentazione di voler diventare come Dio, ambisce ad una libertà senza limiti e dimentica Dio, poiché lo ritiene insignificante per la propria esistenza (cfr. CL 4).
Questo uomo secolarizzato si sente libero nella misura in cui non gli è imposta dall’alto una morale e non riconosce altri valori che quelli che egli stesso persegue per il proprio tornaconto ponendosi in adorazione dei più diversi idoli.
La mancanza di riferimenti etici lo espone alle forti pressioni della società dei consumi riducendolo ad una macchina produttiva che sfrutta l’ambiente fino a distruggerlo. Ma in questo modo cade lui stesso in crisi.
È forse la prima volta nella storia che l’egoismo mostra a tutti la sua insostenibilità e che l’amore si mostra come l’unica forza reale in grado di sanare il mondo. Oggi si avverte l’assurdità di certe scelte. Il moderno apprendista stregone si sta sempre più convincendo, in base ai disastri che ha provocato con un uso capriccioso della natura, che non tutto ciò che è in grado di fare è ben fatto e che non tutto ciò che è fattibile è auspicabile.
Oggi l’uomo secolarizzato può trovare addirittura conveniente ridimensionare la sua pretesa di libertà senza limiti. Ritorna l’esigenza di un’istanza morale universale che offre alla Chiesa un solido terreno per la riproposta dei valori cristiani.
Per questo nel Messaggio sulla Cura del creato 2024 il papa propone a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà di contribuire a “ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti” (Msg. n. 6).
La questione teologico-etica
La consapevolezza degli abusi compiuti a danno del mondo è solo il primo passo per la salvaguardia del creato, a cui deve seguire la conversione degli stili di vita. L’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico, ha bisogno di convertire il suo spirito sul modello dello spirito di Cristo.
A tutti gli uomini Giovanni Paolo II ripeteva con tono appassionato: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!… Cristo sa che cosa è dentro l’uomo. Solo Lui lo sa!… Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì! di vita eterna” (CL 34).
Attraverso una vita nuova in Cristo l’uomo si trasforma in una nuova creatura capace di legami di fraternità con le altre creature. Cambia radicalmente atteggiamento: da predatore a coltivatore del giardino (cfr. Msg. n. 7).
Come sostiene Benedetto XVI: “Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore” (SS 26).
“La salvaguardia del creato è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio” (Msg. n. 8).
Superando il linguaggio pre-conciliare, alimentato dall’intellettualismo neo-scolastico che aveva privilegiato le formulazioni dottrinali astratte, papa Francesco sottolinea che non dobbiamo avere fede in “qualcosa di trascendente che la ragione non riesce a capire”, in “un Dio distante e lontano, invisibile e innominabile” (Msg. n. 1).
“Dio non è un’idea astratta di infinito, ma è Padre amorevole, Figlio amico e redentore di ogni uomo e Spirito Santo che guida i nostri passi sulla via della carità” (Msg. n. 7).
La fede è incarnata se crediamo in un Dio vicino che riversa il suo Amore nei nostri cuori guidando, attraverso lo Spirito Santo, i nostri passi sulla via della carità rivolta a tutto il creato e non solo alle creature umane.
É meglio servire il padrone
Nel 1988 Giovanni Paolo II, preoccupato per il degrado del mondo, scrive l’Esortazione Apostolica “Christifideles Laici” ancor valida oggi per riflettere sulle conseguenze dell’agire dell’uomo secolarizzato, anche se la situazione è peggiorata.
L’Esortazione si apre con la parabola del padrone che manda tutti a coltivare la sua vigna che va in rovina. Dio è il padrone che si rivolge a tutti gli uomini e li manda missionari nel mondo.
Attraverso questa parabola Egli chiede a tutti noi di prendere coscienza della natura missionaria della Chiesa e perciò di sentirci mandati dal padrone della vigna a liberarla dai predatori.
Potremmo sentirci interpellati da questa Esortazione Apostolica e chiederci, come fece S. Francesco: “È meglio servire il padrone o il servo?”
Il Santo, prima della conversione, si era posto al servizio di chi aveva il potere di soddisfare il suo desiderio di vanagloria facendolo diventare servo dei servi del potere. Ma seppe tornare indietro per servire il Padrone e per salvarsi!
Graziella Baldo
Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata