Verso la settimana sociale di Trieste
20° Seminario nazionale sulla custodia del creato
Introduzione di Bruno Bignami
Grazie ai partecipanti e ai relatori di questo 20° Seminario Nazionale sulla custodia del creato.
Quest’anno c’è una nutrita presenza che ci fa ben sperare per il futuro. Abbiamo appena rinnovato il gruppo di lavoro che partecipa al Tavolo del creato e siamo contenti, sia come PSL sia come UNEDI, di poter lavorare assieme. Ci rendiamo conto che «tutto è connesso» e facciamo esperienza che ciò è una benedizione.
Quando abbiamo pensato a questo Seminario ci siamo detti che dovevamo tenere insieme le istanze che provenivano dall’esortazione apostolica Laudate Deum di papa Francesco, pubblicata lo scorso ottobre, e la preparazione alla 50ª Settimana sociale di Trieste che si terrà dal 3 al 7 luglio sul tema: «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro». Non vogliamo che il messaggio di LD venga archiviato perché mantiene una forza che ci deve smuovere. E contemporaneamente intendiamo offrire un contributo alla Settimana sociale che si concretizzerà nei laboratori tematici e partecipativi di questo pomeriggio. Grazie sin d’ora per il prezioso contributo che offrirete.
Provo a far emergere alcune riflessioni presenti in LD e che possono illuminare il nostro Seminario.
In primo luogo, Francesco esorta a non tergiversare. Non c’è più tempo da perdere. Anzi, le lancette dell’orologio della storia indicano che siamo fuori tempo massimo e che rischiamo di perdere l’appuntamento decisivo. Prima che le conseguenze sull’ecosistema diventino irreversibili, bisogna fare tutto il possibile perché il cambiamento climatico non si riversi contro l’umanità e impoverisca ulteriormente la biodiversità del pianeta.
Di fronte alla triste realtà di una situazione che rischia di precipitare, Francesco lamenta che «non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti» (LD 2). E più avanti, al n. 55, denuncia che la transizione energetica «non sta procedendo abbastanza velocemente.
Di conseguenza, ciò che si sta facendo rischia di essere interpretato solo come un gioco per distrarre» (LD 55). In sostanza, non ci possiamo prendere in giro.
È il tempo di agire e di fare scelte condivise.
Occorre passare dall’ordine sparso a una comunità religiosa e civile che si mobilita. Dalla paura al coraggio. Dalle titubanze all’intraprendenza.
Noi oggi vogliamo proporre la scelta di una cittadinanza ecologica. È in gioco la qualità delle relazioni, compresa quella con le future generazioni, e non solo modelli di economia. I giovani stanno gridando il loro disagio per un domani che appare incerto e complicato. Chiunque di loro potrebbe sottoscrivere il verso della canzone di Omar Pedrini Diluvio universale: «Crescerò col mio futuro che scompare». La cura delle relazioni sociali e con l’ambiente ci riguarda da vicino. In più, il messaggio di LD ci mette in guardia dall’adottare il paradigma tecnocratico, perché «non ogni aumento di potere è un progresso per l’umanità » (LD 24).
Una delle illusioni che la tecnologia regala è quella della facile accessibilità: è a portata di mano. Tuttavia, la sua gestione è nelle mani di pochi che detengono un potere sempre più grande, a partire da quello economico. Si moltiplicano le forme di sorveglianza sociale sotto la tirannia dell’algoritmo. Tra l’altro, la tecnologia ha un potere enorme, capace di distruggere la vita e l’ambiente: si pensi alle armi sempre più sofisticate e distruttive o all’IA utilizzata in ambito militare. Più avanza il potere della tecnologia e più dobbiamo offrire strumenti di controllo, una cultura e una spiritualità adeguate a comprenderne i limiti e le possibilità. Inoltre, la cittadinanza ecologica ha bisogno di un nuovo multilateralismo.
Quando i processi decisionali sono sterili, inconcludenti oppure troppo distanti dalla vita delle persone significa che qualcosa non va. Le organizzazioni che operano a livello internazionale devono poter contare anche su un movimento dal basso, ossia sulla responsabilità ecologica dei cittadini. Per questo, scrive papa Francesco, «sono necessari spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore “democratizzazione” nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti» (LD 43).
Dunque, la cittadinanza ecologica auspicata è quella che anima i territori nella gestione dei beni comuni, nella cura del lavoro sostenibile, nella capacità di fare tenere insieme aree metropolitane e aree interne, nelle scelte che riguardano la mobilità, nella costituzione di comunità energetiche rinnovabili… Il percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita ha bisogno del contributo di tutti. In particolare, farà la differenza chi saprà prendere decisioni condivise.
Il recente film di Riccardo Milani Un mondo a parte mette in luce la necessità di non lasciare indietro nessuno, soprattutto quei luoghi che sembrano non contare in termini di voti e di economia, ma che sono depositari di relazioni solidali e di cura del creato. L’obiettivo principale non è solo quello di salvaguardare un pezzo di pianeta, ma di «risparmiare sofferenze a molte persone» (LD 70).
Per questo, la cittadinanza ecologica si sostiene su cambiamenti culturali che in questo momento dobbiamo coltivare e incoraggiare. Già LS invitava a «lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda» (LS 217).
L’urgenza richiesta da Francesco nella LD diventa urgenza anche per noi in questo Seminario nazionale perché prenda piede una nuova cultura. Il cambiamento di abitudini personali, familiari e comunitarie aumenta la sensibilità ecologica e dà forza all’indignazione verso chi se ne lava le mani (non solo i negazionisti, ma anche i rallentatori e le lumache per paura del cambiamento). I profondi processi di trasformazione passano attraverso i piccoli passi di ognuno condivisi con i fratelli e le sorelle.
Il Documento preparatorio alla Settimana sociale di Trieste ricorda che «il vero punto dell’impegno, prima ancora della crisi climatica o della qualità della vita urbana, prima della creazione di legami di comunità, è la capacità di immaginare che possiamo vivere diversamente, che possiamo avere un rapporto più mite con la natura, che possiamo consumare meno e meglio, che possiamo muoverci senza inquinare, che possiamo produrre ricchezza senza devastare l’ambiente, che possiamo ripensare le nostre periferie».
Proviamo a immaginare qualcosa di diverso! Come suggerisce il poeta Robert Hass, «siamo ciò che possiamo immaginare». Solo così ci possiamo collocare in perfetto orario con le lancette dell’orologio della storia.
Al cuore della democrazia.
Roma, Pontificia Università Antonianum, 5 aprile 2024
Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata
L’interessante libro “Il mondo buono di Dio”, appena uscito nelle Edizioni San Paolo, offre uno sguardo ecumenico sulla creazione. Ne sono autori Simone Morandini (cattolico), Fulvio Ferrario (valdese), Panaghiotis Yfantis (ortodosso), docenti presso l’Istituto di Studi Ecumenici “San Bernardino” di Venezia.