Relazione di S. Em.za Card. Velasio De Paolis
Roma, Casa Frate Jacopa, 3-5 maggio 2014

INTRODUZIONE
La Chiesa è impegnata nell’evangelizzazione da sempre. Il Signore ha inviato gli Apostoli: “Andate e annunciate il Vangelo” e fondamentalmente questo messaggio è stato adempiuto. Se noi siamo qui vuol dire che abbiamo ricevuto la fede, l’abbiamo assimilata e quindi anche la trasmettiamo. Però, se ci guardiamo attorno, non sono più tante le persone che sentono la fede con vivezza. Si è preso coscienza da parecchi decenni che tanti battezzati non si sono mai resi conto del loro Battesimo, tanti addirittura lo hanno rinnegato, tanti pur rimanendo e proclamandosi ancora battezzati e cristiani, di fatto non sanno più neanche che cosa sia; e il numero di questi cresce sempre più. Anzi abbiamo una cultura che propaga una visione antropologica opposta a quella del Vangelo. Oggi si dice che non è un tema o l’altro che viene messo in discussione, ma è la stessa visione dell’uomo ad essere messa in discussione.
veljpegLa visione antropologica complessiva che oggi ci viene presentata è la cosiddetta “secolarizzazione”. Il “seculum”, il secolo, è la realtà presente, quel mondo che noi conosciamo, visibile, constatabile e corriamo il rischio che questo mondo chiamato “saeculum” sia preso come l’unica realtà.
Le ideologie dominanti, veicolate dai mezzi di comunicazione, non vogliono più vedere nell’organizzazione della società l’uomo che professa la propria fede, l’uomo che si impegna a seguire certi ideali morali, l’uomo che vuole trasformare la società perché risponda ai veri valori.
La fede – si dice – è una realtà personale, ognuno è libero di perseguire quello che vuole, ma la società deve essere costruita all’insegna della cosiddetta “laicità”.
Di fatto i segni sacri stanno scomparendo. In Italia ne abbiamo ancora parecchi, ma se confrontiamo oggi con 10/20 anni fa ci accorgiamo come i segni della presenza di Dio siano via via emarginati. In Italia quando incominciarono i famosi sequestri di persona, quando si domandava alle persone liberate “Che cosa ti ha sostenuto?”, in genere queste persone rispondevano: “la fede”. Questi messaggi oggi non vengono più trasmessi, non perché non ce ne siano più, ma perché non devono entrare nella comunicazione. Pensiamo a un bambino degente in ospedale, in passato quali oggetti aveva accanto?
L’immagine della Madonna, l’immagine di Gesù. Oggi questo non si sa più cosa sia. I segni della sacralità vengono rimossi. In Inghilterra una infermiera che portava il simbolo di Gesù nella catenina è stata licenziata perché queste non sono cose che si devono mettere in pubblico.
Viviamo in una società secolarizzata che vede l’uomo che nasce nel tempo, come dato di fatto. In passato c’era il principio che si nasce per l’amore dei genitori, collaboratori dell’amore di Dio. L’uomo e la donna sono immagini di Dio per esprimere questo amore. Ora non ci concedono nemmeno questo. Non si distingue più nulla. Se noi togliamo Dio, la visione trascendente dalla storia, non ci sono più valori.
Se noi nasciamo per caso, solo in base alla tecnica umana, se poi quando moriamo non rimane più niente di noi, qual è il senso del tempo tra la nascita e la morte? Non c’è riferimento, una cosa vale l’altra; allora cosa stiamo a discutere sull’aborto, sul divorzio, sull’eutanasia, sulla fecondazione assistita e su tante altre cose?
Non hanno nessuna rilevanza. Perché? Perché è l’uomo che non ha più una coscienza a cui rispondere, non ha più una responsabilità di cui deve rendere conto; il criterio ultimo è la libertà dell’uomo e da qui la proclamazione dei diritti.
Recentemente si è trattato anche del diritto alla genitorialità: uno non ha figli, non può averne, ma ha il diritto di averne e perciò tutti i mezzi sono adatti. Si proclamano i diritti e la libertà, che è padrona, determina l’esigenza di ciascuno. Questa realtà lungo il corso di questi ultimi decenni è diventata sempre più clamorosa.
Nel secolo appena trascorso abbiamo avuto tanti Santi, anche tanti santi pontefici.
Il secolo scorso è stato anche un tempo di martiri, il secolo dove la religione cristiana è stata più perse guitata. Si parla di molti milioni di cristiani uccisi per la fede. Il secolo della più grande persecuzione verso i cristiani! Forse noi non ce ne accorgiamo perché questo non fa notizia. un mondo che va perdendo il senso religioso, in particolare il senso religioso della vita.

IL SENSO RELIGIOSO DELLA VITA
Qual è il senso religioso della vita? Credere che c’è un Dio, che noi siamo creature e che abbiamo un Creatore. Negare questo significa dimenticare il senso dell’uomo. Noi siamo immagine di Dio.
Se ci mettiamo davanti allo specchio, nello specchio appare la nostra immagine; ma se ci togliamo dallo specchio, l’immagine non esiste più. Essere immagine di Dio vuol dire che ci possiamo comprendere solo se c’è Dio; se Dio non c’è, noi come immagine non ci siamo più. È una esperienza che si sta facendo: togliendo Dio dalla nostra vita, scompare tutto, viviamo nelle tenebre, nell’oscurità.Essere immagine di Dio significa un limite perché noi non siamo in assoluto l’originale.
L’immagine esiste quando c’è un originale, l’originale è Dio. Noi siamo l’immagine perché creati da Lui.
Ma sottolineare che siamo immagine di Dio, esprime la nostra grandezza. In questa realtà c’è la nostra grandezza e il nostro limite: dobbiamo riconoscere la verità.
L’uomo moderno dimentica Dio e assolutizza se stesso, ma assolutizzare l’uomo è cosa ridicola. Il mondo non può essere compreso senza Dio. Il senso religioso è scritto nella storia, è scritto nel cuore dell’uomo, è scritto nel nostro stesso essere. Abbiamo bisogno di riscoprire questa realtà. L’uomo di oggi poi non è più neanche pagano, è peggio del pagano perché il mondo pagano, prima del Cristianesimo, non aveva conosciuto i valori cristiani. L’uomo moderno è peggio del pagano perché diventa pagano dopo essere stato cristiano.
Oggi c’è quasi un’ostilità contro la fede cristiana. Noi giustamente ci domandiamo perché è successo questo. Forse dobbiamo pensare di più per cercare di capire il perché. C’è nel mondo una mentalità cosiddetta “illuminista”, che poi viene chiamata “razionalista”, che pensa che esista solo quello che può essere compreso dalla ragione umana. Questa è una mentalità diffusa che continua a perseverare, si oppone alla fede perché la fede – dice – va contro la ragione.
Perché ci dicono che siamo oscurantisti e conservatori medioevali? Un po’ è anche colpa nostra perché parliamo della fede come di un salto nel buio. La fede non è un salto nel buio: è un passaggio alla luce. La nostra ragione è una luce, ma una lucetta piccola. Il prologo del vangelo di S. Giovanni dice: Il mondo è stato fatto attraverso il Verbo, in Lui c’era la vita, c’era la luce. Però venne un uomo chiamato Giovanni, non era la luce, era una lampada che splendeva per un certo tempo, la luce vera che doveva venire nel mondo era il nostro Signore Gesù Cristo. La luce della ragione è un po’ lo strumento necessario, senza ragione non faremmo nulla.
L’abbiamo perché la usiamo, perché cerchiamo di capire le cose, cerchiamo di approfondire le ragioni, però quante volte ci troviamo di fronte all’oscurità. Pur avendo tanta fiducia nella ragione, di fatto noi ci troviamo continuamente di fronte al limite della nostra ragione, al limite dell’origine del mondo, della fine del mondo, dell’origine della nostra stessa vita. Abbiamo desiderio di eternità.
Come mai abbiamo questo desiderio di eternità? La ragione è una luce, una luce purtroppo piccola, se poi ci mettiamo tutte le dottrine che imperversano nel mondo, le tenebre che gli uomini portano si infittiscono e possono condurre alla ottusità e all’indurimento del cuore. Alle volte ad esempio si ha l’impressione che i mezzi di comunicazione, invece di illuminare, vogliano nascondere. Anche noi nel nostro comunicare, più che comunicare la verità abbiamo l’ideologia, La volontà di prevaricare sull’altro e questo ci impedisce di conoscere la verità.
Diceva un Padre della Chiesa autore del libro “Terapia dei morti pagani”: I pagani cosa hanno saputo dire della vita? Lui scriveva nel secolo VI (1400-1500 anni fa), il mondo era appena diventato cristiano. Proviamo a studiare anche noi la visione antropologica della religione prima di Cristo nel mondo pagano. Fuori della rivelazione cosa ha saputo dire la ragione?
Il mondo pagano cosa ha saputo dire della vita? I filosofi antichi, Aristotele, Platone, Plotino… cosa hanno saputo dire? Papa Benedetto XVI nell’Enciclica Spe Salvi riassume tutto questo e dice che il pensiero dominante è una constatazione: “veniamo dal nulla e andiamo verso il nulla”; quanto precipitosamente corriamo verso il nulla: un mondo senza speranza.
S. Paolo ci dice: “Non siate come coloro che non hanno speranza”. Il mondo pagano non aveva una meta, non aveva un orientamento e concludeva l’analisi della vita dicendo “ma valeva la pena nascere?”.
Nel Catechismo di Pio X si leggeva il vero senso del nostro vivere: siamo nati “per conoscere, amare e servire Dio per poi goderlo in Paradiso”. Il mondo pagano era senza speranza perché era senza Dio. L’origine del mondo è Dio che effonde il suo amore, Dio che comunica se stesso, partecipa della sua vita.
Qual è il termine del nostro cammino? l’essere conglorificati con Gesù Cristo risorto. Gesù risorto è il primogenito di ogni creatura, Lui è il nostro modello di vita. In Lui contempliamo noi stessi: si è fatto bambino per noi, è stato nel grembo materno come tutti noi, è nato bambino, ha sofferto. Il cammino della sofferenza della vita l’ha sperimentato tutto, è entrato nel cammino della morte, ma la morte non l’ha inghiottito, è risorto e noi lo contempliamo radioso. Quello che è avvenuto in Lui è il nostro destino. Ecco la fede.

LA FEDE È LUCE CHE ILLUMINA
La fede è luce che illumina, apre l’orizzonte, apre gli spazi sconfinati del mistero di Dio e della nostra dignità. Noi spesso oggi siamo in contesa con gli altri perché non ci rispettano nella dignità.
Qual è la nostra dignità? È quella di avere i capelli belli, di essere un grande atleta, di essere un uomo di successo? La nostra dignità è che siamo figli di Dio, amati da Dio e questa realtà nessuno ce la può togliere. Abbiamo bisogno di riscoprire la nostra dignità.
Abbiamo avuto papi grandi che hanno annunciato il Vangelo, sono stati proclamati santi. Dopo il pontificato del grande Giovanni Paolo II che mondo cristiano abbiamo ritrovato? Cresciuto? evangelizzato? Non sembra. Ad esempio guardiamo in Europa i paesi cristiani che c’erano: l’Irlanda intera era di religione cattolica, l’Olanda, il Belgio, l’Italia, la Germania, la Francia, la Spagna. Dov’é ora il Cristianesimo vissuto in questi paesi? C’è stata una scristianizzazione formidabile, nonostante l’impegno. Ai tempi ancora di papa Paolo VI abbiamo avuto l’anno della fede, un altro anno della fede l’abbiamo celebrato con papa Benedetto XVI. Abbiamo avuto l’impegno catechetico con la CEI, abbiamo proclamato la nuova evangelizzazione, è stato creato un nuovo Dicastero della nuova evangelizzazione. Che progressi abbiamo avuto? Dico questo non per scoraggiarci, ma per trovare la strada. Noi abbiamo la speranza, abbiamo la fede che ci illumina il cammino. Dobbiamo ritrovare la strada, ma la strada la possiamo trovare quando avremo scoperto perché l’abbiamo smarrita. Un ammalato si può curare quando conosciamo la malattia. Se usata la medicina, l’ammalato non guarisce, vuol dire che la medicina è inadatta. Cambiare la medicina senza scoprire la malattia va a rischio di danneggiare ancora di più. Abbiamo bisogno di scoprire la strada della nuova evangelizzazione, della ripresentazione del mistero di Dio e del senso della nostra vita, perché le due cose vanno sempre insieme. Il mistero di Dio non è un superfluo. Dal mistero di Dio promana quella luce anche su di noi. La luce della fede che ci illumina e che ci porta in un mondo glorioso. Come mai noi cristiani riusciamo a capire il senso della sofferenza, riusciamo a capire che dobbiamo volerci bene fra di noi, riusciamo a capire il messaggio cristiano?

UN MISTERO DI LUCE GRANDIOSA: GESÙ IL CRISTO
All’interno della fede abbiamo questo mistero di luce grandiosa. Noi siamo cristiani, cioè crediamo che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. La nostra religione si fonda su un personaggio vivo della storia: Gesù. Oggi c’è una certa tendenza ad andare dietro l’Induismo, il Confucianesimo, il Buddismo, ma queste sono religioni umane, sono filosofie, sono visioni. Ora la visione dell’uomo, per quanto possa essere grande, è sempre una visione umana che rimane nell’ambito della ragionevolezza. Non può essere salvifica perché l’uomo non può salvarsi da solo. La nostra religione è una religione storica, cioè nasce dagli eventi della storia e da un personaggio preciso: Gesù.
Noi abbiamo Gesù Cristo che è venuto nella pienezza del tempo. Troviamo l’annuncio fin dalla prima pagina della Genesi. Abbiamo tutto un cammino di storia del popolo ebraico, dei profeti nell’attesa del Salvatore. Chi è questo Salvatore? “Nella pienezza dei tempi” dice S. Paolo “Dio mandò il Figlio Suo nato da donna, nato sotto la legge perché noi ricevessimo l’adozione a figli”. Questo Gesù noi lo conosciamo, si è circondato degli Apostoli, dei personaggi del suo tempo, membri dello stesso popolo, educati nella stessa storia e istruiti in una maniera splendida.
Gesù si è chinato su di noi, ha vissuto la nostra vita e poi ha avuto il trionfo sulla morte. Noi questo Gesù lo proclamiamo Cristo. Cosa vuol dire Cristo? Vuol dire Messia (in greco significa unto). Chi è il Messia? Il Messia è la persona che l’umanità attende da Dio per avere luce, per avere forza, per avere senso, per avere la salvezza. Gesù si è presentato come Messia.
Gli uomini aspettavano il Messia; il popolo ebraico in particolare era detentore di questa speranza, ma alle volte fraintendeva con personaggi che apparivano all’orizzonte come Messia. Si aspettava da Dio la liberazione dalle cose umane. Lo stesso equivoco che c’è stato con la storia del popolo ebraico. Dio è intervenuto con Mosè per liberare il popolo dalla schiavitù. È stata una cosa grandiosa. Ma è intervenuto solo per quello? solo per liberare dalla schiavitù? L’ha liberato dalla schiavitù per farne un popolo, un popolo con un messaggio, con un Dio che doveva essere proclamato.
Chi ci salva dalla condizione umana che è destinata a perire? L’uomo come noi lo conosciamo non ha futuro, ha bisogno della salvezza. Ecco allora la storia del popolo ebraico che, mentre celebra la liberazione dalla schiavitù dall’Egitto, si accorge che ha un’altra schiavitù molto più grave. Prima pensava che il suo male consistesse solo nell’essere schiavo nella terra d’Egitto e lo era. Era una schiavitù così grande che l’uomo non si rendeva conto di un’altra schiavitù della cattiveria che portava nel cuore. Liberato dall’esterno si è reso conto che c’era la schiavitù interna, l’incapacità di osservare la legge di Dio, l’incapacità di essere obbediente, per cui ha capito attraverso i profeti che il male è nel cuore. Bisogna rinnovare il cuore.
Il Messia non è venuto a liberarci dall’Impero Romano o da altri imperi che successivamente avvengono nel tempo, non è venuto solo per guarirci dalle nostre malattie, dare la vista ai ciechi, far udire i sordi; non è venuto solo per questo. Tutto questo è stato un segno, i miracoli sono un segno. Ha fatto risorgere Lazzaro come segno della Sua risurrezione, ha guarito i ciechi per dirci che c’è un’altra luce, la luce della fede. Pensiamo all’episodio del cieco nato al Cap. 9 del Vangelo di Giovanni: qui abbiamo il rovesciamento della storia. Abbiamo un cieco nato che ci vede e gli altri che avevano occhi sani, sono ciechi. La conclusione è che il cieco nato ci vede e proclama Gesù Messia e gli altri che ci vedevano sono rimasti ciechi, non hanno visto Gesù. La liberazione fondamentale è la liberazione da noi stessi, dalle nostre fragilità, dalle nostre debolezze, dalle nostre miserie perché abbiamo bisogno di riscoprire il senso pieno della vita che si immerge nel mistero di Dio. Gesù il Messia è venuto a liberarci. Non è solo un Messia che viene a liberare, uomo seppure grande, profeta, santo: è Dio, il Signore.
Questa è veramente la forza determinante che ci spinge ad andare oltre. Abbiamo bisogno di riscoprire questa fede. La fede cristiana non è un insieme di precetti, è l’incontro con una persona, la persona di nostro Signore Gesù Cristo.
I precetti ci sono, ma vanno compresi nell’incontro di questa persona. Dice Gesù nella parabola: trovato un tesoro, una perla preziosa, un uomo vende tutto per avere quella perla preziosa. Noi siamo disposti a tutto quando troviamo il mistero di Gesù nella vita perché è il Signore Gesù non è una fantasia, non è un invenzione degli uomini, è un personaggio vero, storico, che si è rivelato Messia, Figlio di Dio, fatto uomo, risorto. Questo è il nucleo della nostra vita. Quando entra Dio nella nostra storia perfino la morte scompare. Tutte le nostre fragilità e debolezze vanno via, il nostro cuore viene sanato, la luce degli occhi diventa luce della fede che ci illumina e scopriamo il mistero cristiano: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo Gesù Cristo.

LA STRADA DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Dobbiamo scoprire la strada della nuova evangelizzazione. La strada non è il fare tante cose, non è neanche obbedire a tanti precetti, non è nemmeno fare tanta carità, queste sono tutte conseguenze, ma la radice è professare che Gesù è il Cristo, è il Signore. “Se credi con il cuore e professi con le labbra che Gesù è il Signore, sei salvo”. Ecco il mistero di Dio che si rivela. Dio non è Allah che domina, onnipotente da solo, ma è comunità di amore: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Questo ce lo poteva dire solo Gesù che era nel seno del Padre. L’uomo chi è? Non è un povero vagabondo su questa terra che non sa da dove viene e dove va e qual è il senso della sua permanenza nel tempo; l’uomo è figlio nel Figlio, fratello di nostro Signore Gesù Cristo, che può chiamare Dio come lo chiama Gesù: “Abba Padre”.
Questa è la vita nuova del Vangelo, il Vangelo che è stato annunciato. Il Vangelo è Gesù stesso, la lieta notizia, ed è questa lieta notizia che il Papa nell’Evangelii Gaudium dice che dobbiamo riscoprire. Riscoprire la gioia del Vangelo. Quando abbiamo riscoperto questo, abbiamo riscoperto tutto. Diceva Papa Ratzinger nel documento “Porta Fidei” che noi oggi pecchiamo forse perché parliamo delle conseguenze della fede ma poco della fede stessa.
Parliamo dei precetti di Dio, dei comandamenti di Dio, parliamo delle nostre liturgie, dei nostri problemi di sociologia, di carità, di fraternità, di aborto, di vita; ma tutti questi problemi, se non li vediamo nel mistero della lieta notizia, sono destinati ad incancrenirsi.
Dobbiamo riscoprire Gesù, il Cristo, il Signore. Dio è amore e noi siamo inseriti in questo mistero di amore. Questa è la grande notizia che ha sollevato il mondo, quando gli Apostoli hanno incominciato ad annunciarlo partendo da Gerusalemme, attraverso la Samaria fino ai confini del mondo.
Nel mondo, come diceva S. Paolo, c’è un mysterium iniquitatis e un mysterium pietatis. Questo mondo è dominato dal mysterium dell’iniquità, del male. Ma come mai noi compiamo il male sapendo che è male?
Facciamo propositi e poi non li mettiamo in pratica?
Perché siamo divisi dentro di noi, perché abbiamo la tentazione al male. Gesù dice, c’è un mondo di tenebre, di oscurità, un mondo terreno, così come lo viviamo nel tempo. C’è un mondo invece che viene dall’alto, la lieta notizia che viene dal cielo da nostro Signore, il mysterium pietatis. Se c’è un mistero del male, c’è soprattutto il mistero di Cristo che è il mistero di amore di Dio verso gli uomini, che ha debellato il male, l’unico capace di vincere il male.
Nella nostra esperienza, quando è che, trovandoci in difficoltà, le abbiamo superate? Quando abbiamo scoperto Gesù. Quando ci siamo affidati a Lui, quando lo facciamo regnare nel nostro cuore, allora nulla ci fa più paura. Giovanni Paolo II ricordava: “Spalancate le porte a Cristo, non abbiate paura.” Le paure ci sarebbero se l’uomo fosse lasciato solo a se stesso. “Senza di me non potete far nulla”. “Nulla è impossibile a Dio”. Mentre guardiamo a questo uomo terreno, bisogna guardare l’uomo celeste, Gesù, allora tutto viene trasformato.

I VANGELI: LIETA NOTIZIA
I Vangeli sono questa lieta notizia che gli Apostoli hanno annunciato ma che prima di tutto hanno vissuto. Pensiamo a S. Giovanni apostolo prediletto da Gesù, l’apostolo che ha vissuto più a lungo, che ha avuto modo di meditare di più tutte le vicende, ha annunciato Gesù e ha creduto in Gesù, l’uomo vero.
Quale è il modello che vogliamo realizzare? Ci sono vari modelli di vita, c’è il calciatore, la diva, c’è il cineasta, ognuno di noi ha un modello di vita. Ma questi modelli a cosa servono? Servono per vivere nel tempo. Ma chi è l’uomo realizzato pienamente?
È Gesù, perché ha fatto dono di se stesso e l’uomo è chiamato a ritrovarsi, quando fa dono pieno di se stesso. Allora noi siamo chiamati a confrontarci con questa lieta novella, questo Vangelo non scritto ma annunciato. Se ci incontriamo con Gesù, ritroveremo la luce.
S. Giovanni e gli Apostoli con lui, hanno creduto a Gesù, hanno fatto propria la vita di Gesù, hanno abbandonato ogni cosa, sono andati nel mondo annunciando questa grande realtà. Sono stati trasformati dentro e hanno offerto la loro vita. La fede cristiana poggia su dei testimoni che hanno offerto il sangue e così nel tempo è continuata questa testimonianza.
vejpegQuesta è la vicenda fondamentale: l’amore trascendente di Dio che entra nel tempo, s’incarna nel mistero di Gesù, dà risposta ai problemi dell’uomo in Cristo Gesù e ci fa vedere qual è il destino dell’uomo ancora nel mistero di Gesù. In Gesù noi conosciamo chi è Dio e chi è l’uomo. In quanto è Dio ci rivela il mistero di Dio, in quanto è uomo ci rivela il mistero dell’uomo.
Contemplando Gesù, noi contempliamo Dio. Noi possiamo vedere Dio solo nel volto di Gesù e solo nel volto di Gesù possiamo vedere l’uomo. Ecco la nostra fede, la fede che dobbiamo saper annunciare: la trascendenza dell’amore di Dio nel tempo. Dobbiamo ritornare al Vangelo – così dice il nostro Papa Francesco – e confrontarci con la lieta notizia del Vangelo.
S. Francesco voleva il Vangelo sine glossa, il Vangelo senza commenti. La trascendenza dell’amore di Dio verso l’uomo in Cristo Gesù è la risposta di amore che gli uomini sono chiamati a dare a Dio. Questa è la sorgente vera, la sorgente da cui scaturisce tutto il resto. Se mancasse questa sorgente tutto il resto sarebbe acqua da pozzi che non riesce ad alimentare la nostra vita. Ricorda il profeta Geremia al Capitolo II: “Avete abbandonato me sorgente di acqua viva, siete andati a scavare pozzi che contengono acqua piovana”.

RITORNARE ALLA SORGENTE
Abbiamo bisogno di tornare alla sorgente dell’acqua viva che sono i Vangeli. Però troviamo una stranezza: i Vangeli sono quattro e non uno solo. Come mai sono quattro? Perché il Signore ha ispirato quattro Vangeli? Non sono quattro Vangeli che parlano di cose diverse, parlano di aspetti diversi di una stessa vicenda, la vicenda di Gesù. La vicenda di Gesù è la vicenda dell’amore di Dio verso gli uomini che è stato espresso in Gesù. Una vicenda così grande come si fa ad esprimerla nello stesso modo? Ha bisogno di sfaccettature diverse.
Il Vangelo di Marco è il Vangelo del catecumeno, è il Vangelo di chi viene alla fede. Uno viene alla fede quando professa che Gesù è Dio. Ed è quello che dice San Marco all’inizio. E qual è l’ultima parola del centurione quando Gesù muore sulla croce? “Questo uomo era veramente figlio di Dio”. Simbolo di ogni credente che percorre il cammino della fede. Noi dobbiamo leggere i Vangeli per ritrovare prima di tutto questa nostra fede.
Il Vangelo di Matteo è un vangelo che ha una sua caratteristica, sottolinea in particolare l’appartenenza a una comunità, una nuova comunità. Dopo la prima comunità di Israele, la Sinagoga, Gesù ha fondato la Chiesa e noi siamo inseriti in questa comunità, dove riceviamo l’annuncio del Vangelo, dove troviamo gli Apostoli, una comunità raccolta nel nome di Gesù, dove questa comunità è impegnata nell’evangelizzazione. “Andate nel mondo intero”.
È il Vangelo della Chiesa, il nuovo Israele e Gesù è il nuovo Mosé.
Il Vangelo di Luca è il Vangelo del Discepolo.
Il Vangelo di Luca è articolato sul lungo cammino che Gesù percorre verso Gerusalemme. Gesù ci viene presentato in una fila di persone che si muovono: Gesù è il primo della fila e gli altri dietro. È l’immagine del discepolo che segue Gesù. Nel Vangelo si parla di sequela di Gesù, termine fisico, che noi abbiamo poi trasformato in “imitazione di Gesù” (imitazione di Gesù esprime una realtà interiore). Ma i primi tempi della Chiesa gli Apostoli, più che di imitazione parlavano di sequela perché la loro esperienza era stata esperienza di sequela.
Il Vangelo di Giovanni è chiamato Vangelo del presbitero, Vangelo dell’uomo maturo. Siamo chiamati a maturare nella fede.
Questi brevi spunti ci fanno capire che i Vangeli sono una realtà grande. Nasciamo, il cammino della nascita, cammino dell’inserimento nella comunità, il cammino del discepolato e il cammino della maturità. La maturità si realizza soprattutto quando capiamo che dobbiamo vivere in comunione con Dio, con la sua grazia. I quattro Vangeli sono stati scritti in un periodo che più o meno è la vita dell’uomo (settant’anni) per dirci che i quattro Vangeli sono per tutti noi, per tutta la vita, per le varie tappe della vita.
I Vangeli rispondono anche alle diverse sfide che la Chiesa ha dovuto fronteggiare. Quali sono le sfide della Chiesa? Di fronte a queste sfide anche noi oggi ci troviamo a disagio.
1) Lo scandalo del Crocifisso. Nel mondo dobbiamo annunciare il Crocefisso. Per i pagani la morte di croce era la morte degli schiavi. Proviamo a pensare quale stupore avvenne nel mondo quando gli apostoli hanno cominciato ad andare tra i pagani ad annunciare la croce, quando Paolo ha annunciato la sapienza della croce. Il Cristianesimo ha vinto il mondo non con le armi ma con la croce. Roma, che dominava il mondo con le armi, è stata sconfitta con la croce. Ed è la sfida che continuamente siamo chiamati a fronteggiare perché ci scandalizziamo. La croce, la sofferenza, la morte sembrano cose brutte e sono brutte. Ma come si superano? Non ignorandole, non non parlandone, non ribellandosi, ma entrando nel mistero di Gesù.
2) La sfida del particolarismo. Il mondo si divide in gruppi e un gruppo vuole dominare sull’altro. Israele si considerava il popolo privilegiato che sentiva la vocazione a dominare gli altri. Ma Dio è il Dio di tutti i popoli. È la famiglia di Dio che va costruita. Dobbiamo vincere la sfida del particolarismo. Siamo sempre minacciati dalle nostre particolarità, dalla cosiddetta nostra cultura, ma non sono valori che siano al primo posto. Al primo posto è la fraternità.
3) La sfida della schiavitù. Il Vangelo di Luca parla dei poveri. E’ la classe privilegiata verso la quale Luca ci mostra Gesù che si inchina. Se guardiamo la logica del mondo, sembra che vincano sempre i potenti. Eppure il Vangelo vince la schiavitù perché Cristo stesso è entrato in queste realtà e le ha fatte esplodere. Non con l’odio ma con l’amore. Con l’odio sempre possiamo vincere le guerre che facciamo, però sono vittorie effimere. Il mondo non migliora con la storia delle guerre, il mondo migliora solo se trova una via diversa. Ecco la sfida che esige un processo di liberazione non solo dalle schiavitù esterne ma anche dalle schiavitù interiori.
4) La sfida della gnosi. E’ un’altra sfida molto più sottile e pericolosa: pensare che il Cristianesimo sia una dottrina, sia un’ideologia. Il mondo è pieno di dottrine. Molti vogliono presentare il Cristianesimo come una religione dottrinale, una dottrina che viene confezionata a livello della razionalità umana e ridotta a razionalità umana. Il nocciolo della questione è che la fede cristiana è Gesù Cristo, non una dottrina.
S. Giovanni nella Iª Lettera insiste che chi nega che Gesù è venuto nella carne, è anticristo; chi nega che Gesù è il Verbo incarnato, non è da Dio. Solo chi crede che Gesù è il Figlio di Dio, Verbo incarnato, questi ha la vera fede nel cuore. Dio è stato grandioso, non ci ha donato qualche cosa, ma ci ha donato se stesso.
Queste quattro sfide si ripetono periodicamente.
Quando leggiamo i Vangeli dobbiamo cogliere questa realtà, abbiamo sempre lo scandalo della croce, abbiamo sempre la tentazione del particolarismo, abbiamo la tentazione di metterci con i forti, abbiamo la tentazione di ridurre la fede in una apparenza dottrinale mettendo in disparte il mistero di Gesù.

I VANGELI “MAGNA CARTA” DELL’AMORE
I Vangeli sono sempre manifestazione dell’amore di Dio, ma l’amore di Dio quante sfaccettature ha? L’amore abbraccia tutto. I quattro Vangeli presentano quattro aspetti molto importanti dell’amore:
1) L’amore costoso. L’amore costa sacrifici. È quello che ci dice San Marco nel suo Vangelo che ci presenta Gesù sofferente, Gesù che va sulla croce e dalla croce rivela pienamente il dono della propria vita.
L’amore costa la vita. Giovanni Paolo II nella Lettera “Salvifici Doloris” dice che la verità dell’amore si rivela dalla verità della sofferenza e la verità della sofferenza rivela l’autenticità dell’amore.
2) L’amore universale. Non possiamo amare solo alcuni, dobbiamo amare con il cuore di Dio. Dio non esclude nessuno dal suo amore. Riconosce tutti come suoi figli. L’amore pertanto è l’amore universale. La Chiesa non esclude nessuno: è la famiglia di Dio.
3) Amore perdonante. La più rilevante delle caratteristiche dell’amore è la caratteristica del perdono. Se uno dice di amare ma non perdona, dice una cosa contraddittoria. San Luca presenta il Vangelo dell’amore misericordioso di Dio.
La perfezione di Dio è la misericordia, la perfezione dell’amore è la misericordia che perdona. Gesù muore sulla croce perdonando:
“Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Siamo capaci noi di vivere questo amore costoso, amore universale, amore perdonante? Facciamo fatica.
4) Amore inabitante. Il Vangelo di Giovanni ci dà la chiave di lettura. Non andate a cercare la forza per realizzare l’amore di Dio perché Dio è dentro di voi, abita in voi, è Lui stesso la luce, la forza, la grazia.
L’amore abita dentro di noi e ci permette di realizzarlo anche esteriormente. Chi ama, chi osserva i comandamenti del Padre e fa la mia volontà, “il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo verremo a lui e in lui abiteremo”. Se viviamo in comunione con Dio allora tutto diventa più facile. “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”, “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri”. “Se vi amerete gli uni gli altri” non è soltanto un paragone. Possiamo farlo perché Gesù ci ha amato così.
San Giovanni lo ripeterà: siccome Dio ci ha amati quando eravamo peccatori, anche noi dobbiamo amare come Dio ci ha amati. Ed è la nostra forza. Non si può pretendere di vivere la fede cristiana senza Dio, senza la sua grazia.
Dunque i Vangeli sono la “magna carta” dell’amore costoso, dell’amore universale, dell’amore perdonante, e dell’amore inabitante. Abbiamo qualche esempio di questo amore? L’esempio è rendere viva la realtà dottrinale. Noi abbiamo l’esempio: Gesù Cristo. “Dio è amore” – dice San Giovanni – e Gesù dice “chi vede me, vede il Padre”. Gli Apostoli hanno capito tutto questo frequentando Gesù: Gesù ha parlato così bene del Padre, lo ha comunicato e in Gesù hanno visto il volto del Padre. Il volto di Gesù è il volto umano del Padre. Gesù opera come il Padre gli insegna, tutte le sue azioni sono azioni d’amore. Quando incominciamo a vedere il volto di Gesù, ci accorgiamo anche della ricchezza di questo amore. Noi normalmente quando parliamo dell’amore, siamo inclini a parlare di misericordia, di benevolenza ecc. quasi siano le uniche espressioni dell’amore. Non è vero. Amore è voler bene, volere il bene della persona. Nell’amore di Gesù troviamo tutte le caratteristiche, tutte le espressioni.
Un aspetto che noi normalmente escludiamo dall’amore è quello della correzione. Quando Gesù richiama gli Apostoli perché non capiscono, perché rifiutano la croce, lo fa perché vuole loro bene. Gesù che piange su Gerusalemme perché non hanno ascoltato la sua voce, Gesù che piange per la tristezza nell’Orto degli Ulivi, Gesù che piange sulla tomba di Lazzaro…
Gesù conosce anche l’amore di amicizia, i discepoli, la famiglia di Lazzaro, tutte sfaccettature dell’amore.
Una realtà così grande non va venduta a buon mercato. L’acquiescenza, l’adattamento continuo non porta il bene della persona. Una misericordia che non porta riscontro nella conversione è un danno per la persona, aiuta la persona a languire nel suo stato di peccato.
Il bene della persona è che quella persona sia come il Signore vuole, che sia un cristiano adulto, maturo, che sappia amare, perdonare, sacrificarsi. I Vangeli sono tutto questo. Siamo invitati a riprendere in mano i Vangeli, a leggerli sine glossa. Se noi li lasciamo crescere in noi, ecco che ritroveremo la gioia, la pace cristiana e la certezza che l’amore di Dio mai ci abbandona.

Tratto dalla viva voce