L’incontro con l’Arcivescovo Zuppi conclude i tre ambiti di attenzione per il farsi della pace
Il Ciclo “Incontrare la pace”, promosso a Bologna dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa in comunione con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossol, si è concluso con l’incontro con l’Arcivescovo di Bologna, Mons. Matteo Zuppi sul tema “Una mediazione di pace in terra africana”. Come ha ben sottolineato il parroco Don Stefano Culiersi nel saluto di apertura, è molto bello avere questa straordinaria oppotunità, ormai diventata tradizione nella Domenica delle Palme, di poter allargare il nostro orizzonte essendo sollecitati a pensare un po’ più in grande al nostro impegno cristiano, rispetto al tran tran in cui sempre rischiamo di essere trascinati. Riflettere sul tema della pace a partire dalla esperienza di una mediazione di pace in terra africana ci dà in particolare questa possibilità.
Il Ciclo “Incontrare la pace” è stato pensato all’interno del percorso formativo dell’anno di “Frate Jacopa” per offrire assieme, Fraternità e Parrocchia, un focus di attenzione in tre appuntamenti su altrettanti ambiti particolarmente complessi, tre sfide di questo nostro tempo, rispetto ai quali non possiamo rimanere indifferenti. Sono ambiti che normalmente rischiamo di lasciare ai margini della nostra vita scusandoci col “Sì, ma io coso posso fare?”, mentre sono tre ambiti che ineriscono profondamente alla nostra responsabilità di cristiani nel mondo attuale. Riguardano infatti la responsabilità per una convivenza a misura della famiglia umana. Si tratta di rispondere del dono ricevuto in Cristo nostra pace, il dono incommensurabile di un Dio che ci ha creati come figli e fratelli.
Il primo incontro con Mons. Mario Toso – ha ricordato Argia Passoni nella presentazione – ha riguardato l’impegno per la dimensione politica, che ha bisogno più che mai di essere riportata alla sua finalità di servizio al bene comune per essere apportatrice di pace. Come possiamo non considerare tutto questo parte integrante della nostra responsabilità cristiana, se Cristo è venuto a redimere ogni dimensione della vita e ha affidato a noi la parola della riconciliazione? Il secondo incontro con il prof. Simone Morandini “Religioni in dialogo nella città plurale” ci ha posto davanti all’urgenza del dialogo interreligioso e del cammino ecumenico per un’etica della convivenza capace di ospitalità. Dunque la via del dialogo per cogliere la pluriformità come ricchezza, mettendo in atto la grazia della fede.
Nel terzo incontro è sembrato provvidenziale poter mettere a frutto la testimonianza di una mediazione di pace in terra africana, che ci rimanda alla necessità del prendersi cura a tutto campo del bene della pace. Abbiamo bisogno infatti di comprendere che essere artigiani di pace non vuole dire rimanere nel proprio guscio, ma far entrare nella nostra quotidianità la sofferenza del mondo intorno a noi. Mediazione di pace in terra africana (in cui sono simbolicamente rappresentate tutte le sfide più gravi in ordine alla pace) indica proprio la necessità di prendersi cura di ogni pace negata, uscendo dall’indifferenza e dalla rassegnazione complice. Fa risuonare dentro di noi la parola di Papa Francesco “Non possiamo rassegnarci al dominio della guerra, alla forza delle armi … non possiamo lasciare che l’indifferenza si impadronisca di noi”.
Non possiamo rassegnarci rispetto alla nostra responsabilità di credenti verso quella parte delmondo che vive in condizioni disumane, condizioni per le quali con il nostro modo di vivere non possiamo dirci innocenti. E dunque siamo chiamati ad interrogarci, a stare dentro, ad avere “inter-esse”, a sentire tutto questo come ferite a quell’umanità a cui tutti apparteniamo, ferite che vanno sanate. La “mediazione di pace” sta lì a indicarci che è possibile osare l’incontro con l’altro, che è possibile individuare vie di pace. È possibile e fondamentale rispondere all’odio, alla violenza, all’emarginazione, che sempre più contrassegnano il nostro vivere, con l’interessarsi, con l’implicarsi, col dare voce a chi non ha voce. È fondamentale accompagnare e sostenere l’opera della pace in nome della comune umanità, in nome della fraternità che ci costituisce.
Ma tutti sappiamo come non sia facile mantenere questa vigilanza, la sana inquietudine per la pace. Vediamo ogni giorno sui nostri schermi scenari di una drammaticità sconcertante e ci stiamo anestetizzando a questo stato di cose, in questo nostro tempo che tutti ci connette sempre più, ma in cui siamo sempre più incapaci di specchiarci nel volto dell’altro.
Le parole di S.E. Mons. Matteo Zuppi – di cui diamo una sintesi nell’articolo a seguire – sono sostegno per comprendere che senza sentirci abitati dall’altro, non c’è possibilità di pace. Hanno portato al nostro cuore istanze profonde di conversione personale e comunitaria, indirizzandoci sapientemente ai passi necessari per poter sempre e nuovamente riparare le condizioni della pace e cercare di essere nella fedeltà a Cristo nostra pace.