Quest’anno si celebrano i cinque anni dalla pubblicazione dell’Enciclica Laudato Sì’ e un’intera settimana di eventi – dal 16 al 24 maggio – è stata dedicata al tema della cura della casa comune, che mai come oggi necessita di un’attenzione seria e approfondita. L’attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid 19 ci obbliga con urgenza a una rilettura del nostro modello di vita che non può prescindere dalla lezione della Laudato Sì’, dal suo valore profetico, dalle indicazioni che offre. «L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, a un progetto comune » (LS 164). Questa stessa interdipendenza oggi si manifesta con una pandemia che ha cambiato improvvisamente il nostro modo di vivere, le nostre priorità, le nostre paure. Ci siamo trovati in una situazione che ci ha colto impreparati, ma che non costituisce una sorpresa per gli studi e le ricerche che da anni avvertono dei rischi dell’impatto indiscriminato e predatorio dell’uomo sull’ambiente, delle sue connessioni con pandemie, zoonosi (salto da una specie all’altra di virus e batteri), cambiamenti climatici. «Come abbiamo potuto pensare di vivere sani in un ambiente malato?» chiede ancora oggi Papa Francesco.
Il primo messaggio forte e attuale della Laudato Sì’ su cui è opportuno tornare a riflettere è dunque la necessità di «una nuova solidarietà universale» (LS 14) tra umanità e beni del creato. Questo oggi si traduce nel paradigma sempre più condiviso One World, One Health, ossia un approccio che integra in un’unica visione il pianeta e tutte le creature che lo abitano, persone, animali, ecosistemi, in quanto ognuno è parte di un «tutto» la cui salute va tutelata secondo un progetto unitario.
«Tutto è in relazione» ricorda l’Enciclica ma «non ci sarà una relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia » (LS 118). Il richiamo da accogliere è ancora quello a una conversione, a un cambiamento di direzione, al rinnovamento di una visione antropologica distorta che ha avuto la presunzione di attribuire all’umanità il diritto di prevalere sui beni del creato, dimenticando il suo ruolo di ospite e custode per le future generazioni. Di fronte alla sfida della cura del pianeta e della salute delle persone, il paradigma economico e tecnologico su cui si regge l’attuale modello di sviluppo si è rivelato purtroppo fallimentare. Così come il messaggio della LS non ha ancora trovato piena realizzazione.
Dobbiamo dunque rileggere la Laudato Sì’ per riscoprirla non come un sogno irrealizzabile, ma come un cammino verso un nuovo modello di giustizia: «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49).
Uno dei più interessanti interventi su questo tema viene dal Brasile, scritto dal Presidente e dal Segretario della Commissione Straordinaria per l’Ecologia Integrale e l’estrazione mineraria della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) su “Ecologia Integrale: uno stile di vita e cura per un pianeta malato – Lezioni e sfide dell’Enciclica Laudato Sì’ a cinque anni dalla sua pubblicazione”.
Questa voce giunge da un paese che nel 2019 ha vissuto il crollo della diga di Brumadinho, la morte di 272 persone e la devastazione dell’ecosistema del Rio San Francisco, dopo il disastro della diga di Mariana del 2015 con la contaminazione del Rio Doce. Il documento colpisce per la sua forza di verità, denunciando la radice umana della crisi ecologica e la mancanza di standard etici che regolino lo sviluppo, riprende i principi della LS e richiama all’urgente bisogno di conversione ecologica, che deve contare sulla collaborazione della politica, delle religioni, dell’economia, della tecnologia. Tre sono le crisi principali che evidenzia e su cui si innesta la pandemia: il riscaldamento globale, la riduzione della biodiversità che ci sta portando verso la «sesta estinzione di massa», l’indebolimento degli organismi intossicati dall’industria agroalimentare con agrotossici e pesticidi. Infine una quarta criticità: un «sistema economico che uccide», come insiste Papa Francesco (EG 53), il quale con l’evento globale del prossimo novembre – «L’economia di Francesco» (e Chiara, aggiungono dal Brasile) – sollecita lo sviluppo di un’economia umana e della cura contro quella che viene definita predatoria ed «estrattivista».
Ma la LS trova continuità anche nella recente Esortazione apostolica Querida Amazzonia di Papa Francesco, che integra il documento conclusivo del Sinodo sull’Amazzonia (ottobre 2019) dove sono indicati quattro «sogni»: sociale, culturale, ecologico, ecclesiale.
L’Amazzonia dell’Esortazione è un luogo teologico, è l’emblema della nostra «casa comune» depredata, assalita, violata nel corpo della Terra e delle creature che la abitano: l’appello è di «contemplare e amare l’Amazzonia e non solo utilizzarla». Ci pone di fronte alla necessità di abbandonare l’atteggiamento utilitarista che considera l’ambiente come una risorsa e non come la nostra casa, e vivere una nuova relazione spirituale col creato sul piano della contemplazione e della profezia per «liberarci dal paradigma tecnocratico e consumista che soffoca la natura e ci priva di un’esistenza realmente dignitosa » (QA, 46). Questi richiami non dovranno essere ignorati, se vorremo avviare un nuovo modello di sviluppo giusto e sostenibile in grado di riparare l’impatto sociale, economico, ambientale causato dal Covid 19.
Particolare valore viene riservato all’acqua nel capitolo Un sogno fatto d’acqua, dedicato a un bene spesso accaparrato, rubato, inquinato o addirittura utilizzato come un’arma per l’allontanamento delle popolazioni. L’acqua, fonte di vita, possiede un ricco significato simbolico, dice l’Esortazione, infatti il ciclo dell’acqua è l’anello di congiunzione tra ecosistemi, culture e sviluppo del territorio, è l’elemento unificante del vivere insieme, come anticipava anche la LS «l’acqua è una questione di primaria importanza» (LS 28) il cui «controllo è prevedibile che si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo» (LS 31).
È significativo dunque che sia proprio centrato sull’acqua il recentissimo documento del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo sostenibile Aqua fons vitae che, in continuità con il messaggio della Laudato Sì’ e del Magistero della Chiesa, vede in questo bene naturale l’elemento trasversale che influisce sul raggiungimento del bene comune della famiglia umana, e con cui promuovere relazioni di giustizia tra le persone e con la natura (AFV 10).
Si tratta di un documento importante, ancor più in questo momento in cui il valore igienico sanitario dell’acqua sta acquisendo una rilevanza nuova anche per noi che viviamo in regioni di acqua abbondante e di buona qualità, che diamo facilmente per scontata quando apriamo il rubinetto per lavarci le mani e igienizzare le nostre case, mentre è fondamentale per sconfiggere un virus. Si potrebbe affermare che Aqua Fons Vitae costituisce, alla luce della LS, il passaggio verso l’attuazione di proposte e azioni concrete per la salvaguardia dell’elemento più necessario per la vita umana.
È anche opportuno ricordare che il documento è frutto di una consultazione con un’ampia rete di soggetti istituzionali e della società civile, tra cui anche il Contratto Mondiale Acqua, con cui a partire dal Convegno «Governing common good: access to drinking water for all» del novembre 2018, è stato avviato un percorso di confronto sul tema dell’acqua proseguito nel corso del 2019 che il documento riflette nell’ampiezza dei suoi approfondimenti che vanno dai pericoli per la salute ai rischi per le comunità vulnerabili, in particolare donne e bambini, dall’inquinamento all’uso eccessivo della plastica, fino alla frammentazione delle politiche sull’acqua.
Per ogni ambito vengono sviluppate le sfide e le proposte operative, con l’obiettivo di diffondere consapevolezza e indicazioni di azione a livello di Chiesa locale, sulla base di alcuni principi fondamentali condivisi con il Contratto Mondiale sull’Acqua: il riconoscimento dell’acqua come un bene comune e un diritto umano universale (AFV 20), condizione per l’esercizio di altri diritti umani (AFV 50), di cui si sottolinea un progresso ancora troppo lento di realizzazione; il multiforme valore dell’acqua che attraversa tutte le tradizioni religiose ed è fondamentale per lo sviluppo delle civiltà, è condizione di convivenza pacifica tra le comunità portando anche benefici non quantificabili come la felicità di vita che si ottiene grazie ad un adeguato accesso all’acqua (AFV 28).
Inoltre i frequenti riferimenti a pronunciamenti di Papa Francesco e alla Laudato Sì’ (§30) condannano una visione dell’acqua come merce, perché gli interessi economici non devono essere elevati sopra il bene comune (AFV 55). Particolarmente forte è anche il riferimento al tema della privatizzazione delle risorse idriche, quando si afferma che il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici è dovere degli Stati anche quando la gestione è delegata ai privati, perché «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto e intoccabile, ma subordinato al diritto ad un uso comune» (AFV 51-55).
Sono molte le proposte concrete che il Dicastero suggerisce alle Chiese locali, proposte che anche le nostre Parrocchie e Istituti religiosi dovrebbero accogliere come piste di lavoro per offrire un ulteriore contributo per contrastare questa pandemia: garantire l’accesso all’acqua in tutte le Chiese e le istituzioni religiose; abbandonare il più possibile l’uso di bottiglie di plastica monouso e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti; creare dei punti di accesso pubblico all’acqua, ecc.
Sono molte le azioni che le Chiese possono mettere in pratica: a questo proposito segnaliamo con grande apprezzamento che nella “Settimana Laudato Sì’”, un gruppo interreligioso di 42 istituzioni religiose di 14 paesi ha annunciato il proprio disinvestimento dai combustibili fossili, come contributo per la ripresa economica a fronte delle sfide della pandemia da Coronavirus.
Ancora oggi «il grido dei poveri e della terra è alto», l’attuale crisi sanitaria, economica e ambientale porterà inevitabilmente l’aumento delle disuguaglianze. Dobbiamo ripartire anche rimettendoci in ascolto della Laudato Sì’: il suo appello per una Ecologia Integrale può trovare strade di attuazione a partire da una nuova visione dell’acqua e da una nuova relazione tra ecologie sociali, umane, economiche, culturali e ambientali. Solo insieme potremo costruire la «nuova normalità» che ci attende in spirito di giustizia per l’umanità e per il creato.

Cinzia Thomareizis
Comitato Italiano Contratto Mondiale Acqua
www.contrattoacqua.it

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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