Relazione del Dott. Rosario Lembo, Presidente Cicma

Pubblichiamo in forma di scheda la relazione proposta dal Dott. Rosario Lembo, Presidente Cicma, al Convegno promosso dal Comune di Monte S. Pietro (Bologna) domenica 15 ottobre 2017 sul tema “Acqua fonte di vita” –
Disponibilità, uso responsabile e cambiamenti climatici – che ha visto anche l’intervento della Dott.ssa Claudia Castaldini di Legambiente, in un apporto sinergico dal punto di vista della tutela ambientale sulle importanti questioni in gioco.
L’incontro, aperto con i saluti del Sindaco Stefano Rizzoli, è stato introdotto dall’Assessore all’Ambiente Monica Cinti, che ha sottolineato come il Comune di Monte S. Pietro sia molto attento ai beni ambientali e come il Convegno sia frutto di una sensibilità dell’Amministrazione, a cui hanno collaborato varie associazioni, a partire dallo stimolo del maestro Paolo Salomone, con il supporto della Fraternità Francescana Frate Jacopa. L’Assessore alla Pace e allo Sviluppo sostenibile Barbara Fabbri, completando la presentazione, ha ricordato che il Convegno è stato introdotto dalla Mostra “Gocce di vita” (Cicma) allestita durante la settimana antecedente, e particolarmente finalizzata a coinvolgere i ragazzi delle Scuole elementari e medie. I ragazzi che hanno visitato la Mostra hanno iniziato un interessante percorso di sensibilizzazione che li vedrà protagonisti di un concorso, diventando così loro stessi presso la cittadinanza messaggeri dell’importanza dell’acqua fonte di vita.

ACQUA FONTE DI VITA
img206Ringrazio gli organizzatori di questo incontro. Vorrei esprimere il mio plauso per aver voluto affrontare l’approfondimento della disponibilità ed uso dell’acqua a partire da una visione dell’ Acqua come fonte di vita. Questa visione purtroppo non è quella prevalente presso la classe politica italiana, i cittadini, i giovani, buona parte dell’associazionismo anche ambientale.
Nonostante la comunità internazionale abbia riconosciuto nel 2010 che l’acqua è un diritto umano, e sancito che il diritto all’acqua è universale, autonomo e specifico; nonostante 27 milioni di cittadini abbiano abrogato l’obbligo della messa a gara del servizio idrico e affermato che l’acqua non è una merce e che sulla gestione dell’acqua non si può fare profitto garantito; nonostante gli Statuti di alcuni Comuni abbiano inserito il riconoscimento dell’acqua come bene comune e diritto umano, il nostro paese non ha una legge quadro che riconosca il diritto umano all’acqua, garantisca l’accesso ad un minimo vitale gratuito per tutti i cittadini e sancisca la priorità dell’uso umano sugli altri usi.
La visione dominante non solo nel nostro Paese ma a livello internazionale è quella che l’acqua non è un bene comune da salvaguardare, non è fonte di vita ma al contrario:
* l’acqua è una merce, una risorsa economica, una componente del Capitale naturale il cui valore può essere quantificato, inserito nei bilanci nazionali, regionali e tutelato attraverso investimenti negli ecosistemi con pagamento degli usi e dell’accesso;
* l’acqua è un bene a valenza economica da affidare in gestione al mercato, gli usi da calmierare attraverso lo strumento del prezzo (chi consuma paga e chi inquina paga);
* l’acqua, come la terra, i boschi, l’aria sono da gestire come servizi a rilevanza economica.
L’Agenda 2030 ha derubricato (obiettivo 6) il diritto umano sancito da una risoluzione ONU in accesso economico attraverso un prezzo accessibile e una gestione economicamente efficiente garantita dal mercato. Lo Stato, i Sindaci, da tutori del diritto umano all’acqua, diventano regolatori del mercato e delle società che gestiscono il servizio di accesso all’acqua.

LA VISIONE DELL’ITALIA RISPETTO ALL’ACCESSO ALL’ACQUA
Il primo rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, redatto dal Ministro dell’Ambiente nel maggio del 2017 fotografa uno status che si riferisce al periodo 2001-2010. L’Italia viene descritta come un paese potenzialmente ricco d’acqua (il volume medio delle piogge risulta superiore alla media europea), la cui disponibilità “teorica” non coincide con quella “effettiva” a causa della natura irregolare dei deflussi e delle carenze infrastrutturali. Le crisi idriche che negli ultimi anni hanno colpito città e Regioni non sono citate nel Rapporto e non si parla di una crisi idrica tuttora permanente.
A livello culturale la Strategia Nazionale OSS Agenda Italia 2030 associa
– l’accesso all’acqua per uso umano al benessere individuale della persona o della comunità, anziché alla garanzia di accesso ad un minimo vitale come diritto umano universale legato alla dignità della vita;
– l’accesso universale all’acqua e ai servizi igienici all’allacciamento delle abitazioni alla rete idrica e agli impianti di depurazione e con riferimento all’accesso si propone solo quello ai più poveri e vulnerabili, attraverso polis di welfare sociale, assistenziale, per garantire di pagare l’accesso al servizio idrico (Bonus idrico).

ACQUA FONTE DI VITA E MAGISTERO DELLA CHIESA
Per trovare una visione dell’acqua come fonte di vita, come diritto umano (precondizioni per l’accesso a tutti gli altri diritti umani legati alla dignità della vita umana), non si può far riferimento, né ad una legge italiana, né ad una direttiva quadro dell’Europa, né ad una Agenda delle UN.
Solo il Magistero, cioè l’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco ed alcuni suoi discorsi – come quello del 24 febbraio us – ricordano agli Stati il dovere di garantire il diritto umano all’acqua a livello di un minimo vitale legato alla dignità della vita e sollecitano gli Stati all’adozione di strumenti giuridici e legislativi.
Sono le chiese (Cattolica, Evangeliche, Protestanti) i difensori e promotori di una visione dell’acqua come bene comune da tutelare e salvaguardare per garantire il diritto umano di accesso.img208
Le principali criticità rispetto a disponibilità e uso dell’acqua sono descritte nel 2° capitolo dell’enciclica, un po’ meno nel Rapporto sullo Status del Capitale Naturale e nella Agenda italiana di sviluppo sostenibile. Ne ricordiamo alcune:
* l’inquinamento, causato dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici,
* l’esaurimento delle risorse naturali, determinato da uno sfruttamento del pianeta, senza risolvere il problema della povertà,
* le criticità del ciclo naturale dell’acqua che riducono la disponibilità di acqua pulita e di buona qualità e gli equilibri naturali degli ecosistemi terrestri e acquatici,
* il diffondersi della crisi idrica perché la domanda supera l’offerta sostenibile e la disponibilità della risorsa è minacciata dagli effetti dei cambiamenti climatici,
* crisi idriche che colpiscono le grandi città, per effetto dei cambiamenti climatici (San Paolo, California, ma anche Bologna, Roma…).

LE CRITICITÀ LEGATE ALL’ACCESSO ALL’ACQUA
Queste preoccupazioni sono confermate da alcune proiezioni e trend statistici. Ancora oggi, nel 2017:
> 748 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile.
> 2,6 miliardi non utilizzano servizi igienici di base.
> 1,5 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono.
> il consumo mondiale di acqua è decuplicato di un secolo.
> negli ultimi 50 anni la disponibilità d’acqua è diminuita 3/4 in Africa, 2/3 in Asia.
Nel 2030 le proiezioni indicano:
> il 30% popolazione mondiale vivrà in situazione di crisi idrica,
> 2,5 miliardi di persone si sposteranno verso i centri urbani,
> l’11% degli abitanti del pianeta soffrirà la fame.
Nel 2050 la domanda di acqua nel mondo sarà aumentata dell’85%, quella del cibo del 130%, quella dell’energia del 135%. Nel 2075 oltre 7 miliardi di persone, sui potenziali 9 miliardi, si troveranno in situazioni di crisi idrica ed il 7% della popolazione dovrà far fronte ad una riduzione del 20% per effetto dei cambiamenti climatici.
Entro il 2050 si raggiungeranno:
> 200/250 milioni di rifugiati ambientali, per effetto dei cambiamenti climatici
> 50 milioni di profughi climatici in prevalenza esuli dall’Africa.

L’ACCESSO ALL’ACQUA: LO STATUS
• Acqua e città.
Entro il 2050 2,5 miliardi di persone si sposteranno nei centri urbani. Ogni settimana, nel mondo, un milione di persone si sposta verso una città. Nel 2030 oltre il 40% della popolazione mondiale vivrà in area a stress idrico.
• Acqua ed usi produttivi. La domanda di acqua per usi produttivi – che oggi supera quella per uso umano – aumenterà del 400% entro il 2050. La domanda crescerà soprattutto nei Paesi in via di sviluppo per la crescita delle piccole e medie imprese (PMI), in funzione dei processi di delocalizzazione e di modelli di cooperazione esportati.
• Acqua, agricoltura e sicurezza alimentare. I prelievi pari al 70% per uso agricolo non sono destinati a diminuire. Le previsioni ci dicono che entro il 2050 l’agricoltura dovrà produrre il 60% in più di cibo a livello globale; nei paesi in via di sviluppo l’incremento sarà del 100%.
• Acqua e popolazione mondiale. La nostra impronta ecologica evidenzia che la domanda annuale di risorse utilizzate è al di sopra di quanto la Terra riesca a rigenerare ogni anno. Usiamo, oggi, l’equivalente di 1,3 della Terra ogni anno.

DISPONIBIITÀ E USO NEL CONTESTO ITALIANO
img210 (1)Alcune criticità delle risorse idriche disponibili: (dati Rapporto ISTAT)
• il 10% della popolazione non ritiene potabile l’acqua del rubinetto erogata.
• il 9,4 % delle famiglie italiane lamenta una irregolarità rispetto alla qualità del servizio nelle proprie abitazioni, Trend in crescita rispetto al 2014.
Nelle Regioni del Sud Italia, la % sale al 37,5% in Calabria, 29,3% in Sicilia e 17,9% in Abruzzo.
• Il 28,0% delle famiglie italiane non si fidano a bere l’acqua di rubinetto.
• il consumo di acqua minerale ha raggiunto, nel 2015, i 208 litri a persona e il trend non accenna a diminuire. Siamo al terzo posto nel mondo per consumi di acqua in bottiglia, dopo Usa e Australia.
• il consumo giornaliero di acqua si attesta sui 245 lt/pers, per tutti gli usi.
• ogni giorno l’Italia spreca risorse idriche sufficienti in un anno a 10,4 milioni di persone mentre la scarsità di acqua è una seria minaccia in 10 Regioni.

CRITICITÀ FUTURE: COSA POSSONO FARE LE CITTÀ
• Abitazioni e città.
I circa 60-62 milioni di persone che abiteranno nei prossimi quindici anni in Italia avranno una distribuzione per età differente dall’attuale, con un aumento degli anziani e degli immigrati di prima e seconda generazione.
• Acqua e fognature. L’urgenza è quella di diminuire le perdite di acqua potabile nelle reti di distribuzione (circa il 30% dell’acqua immessa nelle reti), migliorare lo stato delle fognature, insufficienti anche in grandi città, e dei processi di depurazione delle acque usate, che determinano inquinamenti delle falde sotterranee, dei fiumi e del mare e diffusione di malattie. I processi di depurazione delle acque usate urbane, stimate in 5 miliardi di metri cubi all’anno, producono come residui dei fanghi da cui è possibile ottenere metano da usare come combustibile (esperienza CAP Milano).
• Città e acquedotti. In media in Italia il 38,2% dell’acqua viene persa. In alcune città come Latina, Frosinone, Campobasso, Vibo Valentia, Tempio Pausania e Iglesias si arriva a disperdere fino al 60% dell’acqua potabile.. Solo in otto capoluoghi italiani si registrano dispersioni inferiori al 15%: Pavia, Monza, Mantova, Udine, Pordenone, Macerata, Foggia e Lanusei e Milano è intorno al 10%.

COME AFFRONTARE QUESTE SFIDE
La sfida del come garantire l’accesso all’acqua ed il rapporto fra uomo e ambiente va affrontata a diversi livelli
1. I comportamenti umani e collettivi >
livello culturale: consapevolezza che l’acqua è un bene comune e non una merce che si può consumare, sprecare, inquinare
> livello degli usi responsabili; l’acqua è un diritto e come tale garantito a tutti ma impone anche comportamenti responsabili e quindi adozione in casa di strumenti per la riduzione dei consumi (servizi igienici, docce…)
2. Le politiche degli enti locali

> livello di educazione ambientale dei cittadini
> livello dei regolamenti e policy nelle città improntate al risparmio idrico (Reti duali), riutilizzo acque reflue e di prima falda, uso dell’acqua di rubinetto nei locali pubblici, informazione su qualità acqua, norme nei regolamenti edilizi per ridurre il consumo di acqua sanitaria negli edifici e per il riutilizzo delle acque meteoriche. (Esempi CAP Città Metropolitana di Milano) > adozione di piani per l’adattamento ai cambiamenti climatici con riferimento alla conservazione del suolo, attivazione di riserve idriche
> monitoraggio delle politiche di gestione delle società del SII e investimenti per riduzione perdite, salvaguardia e sostenibilità ambientale della acqua, buone pratiche a tutela del ciclo naturale dell’acqua.
• A livello mondiale-internazionale > Sottrarre la governance dell’acqua al mercato, cioè al Consiglio Mondiale dell’acqua (composto dalle principali Multinazionali) e agli stakeholder attraverso il Forum Mondiale dell’acqua, riportando il governo dell’acqua, come bene comune dell’umanità e della Terra, sotto il controllo di una Autorità Mondiale dell’acqua autonomo rispetto alle Nazioni Unite;
> Adottare a livello di comunità internazionale strumenti giuridici, di diritto internazionale, vincolanti per gli Stati che definiscano:
– le modalità procedurali e sostanziali con cui gli Stati possono garantire il diritto umano all’acqua a livello di minimo vitale;
– obblighi e vincoli per gli Stati a tutela e salvaguardia dell’acqua come bene comune; – strumenti di accesso alla giustiziabilità delle violazioni.
• A livello nazionale: ruolo degli Stati
> livello politico: la concretizzazione del diritto umano all’acqua, sancito dal 2010 da una risoluzione ONU, a livello dei singoli Stati, passando dal livello declaratorio a legislazioni nazionali e Trattati internazionali, cioè strumenti giuridici vincolanti, costituisce, come sollecitato da papa Francesco, un obiettivo da perseguire;
> livello culturale: riconoscere l’acqua come bene comune, fonte di vita, abbandonando l’approccio economicistico di considerarlo e gestirlo come una merce, un capitale economico al pari di altre risorse naturali messe a disposizione dalla natura;
> livello gestionale e di governance: superare la gestione economica del servizio idrico finalizzata al profitto, un governo del ciclo idrico affidato alla tecnologia e alla pretesa di riuscire a sostituire il ciclo naturale con un ciclo artificiale e tecnologico dell’acqua.

LE PISTE DI AZIONE DEL CICMA
La promozione di una cultura e di un modello di governo dell’acqua come fonte di vita, cioè come diritto umano e bene comune, sganciato dall’approccio esclusivamente economico che considera l’acqua una merce, un capitale economico.
Questo approccio richiede un cambiamento culturale, comportamentale ma soprattutto di politiche che parta dai territori e dai cittadini. È questa mobilitazione che ha portato dopo 10 anni di lavoro dei comitati al riconoscimento del diritto umano all’acqua da parte delle Nazioni Unite 2010 e al successo referendario del 2011.
Gli enti locali rappresentano la dimensione della pubblica amministrazione più vicina ai cittadini e le comunità territoriali i primi tutori dei beni comuni. I Sindaci assieme ai cittadini, coinvolgendo ed educando i giovani, devono ritornare ad essere i gestori diretti di beni naturali comuni come l’acqua, l’ambiente, il suolo, affidati in custodia ed uso alla responsabilità delle comunità territoriali.
Purtroppo l’orientamento del legislatore italiano e della Comunità europea è finalizzato a ridurre sempre di più la sovranità ed il governo dei beni comuni della natura sottraendoli agli Stati ed amministrazioni territoriali per trasferire a dimensione mondiale ai mercati e alla finanza speculativa la gestione e la tutela di questi beni assumendo come punto di riferimento il profitto e l’efficienza economica.

Come CICMA siamo quindi impegnati
> a modificare, in coordinamento con l’ASVIS, la strategia italiana dell’Agenda 2030 rispetto al diritto umano all’acqua;
> ad azioni di advocacy sul Parlamento per l’approvazione di una legge quadro che giace al Senato e che riconosce il diritto umano all’acqua e le modalità di accesso gratuito ad un minimo vitale per tutti;
> ad identificare un primo nucleo di Stati disponibili a sostenere l’adozione di un Protocollo vincolante che definisca le modalità per garantire il diritto umano all’acqua, come tutelare l’acqua e il contrasto alle violazioni;
> a livello di città /territori, redigere una Carta dell’acqua come diritto umano e bene comune, che definisca le buone pratiche ed impegni delle amministrazioni a difesa dell’acqua come diritto umano e bene comune.
Le premesse sui cui si fonda questa pista di lavoro sono:
– la Milan Food Policy Pact redatta in occasione di Expo 2015 che prevede impegni per il diritto al cibo e all’acqua, sottoscritta da 148 città comprese 18 città italiane, fra cui la Città Metropolitana di Bologna:
– alcune Città hanno promosso la Carta, ad esempio la Carta di Bologna (8 giugno 2017) su OSD dell’Agenda che non contiene impegni a difesa dell’acqua ma solo rispetto alla depurazione.
Ci auguriamo che il Comune di Monte San Pietro e la Città di Bologna possano associarsi a questi percorsi per costruire a partire dai territori processi di rinnovamento culturale ed educativo dei cittadini e soprattutto dei giovani.
Grazie dunque per questo incontro e per il coinvolgimento del mondo della scuola.

PROTOCOLLO INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALL’ACQUA

img212 (1)Per ottenere l’adesione alla proposta del Protocollo di un gruppo di Stati e l’avvio di una fase negoziale presso il Consiglio dei Diritti Umani, è necessario una mobilitazione internazionale da parte di cittadini, ONG, Movimenti sociali, nei confronti dei rispettivi Governi. Per questo è stata lanciata la Campagna internazionale “WaterHumanrighttreaty” (www.waterhumanrighttreaty.org).
Ti invitiamo ad aderire utilizzando il modulo Subscribe, sul sito della Campagna. Puoi approfondire i contenuti del Protocollo e della Campagna attraverso i documenti reperibili sul sito www.contrattoacqua.it.