Calendario Francescano 2014
Il Custodire… attraversa tutta la Scrittura, caratterizzando la relazione tra Dio e l’uomo, tra un uomo e il suo simile, ed anche tra l’uomo e il creato.
In principio “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen. 2,15). Secondo questo racconto la custodia è la cifra distintiva della relazione tra l’uomo e il giardino di Eden, la terra su cui Dio lo pone per abitare. Quando “Dio disse: «Facciamo l’uomo»” e subito dopo Dio “creò l’uomo”, fece la sua parte nell’opera di creazione, ma aprì lo spazio per la missione dell’uomo nell’invito a collaborare attivamente a questa opera. È in questa missione che si realizzerà la somiglianza con Dio; l’uomo potrà completare l’opera stessa della creazione, compiendo così il suo farsi uomo.
Custodire come custodisce Dio significa custodire nella mitezza, la mitezza di una parola che dona significato alla realtà, da cui scaturisce la vita, ma passa anche attraverso un limite. Il racconto della creazione e scandito dal Signore che si ferma, contempla l’opera compiuta ed esprime la sua esultanza “… ed era cosa buona”. Questo sguardo di Dio sulla sua creazione implica una distanza che Dio mette tra se e ciò che ha compiuto; il Creatore non si appropria di ciò che ha creato. Dio creatore lascia spazio alla sua creazione affinché l’uomo sappia intessere una relazione di custodia che potrà realizzarsi solo se i suoi occhi sapranno aprirsi alla meraviglia del dono.
Custodire implica anche una distanza, nel secondo racconto della creazione, dopo che Dio pose l’uomo nel giardino perché lo custodisse. Il Creatore dà ordine all’uomo di non toccare un albero, potrà prendere tutto, ma c’e un limite da osservare, c’e qualcosa di cui non ci si può impossessare. Il rispetto di questa distanza e espressione concreta della fraternità cosmica che rifugge dal possesso totalizzante.
La modalità del custodire permette di vedere bene il dono ricevuto, lascia spazio allo stupore e si fa azione non solo nella relazione con il giardino, ma anche nella relazione con il fratello, anch’esso parte della creazione. L’uomo è chiamato a prendersi cura del creato in quanto esso è frutto dell’amore di Dio, che si è compiaciuto di donarlo all’uomo stesso. Dio è il Signore, il Creatore: il creato non è Dio, il creato appartiene a Dio, che lo ha affidato all’uomo perché lo custodisse e lo coltivasse. È un disegno di Dio, espressione del suo amore per l’uomo che, pur rimanendo nel suo stato di creatura, è elevato a partecipare all’opera di creazione con il compito preciso di custodirla e di coltivarla, “a sua immagine”.
L’omissione della custodia e le ferite inferte all’ambiente, come quando trascuriamo la casa in cui viviamo, diventano difficoltà gravissime per tutta l’umanità: la custodia e la difesa del creato diventano questione di vita, di qualità della vita, di giustizia e di pace per tutti gli uomini. Lo vediamo in maniera drammatica ai nostri giorni dove l’erosione delle risorse ambientali sta ormai diventando irreversibile, assieme all’ impoverimento dell’umano, con le conseguenze di desertificazione e di morte invece che di speranza e di fraternità.
Il mandato di custodire il creato vuol dire escludere ogni atteggiamento di possesso, ogni forma di sfruttamento; vuol dire difenderlo perché possa esistere nel progetto originario creativo di Dio, conservando la preziosità di manifestazione dell’amore e della bellezza di Dio che lo ha creato come spazio di vita per tutti noi suoi figli. Il mandato di coltivare la terra vuol dire creare la possibilità perché possano emergere tutte le potenzialità che questo giardino fecondo porta in sé, vuol dire curarla e amarla. “Solo chi serve con amore sa custodire”, dice Papa Francesco cominciando il suo ministero petrino all’insegna del servizio nella tenerezza. La visione di chiesa e del proprio ministero che Francesco porta nel cuore, una chiesa che, sull’esempio di san Giuseppe, si fa custode e va al “centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato”.
La custodia autentica inizia proprio dal custodire il proprio cuore, da quel “vigilare su se stessi” che i padri della chiesa non cessavano di ricordare, e da li, dal cuore sede del nostro volere e origine del nostro operare, la custodia diviene servizio reciproco, prendersi cura gli uni degli altri fino a coltivare il giardino della creazione. Come ha ricordato papa Francesco, “la vocazione del custodire non riguarda solamente i cristiani: ha una dimensione che precede, che e semplicemente umana, riguarda tutti”. Cosi l’appello umile di Papa Francesco affinché, come singoli e come collettività, ci si prenda cura del “disegno di Dio iscritto nella natura” risuona di efficacia inedita e diviene foriero di un domani maggiormente a misura d’uomo e di una convivenza più bella, più buona, più piena.
La scelta di madonna povertà in Francesco d’Assisi nasce dalla fede che gli faceva vedere la creazione come un immenso atto d’amore dell’Onnipotente. E’ la capacita di vedere la pretiositas della creazione come dono ricevuto gratuitamente. È il non vedere nel mondo “cose”, materia inerte, di cui appropriarsi, da manipolare e sfruttare, ma “creature” da chiamare “sorelle” e “fratelli”, perché vive, parole eloquenti dell’Altissimo. La povertà e accettazione della propria creaturalità e risposta d’amore che rifiuta ogni volontà di possesso e dominio, e tutto rimanda nella contemplazione e nella amministrazione operosa all’Altissimo Onnipotente Bon Signore.
Francesco dialogava con ogni cosa, chiamava per nome ciascuna creatura. Chiamandole fratelli e sorelle, ne riconosceva i compiti ma soprattutto ne esaltava il valore e la dignità. Realizzava la fraternità originaria. Nel dialogo con le creature, Francesco, intuiva i segreti più intimi e i misteri reconditi di tutta la realtà che lo avvicinavano all’Altissimo, spingendolo a fare della sua vita un inno di lode e di rendimento di grazie, sempre.
Nella dignità regale in cui il Creatore ci ha posti siamo chiamati a rendere la creazione spazio di vita, dimora, casa bella e gioiosa per tutti i fratelli e le creature, nella pace e nella giustizia che rinnovano il mondo. E dunque interpellati a trovare i modi e le vie per “riparare”, in comunione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Dobbiamo guardare il mondo con gli occhi del Santo d’Assisi, avere occhi nuovi pieni di stupore e meraviglia, per essere capaci di accogliere la Parola di Dio che viene seminata nel nostro cuore. «Custodire la Parola di Dio -dice Papa Francescovuol dire che il nostro cuore si apre […] a quella Parola come la Terra si apre per ricevere i semi. La Parola di Dio è un seme e viene seminata». Custodire tale stupore è fare memoria delle meraviglie che il Signore compie nella nostra vita che deve farsi compito di custodia fedele della creazione per onorare lo statuto creaturale, da cui dipende la vera felicità di ogni uomo, il farsi dell’umano nel mondo. A noi, a partire da questo nuovo anno, il compito di custodire con la nostra memoria, custodire con la nostra speranza, custodire con la nostra vita! Di mese in mese, gli stimoli a riflettere sulle conversioni necessarie a mettere in atto una custodia attiva giorno dopo giorno, ci siano di aiuto ad assumere stili di vita personali e comunitari, capaci di rispondere del dono e di rendere grazie come famiglia dei figli di Dio.
A cura di Maria Rosaria Restivo