A conclusione del Congresso Eucaristico Diocesano la visita pastorale di Papa Francesco ha confermato nella gioia della fede la Chiesa di Bologna. Pubblichiamo uno stralcio di alcuni degli intensi messaggi del Papa, che vogliamo accogliere unendoci ai sentimenti espressi dal Vescovo Matteo Zuppi al momento del commiato: “Padre Santo, quella che abbiamo celebrato oggi è una Eucarestia che ci aiuterà a contemplare ogni nostra celebrazione, anche la più piccola, con questa larghezza, sull’altare del mondo. Oggi abbiamo spezzato il Corpus Domini e il Verbum Domini perché possiamo servire ed amare quell’altro Corpus Domini che sono i poveri e i fratelli. Pane, Parola, poveri. Tre amori che si uniscono e ci uniscono. Capiamo meglio le parole che il Cardinale Lercaro voleva scritte sull’altare: “Se condividiamo il pane del cielo come non condivideremo quello terreno?”. Vogliamo continuare a nutrirci del Verbum Domini perché generi e rigeneri tanta comunione tra i fratelli. Vogliamo apparecchiare con la nostra generosità e gratuità, tante mense per chi cerca gioia e speranza. La Parola vuole essere come il suono delle campane, che si effonde nel cielo e arriva a tutti, a quelli che lo accolgono ed a quelli che non lo accolgono perché per la Chiesa nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano e ognuno è un chiamato, un invitato e, in un certo senso, un soggetto in una comunione che è sempre universale”. I testi completi sono reperibili su sito: www.chiesadibologna.it.

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INCONTRO CON I MIGRANTI
La Chiesa è una madre che non fa distinzione e che ama ogni uomo come figlio di Dio, sua immagine.
Bologna è una città da sempre nota per l’accoglienza.
Questa si è rinnovata con tante esperienze di solidarietà, di ospitalità in parrocchie e realtà religiose, ma anche in molte famiglie e nelle varie compagini sociali. Qualcuno ha trovato un nuovo fratello da aiutare o un figlio da far crescere. E qualcuno ha trovato dei nuovi genitori che desiderano assieme a lui un futuro migliore. Come vorrei che queste esperienze, possibili per tutti, si moltiplicassero! La città non abbia paura di donare i cinque pani e i due pesci: la Provvidenza interverrà e tutti saranno saziati. Bologna è stata la prima città in Europa, 760 anni or sono, a liberare i servi dalla schiavitù. Erano esattamente 5855.
Tantissimi. Eppure Bologna non ebbe paura. Vennero riscattati dal Comune, cioè dalla città. Forse lo fecero anche per ragioni economiche, perché la libertà aiuta tutti e a tutti conviene. Non ebbero timore di accogliere quelle che allora erano considerate “non persone” e riconoscerle come esseri umani. Scrissero in un libro i nomi di ognuno di loro! Come vorrei che anche i vostri nomi fossero scritti e ricordati per trovare assieme, come avvenne allora, un futuro comune. Vi ringrazio e di cuore vi benedico. E per favore pregate per me (dal Discorso all’Hub di Via Mattei).

AL MONDO ACCADEMICO
L’Università di Bologna è da quasi mille anni laboratorio di umanesimo: qui il dialogo con le scienze ha inaugurato un’epoca e ha plasmato la città. Per questo Bologna è chiamata “la dotta”: dotta ma non saccente, proprio grazie all’Università, che l’ha sempre resa aperta, educando cittadini del mondo e ricordando che l’identità a cui si appartiene è quella della casa comune, dell’universitas. La parola universitas contiene l’idea del tutto e quella della comunità. Ci aiuta a fare memoria delle origini, di quei gruppi di studenti che cominciarono a radunarsi attorno ai maestri. Due ideali li spinsero, uno “verticale”: non si può vivere davvero senza elevare l’animo alla conoscenza, senza il desiderio di puntare verso l’alto; e l’altro “orizzontale”: la ricerca va fatta insieme, stimolando e condividendo buoni interessi comuni.
Ecco il carattere universale, che non ha mai paura di includere… La ricerca del bene, infatti, è la chiave per riuscire veramente negli studi; l’amore è l’ingrediente che dà sapore ai tesori della conoscenza e, in particolare, ai diritti dell’uomo e dei popoli. Con questo spirito vorrei proporvi tre diritti, che mi sembrano attuali.

1. Diritto alla cultura. Non mi riferisco solo al sacrosanto diritto per tutti di accedere allo studio, ma anche al fatto che, oggi specialmente, diritto alla cultura significa tutelare la sapienza, cioè un sapere umano e umanizzante. Troppo spesso si è condizionati da modelli di vita banali ed effimeri, che spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita… Ecco il vostro grande compito: rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza e la condivisione.
Cultura – lo dice la parola – è ciò che coltiva, che fa crescere l’umano… Contro una pseudocultura che riduce l’uomo a scarto, la ricerca a interesse e la scienza a tecnica, affermiamo insieme una cultura a misura d’uomo, una ricerca che riconosce i meriti e premia i sacrifici, una tecnica che non si piega a scopi mercantili, uno sviluppo dove non tutto quello che è comodo è lecito.

2. Diritto alla speranza. Tanti oggi sperimentano solitudine e irrequietezza, avvertono l’aria pesante dell’abbandono. Allora occorre dare spazio a questo diritto alla speranza: è il diritto a non essere invasi quotidianamente dalla retorica della paura e dell’odio… È il diritto per voi giovani a crescere liberi dalla paura del futuro, a sapere che nella vita esistono realtà belle e durature, per cui vale la pena di mettersi in gioco. È il diritto a credere che l’amore vero non è quello “usa e getta” e che il lavoro non è un miraggio da raggiungere, ma una promessa per ciascuno, che va mantenuta. Quanto sarebbe bello che le aule delle università fossero cantieri di speranza, officine dove si lavora a un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del mondo! A volte prevale il timore. Ma oggi viviamo una crisi che è anche una grande opportunità, una sfida all’intelligenza e alla libertà di ciascuno, una sfida da accogliere per essere artigiani di speranza. E ognuno di voi lo può diventare, per gli altri.
3. Diritto alla pace. Anche questo è un diritto, e un dovere, iscritto nel cuore dell’umanità. Perché «l’unità prevale sul conflitto» (EG 226)… Dopo due guerre mondiali e violenze atroci di popoli contro popoli, l’Unione è nata per tutelare il diritto alla pace. Ma oggi molti interessi e non pochi conflitti sembrano far svanire le grandi visioni di pace.
Sperimentiamo una fragilità incerta e la fatica di sognare in grande. Le logiche particolari e nazionali non vanifichino i sogni coraggiosi dei fondatori dell’Europa unita… Dissociarsi in tutto dalle cosiddette “ragioni della guerra” parve a molti quasi un affronto. Ma la storia insegna che la guerra è sempre e solo un’inutile strage. Aiutiamoci, come afferma la Costituzione Italiana, a “ripudiare la guerra” (cfr Art. 11), a intraprendere vie di nonviolenza e percorsi di giustizia, che favoriscono la pace. Perché di fronte alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali…
Perciò invochiamo lo ius pacis, come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Per questo ripetiamo: mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri! Vengano alla luce gli interessi e le trame, spesso oscuri, di chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari.
L’Università è sorta qui per lo studio del diritto, per la ricerca di ciò che difende le persone, regola la vita comune e tutela dalle logiche del più forte, della violenza e dell’arbitrio. È una sfida attuale: affermare i diritti delle persone e dei popoli, dei più deboli, di chi è scartato, e del creato, nostra casa comune.
Non credete a chi vi dice che lottare per questo è inutile e che niente cambierà! Non accontentatevi di piccoli sogni, ma sognate in grande… Rinnovo con voi il sogno di «un nuovo umanesimo europeo, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia»… Sogno un’Europa “universitaria e madre” che, memore della sua cultura, infonda speranza ai figli e sia strumento di pace per il mondo.

PAROLA, PANE, POVERI
Come in famiglia, così nella Chiesa e nella società: non rinunciare mai all’incontro, al dialogo, a cercare vie nuove per camminare insieme. Nel cammino della Chiesa giunge spesso la domanda: dove andare, come andare avanti? Vorrei lasciarvi, a conclusione di questa giornata, tre punti di riferimento, tre “P”.
La prima è la Parola, che è la bussola per camminare umili, per non perdere la strada di Dio e cadere nella mondanità.
La seconda è il Pane, il Pane eucaristico, perché dall’Eucaristia tutto comincia. È nell’Eucaristia che si incontra la Chiesa: non nelle chiacchiere e nelle cronache, ma qui, nel Corpo di Cristo condiviso da gente peccatrice e bisognosa, che però si sente amata e allora desidera amare. Da qui si parte e ci si ritrova ogni volta, questo è l’inizio irrinunciabile del nostro essere Chiesa.
Lo proclama “ad alta voce” il Congresso Eucaristico: la Chiesa si raduna così, nasce e vive attorno all’Eucaristia, con Gesù presente e vivo da adorare, ricevere e donare ogni giorno.
Infine, la terza P: i poveri.Ancora oggi purtroppo tante persone mancano del necessario. Ma ci sono anche tanti poveri di affetto, persone sole, e poveri di Dio. In tutti loro troviamo Gesù, perché Gesù nel mondo ha seguito la via della povertà, dell’annientamento, come dice san Paolo: «Gesù svuotò se stesso assumendo una condizione di servo» (Fil 2,7).
Dall’Eucaristia ai poveri, andiamo a incontrare Gesù. Avete riprodotto la scritta che il Card. Lercaro amava vedere incisa sull’altare: «Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello terrestre?». Ci farà bene ricordarlo sempre. La Parola, il Pane, i poveri: chiediamo la grazia di non dimenticare mai questi alimenti-base, che sostengono il nostro cammino (Dall’Omelia della S. Messa conclusiva).

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