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LA PAROLA DEL PAPA: UNA CONSEGNA PER LA CHIESA ITALIANA
Si è aperto nel segno del pellegrinaggio lunedì 9 novembre 2015 il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze, un convenire dalle varie basiliche verso la Cattedrale S.Maria del Fiore facendo memoria del Battesimo, che ci costituisce popolo. Un popolo di Dio che il Convegno ha voluto visibilmente esprimere come popolo in cammino, un popolo che fa esperienza corale della Parola e della preziosità di senso che è chiamato a condividere con ogni altro uomo lungo le strade del mondo.
Nel primo luogo di accoglienza, la Cattedrale, definita “casa della fede e della cittadinanza”, i saluti dell’ Arcivescovo e del Sindaco di Firenze hanno immediatamente ricordato come sia possibile un dialogo efficace tra il campanile della Basilica e la torre comunale, due istituzioni che hanno fatto del bene comune un terreno fecondo in cui confrontarsi ed incontrarsi. È sembrato di poter cogliere già da questi primi momenti la gioia dell’annuncio, la passione per l’uomo, quasi l’affiorare di una Chiesa popolo consapevole di essere proposta umanizzante universale. Un’atmosfera arricchita il giorno dopo, nell’attesa dell’arrivo del Papa, dalla meditazione sull’umanesimo biblico di Don Massimo Naro e dalle intense testimonianze.
«Nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c’è Gesù, nostra luce. L’iscrizione che si legge all’apice dell’affresco è “Ecce Homo”. Guardando questa cupola siamo attratti verso l’alto, mentre contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. Un angelo gli porta la spada, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, perché Lui «ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6).
«Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17)». E’ cominciato così il discorso che Papa Francesco ha rivolto ai partecipanti al Convegno Ecclesiale martedì 10 novembre.
Un discorso (pubblicato a seguire, in versione ridotta) che ha dato il segno di uno spartiacque, diventando consegna ecclesiologica e pastorale per un rinnovamento della Chiesa italiana, chiamata a vivere sempre più i tratti di una Chiesa “madre”, fedele al volto della misericordia che si manifesta in Gesù e che si plasma con l’umiltà (“se non ci abbassiamo non possiamo vedere il volto di Cristo e non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano”), nel disinteresse da ogni gloria, centralità, potere, con lo spirito delle beatitudini. Chiesa madre che “possiede la moneta spezzata di tutti i poveri”, i quali con l’altra metà attendono di essere riconosciuti come figli della comunità ecclesiale, Chiesa madre che accoglie e accompagna i suoi figli. Chiesa capace dell’inclusione sociale e del dialogo in primo luogo per costruire il bene comune con la realtà civile e promuovere una convivenza ordinata alla pace.
Questa la strada tracciata per vivere e coltivare, da popolo di Dio in cammino, la speranza di un nuovo umanesimo, quella speranza che tutti abbiamo avvertito a Firenze come soffio dello Spirito in ogni momento del Convegno (dalla preghiera, alla meditazione, alla riflessione, al discernimento comunitario) e che rimanda al profondo invito a conversione di Papa Francesco, un invito ancora più sentito e significativo nei giorni di lutto per gli attacchi terroristici seguiti immediatamente al Convegno, giorni di resistenza col cuore e con la mente all’odio omicida, e di invocazione della forza di continuare a credere in una umanità capace di vivere finalmente da famiglia umana.

PER UN UMANESIMO DELLA CONCRETEZZA
Alle parole di Papa Francesco che hanno aperto la strada, hanno fatto seguito le parole delle relazioni introduttive che hanno offerto le coordinate per edificare un nuovo umanesimo fondato sulla relazione e sulla concretezza.
Il sociologo Mauro Magatti, a fronte del rischio di rimanere oggi intrappolati tra due poli – quello della dis-umanità, espressa dalla cultura dello scarto, e quello della transumanità, che forza il limite secondo una logica di potenza, di efficienza, di impersonalità – ha evidenziato come nella società italiana ci sia ancora una resilienza, una domanda di senso, un’inquietudine, un’apertura: “Il volto degli altri quando diventa relazione è in grado di aprire il cuore di molti”. “Per quanta efficienza possiamo costruire, è solo attraverso la cura – un verbo della reciprocità! – e la tenerezza – che possiamo sanare l’umano e, quindi, noi stessi, restituendo il senso del limite alla nostra autonomia e potenza, ricreando così anche le basi della giustizia”. img70
Da qui l’esigenza di un nuovo umanesimo della concretezza che, guidando a Gesù Cristo, torni ad essere capace di quella postura relazionale, aperta, dinamica; una concretezza “generativa”, vicina al particolare senza perdere di vista l’universale. Il contributo della Chiesa popolo che cammina insieme (sinodo) ed esce (esodo) nella società italiana potrà consistere nel custodire la trascendenza (trasfigurare), nell’inabitare il silenzio (ascoltare), nell’esporre una parola calda e piena di misericordia (annunciare), nel farsi prossimo al volto dell’altro (uscire).
Il teologo Giuseppe Lorizio ha indicato la categoria biblica di alleanza, quale paradigma del nuovo umanesimo, che coinvolge i credenti in Cristo nella vigilanza e nella custodia di fronte ad ogni tentativo di infrangere le alleanze che possono assicurare una vita degna di questo nome. Il nuovo umanesimo che si genera nella fede è così “l’umanesimo della nuova alleanza, realizzatasi in Cristo. Che va vissuta e attualizzata nelle alleanze spesso infrante o compromesse, della vita di ciascuno e della storia di tutti: tra uomo e natura come tra uomo e donna, tra generazioni come tra i popoli, tra religioni come tra cittadino e istituzioni”.

IL CONTRIBUTO DELLE CINQUE VIE
Nei giorni successivi in un clima di gioia della partecipazione e dello scambio hanno preso l’avvio, con l’accompagnamento di intense celebrazioni e di profonde meditazioni (da quella di P. Giulio Michelini sulla figura del servo di Jahvé all’articolata preghiera ecumenica), i lavori di gruppo sulle cinque vie – uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare –.
Cinque sottolineature per far emergere in maniera sinfonica l’importanza di quell’unica attività fondamentale e costitutiva, l’attività missionaria; cinque movimenti complessivi del soggetto Chiesa, teso a manifestare l’amore gratuito e misericordioso di Dio, ricordandoci proprio nella loro interdipendenza che il nostro discernere, decidere, operare non possono mai prescindere dal radicarsi in Cristo.
img77L’uscire, colto nella sua essenza, non costituisce attività particolare accanto ad altre, bensì rappresenta il modo d’essere, la forma unificante della vita di ciascun battezzato e della Chiesa nel suo insieme poiché, come ha ricordato il Papa, l’umanità del cristiano è sempre in uscita, non è narcisistica, autoreferenziale. Unitamente all’esigenza di convertire la forma complessiva dell’agire pastorale, i lavori di questa via hanno messo in evidenza la necessità di recuperare una presenza laicale capace di ripartire verso nuove frontiere e la necessità di riconfigurare e rilanciare gli organismi di partecipazione.
Riguardo all’annunciare, assieme ad una forte volontà di creare relazione, prendersi cura e accompagnare, a partire dalla bellezza della relazione personale con Gesù, la riflessione ha evidenziato una necessità forte di cambiamento, portando l’attenzione su due movimenti: l’esigenza di un decentramento, facendo attenzione ai contesti e ai linguaggi, e l’esigenza di rivedere il sistema formativo della Chiesa a partire dalla iniziazione cristiana. È la comunità che evangelizza con il suo stile di vita e con le sue iniziative ed occorre promuovere il coraggio di sperimentare.
L’educare è emerso come dimensione imprescindibile, assolutamente trasversale, evidenziando la rilevanza di una comunità che educa, la necessità di rafforzare le forme di alleanza educativa, e di incrementare la formazione degli adulti assieme ad una cura degli stessi educatori e formatori.
L’abitare, da intendersi in senso ampio e dinamico, abitare la vita, le relazioni, ha posto in evidenza l’urgenza di uno stile di vita personale e comunitario fatto di vigilanza, di accompagnamento, di ascolto, di interesse reale per le persone, abbracciando con coraggio la responsabilità dell’animazione cristiana dei territori, anche attraverso la riscoperta di una adeguata formazione sociale a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa e il farsi carico di ripensare l’impegno a favore della comunità per una politica in chiave davvero comunitaria. E ha messo in risalto l’istanza di più spazio perché la parrocchia risponda alle sfide del nostro tempo attraverso i carismi di ciascuno.
La via del trasfigurare chiama a tenere insieme annuncio, liturgia, carità, ricordando che la Chiesa in preghiera e la Chiesa in uscita verso le periferie non sono contrapposte; la preghiera è infatti il primo atto di una Chiesa in uscita. Chiamati a trasfigurare l’intera vita, occorre aprirsi e aprire al mistero della vita.

LA SINODALITÀ, MODALITÀ DI CHIESA
Esplorare le frontiere della conversione missionaria della pastorale è la sfida e l’impegno che il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale affida alla Chiesa in Italia. Con un forte appello a riflettere in modo sinodale sull’Evangelii Gaudium Papa Francesco ha indicato alla Chiesa la rotta da seguire. Lo stile sinodale non si improvvisa, ma si apprende: dà concretezza al discernimento comunitario che non è la somma di diversi pareri ma ricerca umile e fiduciosa, con lo sguardo rivolto al Signore e ai fratelli, dei sentieri che il Vangelo indica al nostro tempo.
La sinodalità, cominciata a sperimentare nel Convegno, è stata recepita come ricchezza da tutti i partecipanti: la Chiesa o è nello stile sinodale o non è Chiesa. E lo stile sinodale è stato ripreso nelle Prospettive (note significativamente non delineate come “conclusioni”) offerte dal Cardinal Bagnasco al termine del Convegno.
Uno stile sinodale per perseguire gli obiettivi diventati compito per tutta la Chiesa Italiana. Dunque sinodalità per crescere come popolo, come coscienza comunitaria, come conversione di apertura al mondo, per crescere nel discernimento, nell’ascolto reciproco, nel riconoscere l’azione dello Spirito ed imparare insieme ad essere per il mondo “fermento di dialogo, di incontro, di unità”.

Argia Passoni