Diamo seguito allo Speciale “Capitolo Fonti”, pubblicato sul Cantico 11/2019 con la sintesi dell’evento promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa in Assisi, per ridonare, attraverso la trascrizione dalla viva voce, la forza di testimonianza e di riflessione offerta dall’intervento della Dott.ssa Stefania Falasca, vaticanista e editorialista di Avvenire, autrice assieme alla collega Lucia Capuzzi del libro inchiesta “Frontiera Amazzonia”.

grido della terraIl Rio delle Amazzoni è come un’arteria di tutto il continente e del mondo che si snoda per 8000 KM dalle Ande fino all’oceano; qui si trova tutto il bacino panamazzonico. Gli indigeni lo chiamano il “grande fiume”. È la sorgente dei loro popoli, delle loro culture e delle loro espressioni spirituali.
Senza il “grande fiume” non c’è più il battito della vita del mondo intero, perché l’Amazzonia è il cuore biologico del pianeta. Senza l’Amazzonia noi non possiamo vivere. Un bicchiere d’acqua che noi beviamo su cinque, viene dall’Amazzonia. Ogni respiro su cinque di ogni essere vivente viene dall’Amazzonia che è il grande regolatore climatico del mondo e del sistema delle piogge del mondo, a cui contribuisce per più del 30%. Questo dato solo per dire l’importanza di questo luogo per la vita del nostro pianeta. Il Sinodo dell’Amazzonia si è concluso dicendo che l’Amazzonia è il “cuore biologico del mondo”. I nativi lo chiamano proprio il “cuore del mondo”. In Amazzonia esistono più di 390 etnie, culture, popoli diversi che parlano 290 lingue diverse.

LAUDATO SÌ’: LA CURA DEL CREATO DIMENSIONE DELLA FEDE
Noi oggi ci troviamo in un kairòs, un tempo opportuno per la Chiesa e per il mondo. Tempo opportuno per leggere i segni dei tempi, per riflettere e convertirsi. Il Sinodo sull’Amazzonia non è altro che il figlio della Laudato Si’. Laudato Si’ non è un’enciclica verde, ma un’enciclica sociale che si basa su una realtà che è la custodia del creato. Non si può pensare alla Laudato Si’ senza comprendere lo sguardo da cui essa nasce: la cura per l’ambiente è una dimensione della fede. Nella vita ecclesiale la cura per l’ambiente non è un’azione aggiuntiva, ma una manifestazione sostanziale della fede. Per Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli, è un “servizio liturgico”. Egli dice che tutte le attività della Chiesa in questo ambito sono “ecclesiologia applicata”, perché la cura del creato è istanza di fede biblica. Nella Laudato Si’ l’emergenza ecologica è parte della missione di liberazione integrale a cui è chiamata la Chiesa che vuol essere fedele al Vangelo.
È il Vangelo a dettare la Laudato Sì’. Non possiamo guardare il mondo e le persone e l’attuale crisi socioambientale dove, come ha detto il Papa, tutto è connesso, senza uno sguardo di fede che scaturisce dal Vangelo. Ad insegnarcelo c’è la grande tradizione patristica-liturgica della Chiesa occidentale e della Chiesa orientale: l’ambiente è considerato come oikòs, abitazione, dimora comune di tutte le creature viventi e quindi tutta la creazione è chiamata alla comunione di vita di cui l’uomo è parte e da cui non può in alcun modo separarsi senza morire. Tutto è interconnesso secondo la volontà originaria di Dio per cui la terra non è un deposito di beni di consumo da depredare e sfruttare, ma un giardino da coltivare e da custodire. La custodia del creato ha questo significato. Questa è la differenza rispetto a chi guarda l’ambiente staccato da uno sguardo di fede. Dire creato è diverso dal dire semplicemente ambiente. Per questo al centro della Laudato Si’ c’è il Vangelo della creazione in cui il primo paragrafo si intitola “La luce che la fede ci offre”.
amazzoniaNel nostro occidente abbiamo una sorta di oggettivazione della natura, che deriva dal pensiero greco: essa serve all’uomo per definire se stesso come colui che trasforma la natura. Però l’uomo in questo modo ha oggettivato se stesso e si è ritrovato solo, escluso dalla sintonia con il creato, condannato all’esercizio di una tecnica che è sempre meno finalizzata, sempre meno etica. Siamo nell’era dell’antropocene, l’era nella quale la presenza dell’uomo ha piegato e umiliato ogni altra presenza e la natura viene considerata come materia inerte che si può trasformare a piacimento. Ma la natura non è questo.
Il Catechismo della Chiesa cattolica mette in discussione l’antropocentrismo deviato. Secondo il Catechismo ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione. Le varie creature volute nel loro proprio essere riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura per evitare un uso distorto e disordinato delle cose. Siamo creature relazionate l’una all’altra perché abbiamo un Padre che è Dio, che ha voluto così questo mondo.
L’interdipendenza delle creature è voluta dal Creatore e così è stata interpretata da S. Francesco: il sole e la luna, il piccolo fiore, l’aquila, le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, ma l’una esiste solo in relazione all’altra per completarsi, ponendosi al reciproco servizio. In questo mondo le creature non possono essere considerate un bene senza proprietario, ma il proprietario è Lui. Noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili, formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione che spinge a un rispetto sacro, umile e amorevole verso tutte le creature, al punto che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione, come afferma Laudato Si’. Questo non vuol dire idealizzare la terra in se stessa, bensì considerarla come la nostra casa comune in cui tutti possiamo vivere e dare gloria a Dio perché così Egli ha voluto. Perciò non si possono difendere gli animali e non interessarsi dei poveri, difendere la foresta e distruggere i popoli che vi abitano.
Questa non è ecologia secondo questa concezione del creato. Noi cristiani dobbiamo far emergere questo. Non è un caso che nel Cantico S. Francesco dica: “Laudato si’ mi Signore per quelli che perdonano per lo tuo amore”. Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita all’amore per gli esseri umani, in un costante impegno riguardo ai problemi della società. Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni interconnesse che non si possono trattare singolarmente, pena il cadere in quel riduzionismo di matrice culturale dell’occidente. Tutto è relazione e tutti noi esseri siamo uniti come fratelli e sorelle, legati a questo amore di Dio per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra di noi.
Oggi credenti e non credenti concordano nell’affermare che la terra è un’eredità comune i cui frutti devono andare a beneficio di tutti, ma per i credenti questo diventa una questione di fedeltà al Creatore, perché Dio ha creato il mondo per tutti. La sollecitudine della Chiesa non può non farsene carico. È la passione evangelica per gli uomini e le donne che si esprime anche nella premura fattiva per curare al tempo stesso la terra ferita e le ferite dei poveri.

IN AMAZZONIA UNA VERA PERSECUZIONE DELLA VITA IN NOME DEL DIO DENARO
Quando sono andata in Amazzonia l’entrare in quella natura così rigogliosa mi è apparso un po’ come entrare nel primo capitolo del Genesi, cioè nel prodigio mirabile della creazione come è uscita dalle mani di Dio. E un po’ anche nel capitolo terzo dove questo dono gratuito della creazione è posto nelle mani dell’uomo con il loro uso, purtroppo, di una libertà nefasta perché è evidente lì che la presenza di progetti, frutto di avidità e speculazione, deturpa, invade, distrugge. La grave crisi sociale e ambientale dell’Amazzonia insegna oggi che l’economia non deve essere il comandante dell’umanità. Il problema vero non è la destra o la sinistra, è costituito da sistemi economici dei grandi potentati che sottomettono tutto ai loro interessi. La difesa dell’Amazzonia ci aiuta a riscoprire il dono della vita perché non sia soggiogata dal lucro e dal guadagno. L’Amazzonia è proprio il volto brutale dove tutto questo si esprime all’ennesima potenza: per questo “le nostre Amazzonie”.
Non è un mondo lontano dal nostro. È esattamente lo specchio del lato oscuro della nostra civiltà che emerge in tutta la sua brutalità nella sostituzione di Dio con il dio denaro.
Mi preme esprimere il motivo per cui abbiamo pensato, io e la mia collega degli esteri Lucia Capuzzi, di ripercorrere questi luoghi emblematici della distruzione della foresta lungo il Rio delle Amazzoni. Lo abbiamo fatto perché abbiamo capito che in Amazzonia è in atto una vera persecuzione della vita in nome del dio denaro. Ci ha fatto aprire gli occhi Papa Francesco che, nel gennaio 2018 andando in Amazzonia, ha voluto entrare da Puerto Maldonado in Perù. Puerto Maldonado è un piccolo luogo, un santuario ecologico che dovrebbe essere protetto per l’infinita varietà di specie vegetali e animali.
Siamo all’equatore e se si distrugge questo sistema così interdipendente venuto su in millenni, non è che si possa reimpiantare, come abbiamo in mente noi.
Il Papa è voluto entrare in questo punto perché ha voluto incontrare anche le popolazioni indigene di quel luogo e ha dato qui l’annuncio del Sinodo sull’Amazzonia. Guardando all’Amazzonia il Papa si è chiesto come si possa ancora non comprendere che la difesa della madre terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita. Si trovava al centro di un luogo rappresentativo di importanza planetaria perché quel luogo è uno specchio di tutta l’umanità. In quell’occasione io ero al seguito del Papa come giornalista. Un’indigena mi è venuta incontro, mi ha guardata negli occhi e mi ha abbracciata, poi, senza dirmi niente, se ne è andata. Dopo ho incontrato Lucia Capuzzi che stava seguendo sul posto la tratta delle persone e mi ha raccontato delle miniere illegali con uomini, operai schiavi, che stavano dentro fosse piene di mercurio e mi ha parlato della prostituzione delle donne e delle bambine. C’è un estrattivismo selvaggio che non rende conto a nessuno. A Lucia ho detto “Per me l’Amazzonia ha il volto di quella donna”. Il nostro viaggio è cominciato così.
Il Rio delle Amazzoni è un luogo che dovrebbe dare la vita. Ma questa vita è già avvelenata alle sorgenti.
Nel secolo scorso, nell’attività di estrazione del caucciù ci sono stati più morti che nella 2° guerra mondiale. Sotto ogni albero c’è un morto per il caucciù che ha dato la ricchezza mondiale di quel periodo. Adesso il 22% del nuovo oro del Perù, che è il sesto esportatore mondiale (170 tonnellate l’anno), viene estratto nel piccolo luogo di Madre de Dios. Il 44% del Pil regionale dipende dal businnes dell’oro.
Questa è la civiltà: economia di rapina, spirito di dominio. Nella piazza centrale di Madre de Dios ci sono 32 locali a luci rosse con minorenni costrette a prostituirsi in schiavitù, bambine i cui capelli, lunghi e lisci delle donne delle Ande, vengono tinti biondi come l’oro. Dal 2013 al 2016 hanno divorato 30500 ettari di foresta, zona protetta.
In Equador la società petrolifera Texaco ha nel portafoglio mezzo milione di ettari. Con l’estrazione del petrolio tutto viene avvelenato. Gli abitanti di Sucumbios sembrano le anime morte del 3° millennio. La principale causa di morte è il tumore. L’Amazzonia non è un mondo lontano ed esotico: è lo specchio del nostro mondo. È una questione di vita e di morte perché qui si gioca il futuro di tutti. E’ il volto più brutale della persecuzione della vita da parte del dio-denaro. Dopo Puerto Maldonado sono andata a Manaus al centro di tutto il bacino che non è ancora deforestato.
A causa della deforestazione è andato in fumo uno stato grande come la Colombia. La deforestazione è finalizzata ad allevamenti intensivi e a culture intensive per dare da mangiare al bestiame o produrre soia. Ci sono stati in cui a comandare sono le mandrie dei bovini presenti con 9 milioni di capi mentre la popolazione è di un milione e mezzo. In questo paese del bengodi tutto il bestiame è vaccinato, le persone no. Su di esse gravano gli interessi di pochi, l’avvelenamento da pesticidi utilizzati nelle sterminate culture intensive di soia usate per alimentare il bestiame, e il fumo dei disboscamenti provocati per ottenere il disboscamento.
Una parte non marginale consumata in Europa viene da qui. E solo sapere da quale filiera di costi umani e ambientali proviene la bistecca che abbiamo nel piatto, dovrebbe farci riflettere.
È profonda la voragine di sacrifici umani e ambientali scavata da dictat di businnes globali di potentati che sottomettono tutto. Questa economia è ossessionata dalla speculazione e dal lucro che comanda sull’umanità, rendendoci tutti “carne da macello”.

UN MODELLO DI SVILUPPO CHE PRODUCE SCARTI E INVISIBILITÀ
Il carrello che riempiamo al supermercato comporta il sederci sulla pila di cadaveri dell’altra parte del mondo. Non si sta demonizzando il denaro in sé, ne l’economia in sé, ma questo sistema di lucro che ci sta portando all’autodistruzione. Anche noi saremo distrutti se non poniamo freno a questo sistema che è anticristiano. Il potere economico impone l’irruzione negli ecosistemi a danno del bene comune. Tutte le multinazionali stanno lì. Ci sono tutte le società di telecomunicazione. Ci sono raffinerie che buttano tutto nel fiume senza leggi in una zona franca in cui si hanno sgravi fiscali.
C’è l’alta finanza. Vengono da fuori, hanno gli schiavi consentiti dal governo, e sul posto non benefica nessuno di quella ricchezza, anzi gli indigeni vengono sterminati direttamente. Per la sua posizione geografica Manaus è sempre stata luogo di incontri. Dall’alto si vede la foresta, l’acqua e un quadrato infilato dentro la foresta con tutti i grattacieli. Ci si trova davanti al simbolo che è alla base di tutte le contraddizioni dell’Amazzonia.
Oggi Manaus è una metropoli con 2,5 mln di abitanti che continuano ad aumentare ad una velocità vertiginosa, poiché gli indios devono scappare dalle loro terre in cui c’è il rame che serve per i cellulari.
Tutto ciò è cominciato negli anni 70 quando si buttava una polvere che uccideva gli indios per occupare le loro terre. Essi non hanno diritti. Tutti hanno problemi di malattie. Stiamo cambiando i connotati del creato. Manaus è una metropoli che cresce al ritmo di 36000 migranti l’anno, che scappano dalle loro terre. Ma non si tratta solo di indigeni.
C’è un modello di sviluppo che pretende sacrifici umani e produce scarti e invisibilità. Il futuro degli indigeni non sarà più nelle foreste. E nelle città la ricchezza prodotta da quel modello di sviluppo è coronata dalle favelas. Nelle favelas gli indios abitano agglomerati denominati “sub-normales”. E vivono costantemente nella miseria. Nelle favelas di Manaus c’è un gioco di sali-scendi dell’acqua che con le piogge può salire di 10 metri e le popolazioni indigene sono in questi canali. La causa profonda della crisi è strettamente collegata al modello di sviluppo che Laudato Si’ indica con l’espressione “globalizzazione del paradigma tecnocratico”.
La globalizzazione del paradigma tecnocratico induce a considerare la terra alla stregua di merce sfruttata senza rendere conto a nessuno. La più grande foresta fluviale è oggi vittima della più grande distruzione artificiale di ogni tempo perché è al centro della disputa mondiale per l’accaparramento delle risorse. Nuove forme di colonialismo predatorio continuano a divorarla incessantemente devastando la vita: l’inquinamento ambientale causato dall’estrazione illegale con le sue conseguenze, la tratta di persone, la manodopera schiavizzata, l’abuso sessuale, i commerci illeciti.

UNA ECOLOGIA INTEGRALE COME FORMA DI CONVERSIONE AL VANGELO
Mai i popoli dell’Amazzonia sono stati minacciati come ai nostri giorni, mai siamo stati minacciati così anche noi. Questo non è catastrofismo. Ci vogliono far credere che il cambiamento climatico non esiste. Mettere il focus su questa regione, di vitale importanza per tutti, dà fastidio. Nel Sinodo ci sono stati molti elementi di disturbo per far deviare l’attenzione da queste cose non ecclesiastiche che non sono comparse sui giornali. Il Sinodo ci ha voluto aprire gli occhi su questa realtà affinché anche noi non siamo più alienati dalla schiavitù dell’accumulo del consumo.
Siamo tutti incamminati verso l’autodistruzione. Il punto di non ritorno dell’Amazzonia è fissato al 40%. Abbiamo raggiunto il 20%! Questa è la realtà di cui non si vuole che si prenda coscienza.
Non abbiamo un altro pianeta di riserva sul quale spostarci. Durante il Sinodo ci è stato detto che o ci prendiamo cura adesso della nostra casa comune o compromettiamo il futuro della nostra stessa vita.
È necessaria un’economia compatibile con l’ambiente nel rispetto della loro vita e della nostra. Un esame di coscienza è necessario per tutti, ma soprattutto ci riguarda come cristiani. Noi non siamo i padroni della terra che possono spadroneggiare sulla vita, ma siamo chiamati ad essere i custodi di ciò che Dio ha creato. Dio tutto ha fatto in rete e se si sposta malamente qualcosa, c’è tutta una filiera che viene compromessa per sempre.
Durante il Sinodo ci è stato anche detto che finora non abbiamo dato un’adeguata attenzione ai peccati contro l’ambiente. Il nostro stile di vita, schiavo del consumismo, non è compatibile con l’ambiente! Estrarre i minerali in maniera selvaggia, mettendo a rischio persone ed ecosistemi, è un peccato di cui fare ammenda. Sta portando alla luce nel profondo il tema del nostro rapporto con la natura.
Mancare di rispetto alla natura è un peccato fino all’ecocidio, è un peccato contro l’ambiente, contro Dio, contro il prossimo e le future generazioni.
La Laudato Si’ indica la possibilità di cambiare rotta con un’ecologia integrale come forma di conversione al Vangelo. Solo con una relazione di alleanza con l’altro, gli uomini e la nostra casa avranno un futuro. L’ecologia integrale è l’antidoto a questo modello disumanizzante che divora l’ambiente e la vita degli uomini.
Quando scelse il suo nome il Papa disse che si era ispirato a Francesco d’Assisi, santo dei poveri, santo della pace e dell’amore per il creato, per cui i tre motivi centrali del suo magistero sono i poveri, la pace e le urgenze socio-ambientali.
Il papa all’inizio del suo ministero il 19 marzo 2013 disse che custodire l’intera creazione è un servizio che il vescovo di Roma è chiamato a compiere. La Chiesa è consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso il nostro mondo e l’intero creato che dobbiamo amare e custodire. Nella Laudato Si’ si afferma che l’imperativo cristiano di custodire la creazione in quanto dono del Padre è presupposto della vita umana.
Il patrono dell’ecologia integrale non viene dalle foreste del Borneo, non viene dall’Amazzonia, ma è un italiano vissuto nel XIII secolo: S. Francesco d’Assisi. È stato lui a parlare della terra come madre e delle creature come sorelle. L’ecologia integrale è un tratto che ci appartiene e appartiene alla Chiesa. È il momento di farlo riemergere ritornando a S. Francesco. Qui sta la profezia e il realismo della “Laudato Si’”.

Trascritto dalla viva voce, non rivisto dall’autrice

Un reportage che -attraverso
gli incontri con i laeder sociali
ed ecclesiali- documenta la straordinarietà
ma anche le gravi problematiche che affligono
il territorio dell’Amazzonia. Perchè l’Amazzonia
non è un mondo altro,lontano ed esotico.
È lo specchio del nostro. Ed è una questione di
vita o di morte. Nostra, loro, di tutti

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata